L'ha fatto Red Bull meglio di altri, allungare una mano a Scampia, mettendo in piedi il più grande live hip hop del 2022. Proprio lì, nella terra di nessuno.
Dici Scampia e pensi a Gomorra. Un'associazione che mi è sempre stata sul cazzo, per via di quella trasformazione in oggetto consumistico in cui hanno mangiato tutti, Saviano in primis. Meno la comunità, messa alla gogna proprio dalla serie Tv, con appiccicato addosso un pregiudizio duro da mandare giù. Sbattuta in faccia al mondo come luogo di perdizione, malavita, spaccio, proprio da quelle Vele costruite per ospitare le famiglie meno abbienti che post terremoto degli anni '80 (quello devastante dell'Irpinia) cercavano una sistemazione via dal centro di Napoli. Vele che sono prima di tutto delle bombe d'amianto. Invece si è giocato sulla pelle della gente, come se fosse un merito nascere in un posto piuttosto che un altro.
Scampia non è Gomorra. È il grido di rivalsa della gente per bene che vi abita. Ma non frega a nessuno verificare quante famiglie oneste vivono da quelle parti. Anzi ormai è diventata un brand, alla mercè del turismo televisivo di massa.
“Napule è na' carta sporca/E nisciuno se ne importa...”.
Ora è facile dire che proprio in quei luoghi sarà inaugurata (il 17 ottobre) la nuova sede universitaria della Federico II (facoltà di Medicina e chirurgia), dopo che per decenni ha regnato solamente il degrado e il malaffare.
Perché Scampia è stata a lungo lo specchio della produzione televisiva, che per girare è passata anche dalla camorra, finendo per pagare il pizzo a un camorrista. Ma questo Saviano lo nasconde bellamente, non fa degno scendere a patti. Scendere a patti con la malavita, la sorte che è toccata a chi è nato in una delle periferie più disagiate di Napoli.
“Sta senz' pensieri”.
Così la mala ha dilagato, e anzi in assenza delle istituzioni si è infilata ovunque. Non solo traffico di droga, ma è andata a sopperire qualsiasi vuoto statale. Nel quartiere non è raro trovare un bambino che abbia un padre, un fratello, uno zio, un parente qualsiasi in carcere. Quegli stessi bambini che ancora hanno un “tempo sognato/che bisognava sognare”, come diceva Fossati. Laddove il degrado è frutto dell'abbandono delle giunte regionali, dei comuni, dei politici, che hanno reso Scampia la piazza più grande dello spaccio in Europa.
Ma dove l'indifferenza e il silenzio ammazzano, la musica salva. Ecco perché, come anticipato nell'incipit, l'evento andato in scena lo scorso sabato, per mano della bibita che mette le ali, ha dell'epocale.
So di trepidanti ragazzini in fila dalla prime ore del mattino, per unirsi in un unico coro coi loro beniamini. A cantare sotto i riflessi di quelle maledette Vele, dal design futuristico, ma dall'anima da mostro, la riscossa di essere altro. Oltre Gomorra. Oltre la camorra. Un concerto sold out da settimane, con 8mila persone paganti, reso fruibile anche su YouTube, e che ha visto sfilare sullo stesso palco allestito in Piazza Ciro Esposito (dal nome dell'ultrà napoletano ucciso) il meglio della scena rap italiana, da Ernia a Madame, da Fabri Fibra a Gué Pequeno e Marracash, finendo col padrone di casa Geolier – che è arrivato rombando su una moto con la bandana sotto il casco integrale - accompagnati dalle basi di Ty1, più un'apertura dedicata agli artisti locali. “C’è stato un periodo storico in cui nessuno voleva più fare il calciatore e nemmeno il camorrista. Il rap ha salvato molte vite dalla strada...”. Parole di Emanuele Palumbo (in arte Geolier) originario di Secondigliano, quartiere confinante con Scampia, e che ha vissuto quel disagio sulla propria pelle.
Quindi con la messa rappata della Red Bull – Red Bull 64 Bars - si fa un passo avanti verso l'emancipazione della periferia bruciata, un passo senza eguali sul territorio, e che nella memoria dei più giovani sfila anche il primato ai 40 anni di carriera di Nino D'Angelo, vero e proprio simbolo della città. Un live che si replicherà, e da cui ripartiranno i ragazzi di Scampia, di quella Napoli che guarda avanti, oltre le faide e i morti ammazzati.