Tommaso Zanello aka Piotta è molto più dell'hitmaker per eccellenza di quell'estate del '99, quando consegnava alla distribuzione il suo impareggiabile successo, accompagnato da un superbo video con coprotagonista Valerio Mastandrea, di cui ricordiamo a memoria battute e gesti. Ma che ne sanno i 2000? Quasi a garantire l'effetto boomer, mentre rispolveriamo un'epoca per chi c'era e per chi saltava il giro. Sì perché quel Supercafone di cui sopra ha segnato davvero un'era, anche se al principio era etichettato come canzoncina da un'estate e via, e riscoperta solo col senno di poi come un vero e proprio trattato di sociologia. Il passo lungo del rapper che dell'hip hop è stato pioniere, insieme a una manciata di amici, da Colle der Fomento a Cor Veleno e Flaminio Maphia, Ice One. Tempi in cui il genere era snobbato dai più, ma allungato come alternativa dell'altra musica in circolo, leggi rock, punk, cantautorato.
Quindi quando arriva in libreria “Il primo re(p), alle origini del rap italico”- racconto sottoforma di diario personale del musicista (nonchè suo terzo libro) - ripercorrere i primi vagiti del rap italiano con chi ne è stato fautore è occasione più che propizia. Ma la chiacchierata si addentra ben presto anche in altro, a cominciare dall'abusato auto-tune della scena attuale, vedi Achille Lauro, che una volta l'ha usato persino per insultare i fan nel mezzo di un concerto. Malgrado ciò per lui Piotta ha solo parole di apprezzamento e simpatia, le stesse che destina ai romani d'esportazione - Måneskin, di cui ricorda il premio Mei in tempi non sospetti. Affilando invece le armi sullo show-biz, con cui non ha mai avuto un bel rapporto, ma piuttosto consumato una botta e via, anche se nel mezzo è andato pure a Sanremo e ha firmato la colonna sonora di Suburra. Eppure continua l'affondo sui talent e Salvini, “il miglior sabotatore della Lega”. Fino alla considerazione quasi pasoliniana del porno d'autore, in aggiunta a uno “sticazzi” ridanciano sull'affaire “Totti-Ilary”, che infiamma la cronaca rosa, non solo di Roma. Per chiudere con una sorprendente boutade sulla Ferrari…
Piotta, la sua vita è cambiata con Supercafone; cos’ha comprato coi primi soldi?
Ho comprato la casa da cui stiamo chiacchierando e dove tuttora vivo, il mio primo salto nell’autonomia.
Intanto nella sua bio punge i nuovi della cultura hip hop: “noi non usavamo l’auto-tune”. Ecco, Achille Lauro, battezzato proprio nel rap, ne fa largo uso: la convince?
Achille Lauro è del mio stesso quadrante di Roma nord-est dove a quanto pare l’hip hop ha trovato terreno fertile. Mi piace lui, e attenzione, mi piace anche l’auto-tune, solo che se non si capisce se sei capace o meno anche senza. Invece sarebbe meglio adoperarlo come colore aggiunto, e non per colmare un deficit.
Eppure Lauro l’ha usato anche per insultare i fan a un suo concerto (anno 2016)...
Ricordo l’episodio, lo aveva dimenticato in funzione. Alla fine però era una situazione divertente e molto romana, rispondere con l’auto-tune a degli insulti.
Molta simpatia per lui solo perché “de Roma”?
Non solo, mi piace perché sperimenta, e sfida sé stesso nonché il giudizio del pubblico, prima col rap, poi trap, e via discorrendo. Ce ne fossero di così coraggiosi!
Parla anche di Festivalbar come di fallimento musicale. Alla luce di questo e dello scenario attuale, non farebbe mai il giudice a XFactor o Amici? A tal proposito ha anche etichettato Ambra come simbolo del mainstream...
Lo affermavo ai tempi, negli anni ’90 era gestita da un programma - simbolo della tv generalista per ragazzi, Non è la Rai, per l’appunto. Per quanto riguarda il giudice in un talent, la domanda non si pone perché sono finiti, XFactor ormai è all’ultimo anno, no? Amici poi non è proprio un talent, piuttosto uno show personalizzato della De Filippi. Tornando al Festivalbar, il confronto lo faccio con lo stesso festival, essendo cresciuto negli anni’80, quel programma per noi era un mito, un’idea geniale, soprattutto nelle prime realizzazioni. Poi a mano a mano si è adagiato sugli allori, e quando l’ho fatto si sentiva, dagli applausi preconfezionati al resto.
Una volta riconosceva in Salvini il “super nemico”, è ancora così?
Più che altro Salvini è il “super nemico” di sé stesso, come da numeri della Lega in netto calo, il suo miglior sabotatore.
Si scopre anche che ha rifiutato una collaborazione col Califfo
Mi sono pentito, ma è anche vero che non era il momento giusto, non ero pronto. Potessi farla ora… ma aveva ragione lui, che mi chiedeva di tirare fuori il mio lato malinconico ed emotivo, celato dal personaggio.
Dice poi di apprezzare il Tiziano Ferro urban, quindi adesso non lo apprezza più?
No, mi piace sempre, sia nella chiave melodica – e se lo può permettere, visto che sa cantare - che nella ritmica, e poi non dimentichiamo che ha portato l’R&B a un vasto pubblico.
Altri romani, e questa volta che spopolano nel mondo, Måneskin: marketing o sostanza?
Un artista solo col marketing non va lontano. Certo, hanno un entourage fortissimo, ma sanno anche suonare, vengono proprio dalla strada e di più hanno anche ricevuto un premio al Mei, in tempi non sospetti, un contesto indipendente e tempio della loro prima esibizione (anno 2016).
Parliamoci chiaro: ma la scena rap è ancora viva?
Più che viva, e allarga lo scenario dal trap al rap più consapevole, passando per nomi come Nayt e Rancore e altri.
Sappiamo anche della sua passione per il porno d’autore, ma lo farebbe da regista o protagonista?
Nessuno dei due, poi da protagonista non me lo posso permettere (ride nda). In realtà seguivo il porno negli anni in cui era dichiarato la ciofeca del cinema, mentre lo vedevo per lo più in ambito pasoliniano - oso cotanto nome - ossia nel valorizzare il lato umano degli attori. Come Moana Pozzi, che promosse un atto di ribellione anche sociale… Per questo alcuni nomi andrebbero rivalutati anche dal lato della comunicazione.
Da romano, Totti meglio con o senza Ilary?
Sticazzi! Da romano eh. (se la ride nda)
Sui suoi social spunta pure una Ferrari…
In verità la Ferrari non mi piace, ne rispetto la storia e il design, chiaramente, ma finisce lì. Invece ho trasporto per il furgone, il pick-up, e perché no, pure il trattore, mezzi molto campagnoli che possono contenere ricordi del passato e gli strumenti e altro che devi portare con te nei vari pellegrinaggi.
Se fosse un esordiente, farebbe ancora rap?
Non sono sicuro, l’ho scelto perché ai tempi era l’alternativa alla musica di massa. Adesso è mainstream, specie se prendi la trap, ma anche vero che continua ad essere un’alternativa a sé stesso, e quindi come un’araba fenice, muore e rinasce ogni volta.