Due anni fa il 7 ottobre, l’undici settembre di Israele, giorno in cui si è scoperchiato il vaso di Pandora in Medioriente, anzi dovremmo scrivere “Vicino Oriente”. Medio rispetto a che cosa? All’Inghilterra che oggi fa da sponsor allo Stato palestinese, più lontano che mai dal realizzarsi, come nel 1914 promuoveva la nascita di uno Stato panarabo grazie a Lawrence d’Arabia. È la lente miope dei giornali italiani che, nonostante i dati disastrosi sull’efficacia della pubblicità sui cartacei, continuano ad affidarvisi con grande ipocrisia. E oggi, a due anni dallo scoppio della guerra a Gaza, ospitano la pubblicità dell’associazione Setteottobre, fondata da Stefano Parisi, attuale presidente e manager legato alla galassia politica del centro-destra, Gabriele Albertini, già sindaco di Milano e senatore anch'egli di centro-destra, paradossalmente alimentando quell'antisemitismo che tanto abbiamo condannato quando era quiesciente.


L'associazione in questione nasce nel 2023 per supportare il diritto di Israele a difendersi e per combattere l'antisemitismo, appunto. E la pubblicità se ne sta lì In mezzo a mille altre inserzioni che stridono fortemente con la situazione di questi giorni, paradossalmente, ottenendo l'effetto opposto. Ad esempio, il manifesto su Repubblica, lo si ritrova, coerentemente, poche pagine più in là rispetto alla pubblicità di Amazon che invita a comprare sulla sua piattaforma, la cui vicinanza a Israele è nota a tutti. Un po' meno coerente l'accostamento con l'advertising di Leapmotor su La Stampa. Oppure sempre su Repubblica, l'appello dell'associazione milanese si accosta alla pubblicità di Fastweb con Sinner in primo piano, o quella dei gioielli Pandolfini su La Nazione. Ecco, questo approccio lega indissolubilmente la battaglia dell'antisemitismo con la guerra a Gaza, cui la popolazione civile israeliana e gran parte delle comunità ebraiche sparse per il mondo, non accettano per i modi con cui viene condotta.


Nonostante il terrorismo promosso dalle frange della destra messianica israeliana ben prima del 7 ottobre, nonostante il fatto che Netanyahu in qualche modo abbia tratto profitto politico da quella tragedia cosicché da oltrepassare le linee rosse dell’autodifesa e spingendosi molto oltre. La Gaza Riviera e gli intrecci economici con l’impero immobiliare della famiglia Trump non sono una bella immagine per una comunità, come quella ebraica di Milano, costretta a annunciare riservatamente il proprio luogo di commemorazione delle vittime del 7 ottobre. E non è una bella immagine neppure quella della pubblicità dell'associazione Setteottobre accanto a tutto quello che i giornali italiani contengono. Le narrazioni in cui queste pubblicità si inseriscono, sia quelle che difendono a spada tratta Netanyahu, sia quelle che invece esaltano Hamas, finiscono per produrre lo stesso effetto, ovvero sdoganare l’antisemitismo latente che ci portiamo dietro dal Medioevo, quando nelle campagne gli unici a fare servizio di credito erano gli ebrei che, non essendo cattolici, non violavano alcuna bolla papale. E oggi, eccoci punto e a capo. Non è un grido d’allarme, ma una semplice constatazione di impotenza di fronte a un fenomeno storico, politico, religioso, antropologico che appare così imponente da suggerire di lasciar perdere. Di perdere ogni speranza.
