La statale occupata, solita storia, un cartellone con su scritto “Sbirri ammazzati: 3 euro”. Qualche ora prima un uomo pare abbia tentato il suicidio alla fermata della metro Duomo. Andiamocene a pranzo, su, passiamo da San Babila ed ecco qualche bandiera di Israele che sventola. Megafoni, una piccola folla in piazza San Carlo. Ecco dov’è che si sono riuniti alla fine i membri della Comunità Ebraica Milanese. L’appuntamento se lo sono dati all’ultimo senza annunci pubblici, ma ci si aspettava qualcosa di diverso. Walker Meghnagi, il capo, aveva detto ai giornalisti di Repubblica che si sarebbero incontrati tutti quasi in gran segreto, senza simboli riconoscibili. Poi per carità. A leggere quell’intervista gela il sangue, perché ci si domanda “ma davvero siamo di nuovo a questo punto della storia?”. E invece in Piazza San Carlo a Milano, il primo personaggio che ha attirato la nostra attenzione è stata una figura alquanto bizzarra. Klaus Davi con giubbotto anti proiettile e kippah che imbraccia un’asta con una grande bandiera di Israele e un megafono in cui urla abbastanza infervorato, parole contro Hamas.

Attorno, un cordone della polizia. “Non può entrare nessuno!”. Ma sì… noi entriamo lo stesso appena si gira il gendarme armato. Pensa se qualche giovane palestinese volesse infiltrarsi e aggredire qualcuno dei senescenti amici di Israele, non gli ci vorrebbe molto. La Statale occupata è davvero a due passi. Di fronte, un cordone di persone giovani e anziane con la kippah, con cartelloni che recitano “volete la pace? liberate i nostri ostaggi”, tante bandiere, poi altri striscioni con su scritto “7 ottobre: no al negazionismo”. La pubblicità di Ralph Lauren nel frattempo si muove sinuosa sul gigante cartellone pubblicitario e la madonnina lassù osserva, tutta dorata. C’è anche Walker Meghnagi, ci chiacchieriamo un po’ e gli domandiamo perché di questa scelta della Comunità Ebraica di trasformare un momento di commemorazione in una manifestazione politica dai toni abbastanza accesi. Mentre parliamo un gruppo di persone si riunisce attorno ad una signora, tenuta per le braccia e le gambe, un po’ come Sgarbi quando venne trasportato fuori dal parlamento nel periodo del Covid. Qualche attivista pro-pal che si è infiltrata? Non esattamente… chiamate un’ambulanza. E nel frattempo non si ferma il comizio di un signore pelato con barbetta bianca, occhiali rossi, un cartellone appeso al collo con su scritto “free Gaza from Hamas”. Non lo riconosciamo subito, è Alessandro Litta Modignani, ex parlamentare del partito radicale, presidente dell’Associazione Milanese Pro Israele. “Difenderemo l’unica democrazia del Medio Oriente” le ultime parole famose, imbraccia il megafono e rivolgendosi a Francesca Albanese la accusa di essere “falsa, bugiarda, disonesta”, perché il “sionismo non è il nuovo fascismo”, ma “un movimento glorioso, il risorgimento di Israele”.
Nel frattempo, parlando con Meghnagi, domandiamo se l’anti semitismo non sia anche alimentato da chi supporta a spada tratta la destra messianica di Netanyahu. Ci dice che si parla troppo di questa destra messianica, che messianica non è perché gli ebrei non riconoscono un Messia. Allora gli domandiamo cosa ne pensa di Baruch Goldstein, quel tipo che nel febbraio del 1994 entrò in una moschea palestinese con un mitragliatore e aprì il fuoco sui civili presenti facendo una strage. Personaggio osannato da personaggi come Smotrich o Ben Gvir. Non sa proprio di chi si tratti, dice, e questa è già una risposta esauriente. Finita la chiacchierata arriva il colpo di scena. Fa la sua apparizione con una bandiera d’Israele legata al collo come un mantello, Eyal Mizrahi, l’arci nemico di Iacchetti che con il suo “definisci bambino” è riuscito con due sole parole a far incazzare come una bestia l’Italia intera ed Enzo Iacchetti, che è finito al centro dell’attenzione mediatica casualmente a ridosso dell’uscita del suo libro, restituendo così anche un po’ di centralità a Striscia la Notizia, per il momento cancellata dai palinsesti mediaset. In tv, effettivamente, tutto assume il significato più immediato, il bello è buono, quello brutto è cattivo. Iacchetti, il Che Guevara comico amico di tutta Italia, uno di quelli a cui non si può non voler bene, Mizrahi, personaggio oscuro, mai visto prima, pelato, dagli occhi di ghiaccio, vagamente somigliante ad Alessandro Sallusti. Il malvagio perfetto. Anche lui fa tutto un discorso al megafono abbastanza urlato, poi, quando ci parliamo, usa parole tutto sommato moderate, non quelle che ci saremmo aspettati dal nemico numero uno dell’opinione pubblica italiana, pro-Israele solo in minoranza.

Secondo lui la maggioranza degli italiani si è radicalizzata ben prima del 7 ottobre. Ci spiega poi il suo “definisci bambino”. Per l’Onu “sotto i diciott’anni sono tutti bambini” spiega, e “Hamas arruola combattenti dai dodici anni in su”. Detta così parrebbe aver ragione lui, ma chi ne capisce di numeri è bravo. Noi no. Gli diamo ragione. E della Gaza Riviera che ne pensa? E qui un po’ ci stupisce, definendo “Smotrich e Ben Gvir dei pagliacci esattamente come quelli della Flottilla”. Vabbè, un po’ cerchio-bottista, però definire Ben Gvir e Smotrich dei pagliacci è un’affermazione che possiamo tutto sommato condividere. Poco più in là passa un finance boy che grida “free palestine, nazisti!”, e una signora con una bicicletta pure urla “siete quattro gatti!”. Vabbé, poteva pure andare peggio, dopodiché, la folla si scioglie, solo dopo aver cantato l’inno d’Italia in coda a vari canti patriottici israeliani, per poi sbolognare le aste delle bandiere d’Israele al povero Mizrahi, che in lontananza, le raccoglie sotto braccio, mentre mantiene nell’altra mano la busta contenente le bandiere, e se ne va ricurvo, a piedi, verso casa. Per altro, pericolosamente, diretto verso la statale. Un po’ ci preoccupiamo, poi scompare dietro l’angolo, e finalmente, si può pranzare.
