“Tra innovazione e digitale per cavalcare l'onda del futuro”. Questo il titolo dell'articolo di oggi, pubblicato su La Stampa, che annuncia con toni gloriosi ed enfatici la presenza di Jeff Bezos, in dialogo con John Elkann, alla Italian Tech Week di Torino, evento di punta organizzato da Exor, quindi gruppo Gedi, quindi lo stesso Elkann. Facile capire che il pezzo su Bezos sia puramente pubblicitario, la classica e legittima marchetta, ma a esagerare con l’agiografia si rischia il grottesco. Il padrone di Amazon, infatti, viene dipinto come se fosse un monarca illuminato, umanista e sinceramente impegnato per le sorti del Pianeta. “Ha guidato la rivoluzione del commercio, la corsa allo spazio e la lotta per il clima”. Un po' eroe rivoluzionario, un po' Spock di Star Trek, ma la definizione più fantasiosa è quella che lo vuole meglio di Greta Thunberg. Lui, un genio del capitalismo d'assalto basato su continue emissioni di anidride carbonica, materiali inquinanti da imballaggio e consumo di energia digitale. Dati alla mano, Amazon nel 2021 ha prodotto qualcosa come 72 milioni e mezzo di tonnellate di Co2. Nulla di strano per una piattaforma globale di logistica, e che solo nel mondo fatato e marchettaro del gruppo Gedi poteva diventare un guru della lotta all'inquinamento. E il Bezos Earth Fund, inaugurato dall’imprenditore per mettere in campo opere di sostenibilità ambientale, non può certo bastare ad avallare la tesi del giornale.

Casomai, il padrone di Amazon può essere un rivoluzionario del greenwashing, strategia di marketing che peraltro sta palesemente abbandonando dopo che la vittoria elettorale di Donald Trump ha sollevato gli imprenditori dall'onere di salvare il pianeta per vendere qualcosa in più. Tanto che Bezos, a quanto risulta, ha già effettuato dei tagli al suo salvifico fondo per la Terra a febbraio di quest'anno quando ha deciso di non sostenere più l'Sbti, organizzazione di portata globale che definisce gli standard aziendali per arrivare a zero emissioni. Standard peraltro utopici per un'azienda che ha il suo core business nella logistica. Ma vuoi mica essere obiettivo nei confronti di un ospite così importante? “Quest'anno sarà Bezos a dialogare con John Elkann,presidente di Stellantis e amministratore delegato di Exor, azionista di riferimento del Gruppo Gedi, editore de La Stampa. Non sarà la prima conversazione pubblica tra i due imprenditori. Hanno già discusso a Torino nel 2017 del futuro dei giornali, in occasione dei 150 anni de La Stampa. Anche Bezos è un editore. Nel 2013 ha comprato il Washington Post per circa 250 milioni di dollari”. Certo, però magari omettiamo il fatto che dopo il suo acquisto il Post ha smesso di pubblicare opinioni non allineate o comunque sfavorevoli a Trump, preferendo puntare dichiaratamente sulla “libertà di opinione e libertà di mercato”.

E chissà se Bezos ed Elkann parleranno anche della tragedia palestinese, dopo che il rapporto ONU di Francesca Albanese ha inserito anche Amazon tra le aziende big tech che supportano il genocidio, fornendo servizi informatici di Cloud e intelligenza artificiale all'Idf con il progetto Nimbus, e contemporaneamente partecipando agli insediamenti illegali di Israele per “sostenere la loro economia, consentirne l'espansione e partecipare all'apartheid attraverso la fornitura di servizi discriminatori”. O, ancora, come era risultato da un'inchiesta del magazine israeliano +972, l'utilizzo della piattaforma per vendere droni cinesi da bombardamento all'esercito israeliano. Riporta un articolo di Rainews: “I droni utilizzati sono EVO, prodotti dalla società cinese Autel, destinati principalmente alla fotografia e che costano circa 10.000 NIS (circa 3.000 dollari) su Amazon ( società che ritroveremo anche in altre attività). Con un accessorio militare noto come “palla di ferro” (fire ball), è possibile fissare una granata a mano al drone e lanciarla con la semplice pressione di un pulsante per farla esplodere al suolo. Oggi, la maggior parte delle compagnie militari israeliane a Gaza utilizza questi droni”. Ah, il vecchio Jeff, eroe rivoluzionario e amico del Pianeta. In questi casi sarebbe forse meglio avere la franchezza spietata e trasparente che hanno avuto prima Donald Trump e poi il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, che in un eccesso di banalità del male ha detto che Gaza è qualcosa come un “Eldorado immobiliare da spartire con gli Stati Uniti”. Sicuramente, nel progetto della Gaza Riviera, anche Amazon avrebbe da guadagnare, più di quanto non stia già facendo. La Striscia occupata sarebbe un Eldorado logistico, ovvio. Ma in questo il titolo de La Stampa è, anche se non volutamente, sincero: “Cavalcare l'onda del futuro”. Un'onda che va dal fiume al mare, in cui il popolo, come sempre accade, è soltanto un effetto collaterale. Ironia finale, la Italian Tech Week ospiterà anche una “Gara di droni” sponsorizzata da Leonardo, società a controllo pubblico, primo produttore di armi in Unione Europea, operativo sul mercato israeliano ed ex partner quindi acquirente di Iveco defense dalla Exor di Elkann. Tutto torna, tranne che il futuro.

