Giorgia Meloni: presente, insieme a una nutrita rappresentanza di Fratelli d'Italia e dell'Italia intera. L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro: presente, nonostante alcuni problemi burocratici con il passaporto. Il fautore della Brexit Nigel Farage: presente, a meno di ripensamenti dell'ultim'ora. Javier Milei, presidente argentino: presentissimo. Mateusz Morawiecki, ex premier polacco: presente con una delegazione dei conservatori europei dell'Ecr. Eric Zemmour, leader francese di Reconquete e volto dell'estrema destra: presente. Alice Weidel, a capo di Afd, partito tedesco di estrema destra: ringrazia ma, complice la campagna elettorale in Germania, ha inviato il co-presidente del partito Tino Chrupalla. La lista dei circa 200 invitati al Campidoglio per la cerimonia di insediamento di Donald Trump potrebbe continuare ancora a lungo. A Washington ci sono i politici che popolano la galassia della destra mondiale, accomunati, appunto, dal fatto di appartenere a quella che i media progressisti hanno già ribattezzato “l'internazionale nera”. Un'internazionale, se così vogliamo definirla, che presenta numerose sfumature: patrioti (come Meloni); conservatori, più o meno di ferro; populisti di destra (Milei); complottisti di destra, estremisti di destra, agitatori di destra e persino qualche personaggio con tendenze filo russe (i tedeschi di Afd, stando alle indiscrezioni che si dice a Berlino). Presenti anche lo spagnolo Santiago Abascal di Vox, il belga Tom Van Grieken di Vlaams Belang e il portoghese André Ventura di Chega. Punto di domanda, invece, per Viktor Orban che non dovrebbe mancare all'appuntamento.
Trump ha guardato anche oltre la galassia sovranista-populista-conservatrice, invitando i presidenti di Cina e India, Xi Jinping e Narendra Modi, che hanno però lasciato l'incombenza ai loro uomini di fiducia arrivati da Pechino e Delhi. Non solo: The Donald è andato oltre la politica, stendendo tappeti rossi agli “amici” nerd e miliardari di Elon Musk, suo sodale nella nuova amministrazione appena insediatasi in quel di Washington. La lista dei big della tecnologia include pesi massimi del calibro di Jeff Bezos (Amazon), Mark Zuckerberg (Meta), Shou Zi Chew (TikTok), Sam Altman (OpenAI), Tim Cook (Apple), Sundar Pichai (Google) e Xavier Niel (Iliad). Chi è, invece, che manca al giuramento? Tante persone. A cominciare dal volto dell'Unione europea, Ursula von der Leyen, per poi passare all'ex First Lady Usa, Michelle Obama, consorte di Barack Obama, e a Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National.
Basta unire tutti i presenti sopra citati per ottenere il network sul quale, da qui ai prossimi quattro anni, farà leva Trump per realizzare la propria agenda, tanto interna quanto mondiale. C'è, infatti, un filo conduttore ideologico comune tra gli invitati: molti provengono dalla destra o, come detto, addirittura dall'estrema destra, o sono leader che The Donald ha elogiato nel recente passato. Da questo punto di vista, l'inaugurazione rivela molto in merito alla traiettoria politica della nuova amministrazione Usa, e su chi potrebbe avere un rapporto privilegiato con la Casa Bianca. In cima alla lista degli ospiti c'è Meloni, che ha visitato Mar-a-Lago all'inizio di questo mese ed è stata definita una “donna fantastica” dallo stesso tycoon, e che sembrerebbe aver instaurato un eccellente rapporto istituzionale con Musk. Smanettoni della tecnologia, miliardari hi-tech, conservatori, uomini della destra e qualche estremista in mezzo: ecco gli ingredienti di cui Trump ha bisogno per realizzare la propria agenda politica. Qualunque essa sia.