C’è un motivetto allegro che si spende per l’aere internazionale e ci risveglia, forti e vigorosi, fieri del nostro essere italico. Un motivetto allegro che sa di marcia e disciplina, risuonano tra i palazzi vigorosi echi di “A Tripoli”, “C’era una volta il negus”, “In Africa si va”. Perché non c’è niente da fare, il colonialismo è tornato di moda e finalmente i pantaloni e le giacche sahariane non si accompagneranno più ai lini stropicciati e alle Birkenstock per visitare posti etnici leggendo l’ultimo Premio Strega, bensì con stivali e frustini, dai nostri mai dimenticati abissini a portare la ragione romana e lo slancio portentoso verso un futuro radioso. E ci sono anche un sacco di soldi da fare. Vladimir Putin, con il piglio russo, sangue temprato nella steppa, annette Crimea e parte dell’Ucraina. Donald Trump volge lo sguardo satellitare fin su nello spazio profondo e, aquila imperiale, plana su Canada, Groenlandia, addirittura nel lontano Canale di Panama per riprendersi ciò che s’era conquistato. Non v’è proprio dubbio alcuno, torna l’ora d’esser prodi, torna l’ora dell’Impero (ritornello: ci beviamo un bel Campari).
È dalla trattoria che dobbiamo ripartire! Dalla trattoria Meloni in Albania, già annessa insieme al centro migranti. E da lì spandere il verbo a iniziare dalla "trattoria”, da oggi in poi “Trattoria Potoria Meloni”. Spinga, il premier Meloni, affinché la gloriosa Fiat torni a temprare lamiere per la produzione di “Campagnole” da destinare alle ancora dissestate strade delle nostre amate faccette nere, da cui svettare in piedi a portare la poderosa velocità della macchina! Monti i cannoni l’Iveco, sui loro autocarri, dritti puntati verso il cielo per una penetrazione veloce e fulminante di Somalia, Eritrea, Etiopia. Si entri in pompa magna (chi pompa, magna, si sa) in Addis Abeba a riprendere il nostro cuore che già al tempo fu lanciato oltre l’ostacolo mediterraneo. E visto che ci viene di strada annettiamo Malta, che quando parlano non si capisce niente. D’altronde l’ha detto Trump quando un vile giornalista, dalla sua comoda poltrona e pigra, chiese se il neopresidente americano poteva assicurarci una pacifica risoluzione riguardo le mire espansionistiche verso l’isola del Nord, ghiacciata come il furore dei nostri sguardi alteri, e verso Panama (mettere il cappello sul Panama, ancora meglio dell’orologio sul polsino); Trump rispose: “Io non le assicuro un bel niente!”.
Alla guerra, alla guerra! Fiaccati dalla pace dei social, levate orsù lo sguardo da OnlyFans verso l’orizzonte lontano. Smettete di lucidare il fucile e mettetelo al servizio della Patria! Imbianchiamo i palazzi africani, intonachiamo l’Impero, asfaltiamo il deserto, la Grande Distribuzione ce lo chiede! Perché non si trova il Parmigiano nei territori che furono nostri? Perché i vini dei nostri colli e delle nostre valli non allegrano le mense dell’Impero che fu ma che ancora è e un domani sarà nei nostri cuori? Suvvia Meloni! Cosa aspetta! Dichiari una guerra, annetta qualcosa. Bisticci con qualcuno almeno. Meloni dì qualcosa di Destra! Meloni, dì qualcosa. Armiamoci e partite! Andate avanti voi che adesso arrivo. Ho detto arrivo. Scendo fra cinque minuti. Ma mi si nota di più se scendo in guerra o se resto a casa?