Leonardo Caffo, IL MOSTRO, inizia oggi a scrivere per MOW. Perché siamo maschilisti, beceri e violenti. Non è vero, siamo tutt'altro. Ma siamo sicuri che in molti ci attaccheranno usando proprio queste parole. A cui noi rispondiamo così: VIVA LA LIBERTÀ. Se persone condannate per terrorismo in Italia hanno scritto, e scrivono da anni, su temi sociali e di attualità (e per noi va bene così), non vediamo niente di male nel far scrivere Leonardo Caffo, accusato di maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti della ex compagna, condannato in primo grado a 4 anni di carcere. Lui si professa innocente e continuerà a difendersi nelle sedi opportune. Su MOW scriverà di argomenti e temi che nulla hanno a che fare con i suoi processi in corso.VIVA IL GIORNALISMO!
Scorro, annoiato come tutti, TikTok. Il mio algoritmo, forse solo non il mio, è tutto una “canzoncina” di Squid Game 2. Successo planetario, dicono... metafora ovvia del sistema capitalistico, della disperazione umana nella società odierna, ma anche della noia, degli esperimenti di scienze comportamentali post seconda guerra mondiale di gente che è in grado di scannarsi tra amici e parenti se soggetta agli stimoli corretti e via dicendo. Successo planetario dicevo, metafora spiegata un po’ da tutti e un po’ ovunque, eppure a voler guardare le cose da un quadro più grande un po’ di depressione onestamente mi viene. Ha fatto notizia, giustamente (?), Mark Zuckerberg che ha rimosso il controllo fattuale da Meta: chi grida alla libertà d’espressione, chi alla deriva violenta, chi non ci ha capito un tubo come sempre. Il successo di Squid Game 2 e questa cosa sono connesse, perché la gente si scanna abbastanza serenamente nella serie coreana, si picchia, si uccide, si spara alle gambe a prescindere da qualsiasi aderenza alle cose del reale: i fatti non esistono, diceva un filosofo coi baffi, esistono solo le interpretazioni (esse stesse, difficile da spiegare in breve, sono dei fatti). Di fatto Zuckerberg cede a una ovvietà che abbiamo voluto nascondere sotto il tappeto, a Nietzsche appunto: un fatto non è più o meno “fatto” sulla base delle categorie morali con cui lo giudichiamo, un fatto è semplicemente ciò che accade per noi. Squid Game 2 tira fuori un tema vecchio, cioè che il capitalismo è un sistema mostruoso e che al suo interno, per metafora o meno, la morale è un moralismo fino a quando conviene: davanti alla disperazione o al lusso del segreto siamo tutti lupi contro lupi, nessun filtro.
Sono già cinque le persone che si sono tolte la vita nella prima settimana del 2025 nelle carceri italiane dopo un 2024 mostruoso dove 89 detenuti e 7 agenti si sono ammazzati in vario modo. Non fa notizia, nessuna shitstorm o movimentazione sui social dove i “trend”, come i giochi di Squid, sono altri… depresso dicevo dal successo della serie perché qualcosa non mi torna. I fan di Squid sono spesso gli stessi “attivisti del clik”, quelli che credono a persone che non conoscono o che lottano per l’ambiente inquinando con i loro post fatti di storie e storielle inutili, eppure non capiscono che queste loro “questioni” non sono altro che i giochi a cui un Zuckerberg qualsiasi li ha fatti giocare in questi anni. Zuckerberg, come un giocatore 001, di base ha distribuito giocatori a destra e sinistra rendendo orizzontali i conflitti e assorbendo questioni prima rivoluzionarie per fare scannare tra loro giocatori disperati e inconsapevoli … dei disperati veri, come gli 89 detenuti dell’anno passato o dei migranti morti nel Mediterraneo centrale (ll bilancio delle vittime e il numero dei dispersi nel Mediterraneo nel 2024 hanno superato i 2.200, con quasi 1.700 vite perse solo sulla rotta) non è fregato nulla a nessuno.
Uno dice… Squid Game siamo noi, e prova a risolverla così. Il problema è che noi sopravviviamo alle nostre stronzate, mentre almeno nella serie ci facciamo fuori a vicenda. Un... due… tre… stella! E solo chi sta fermo, non dice niente di scomodo rispetto all’ordine del discorso, sopravvive: tutti gli altri, seppelliti dalla montagna di merda del benaltrismo dell’ignoranza, scomparsi per sempre.