Premessa doverosa: Donald Trump non è pazzo. E quando dice che vuole annettere agli Stati Uiti (anche con la forza) la Groenlandia, il canale di Panama e il Canada come 51esimo stato degli Usa, non sta solamente facendo delle sparate - anche perché le elezioni le ha già vinte e si insedierà a breve - ma, come ha dimostrato, ci sono possibilità concrete che possa farcela. Come? Partiamo dal Canada, che è la scommessa più facile da vincere in tre “semplici” mosse. Altra doverosa premessa: Trump può contare in questo (apparentemente) folle progetto su Elon Musk. Chi è? Ormai lo conosciamo: è l’uomo più ricco del mondo, Ceo di aziende che hanno cambiato i settori in cui sono entrate a gamba tesa come Tesla e Space X (con Starlink ha mandato in confusione l’Europa delle telecomunicazioni supportato da Giorgia Meloni) e X (ex Twitter), uno dei social network più influenti in circolazione (in Germania la livestream con Weidel dell’Afd ha gettato nel panico la politica tedesca). Insomma, come partner in crime The Donald ha scelto uno tosto e che vanta una visione interstellare (globale non gli bastava) di come sarà il futuro dell’umanità. Ok, ma come faranno a convincere i canadesi a diventare americani?
A differenza di Panama e della Groelandia, dove Trump non ha escluso “l’impiego militare”, per il Canada si è limitato ad aggiungere che basterà l’uso della “forza economica“. Ma potrebbe davvero bastare? No, ma ricordate: tre “semplici” mosse. La prima, come dichiarato, sarà sicuramente economica e si concentrerà sulle materie prime di cui il Quebec è ricco, oltre allo sciroppo d'acero, uno dei prodotti più importati dagli Stati Uniti. Considerato un vero e proprio “oro liquido”, se dovessero cambiare le condizioni di interscambio tra i due paesi, questo potrebbe portare a un grave danno alla bilancia economica canadese. C’è poi una seconda mossa, che è del tutto politica e sfrutta un momento di debolezza. Justin Trudeau si è infatti appena dimesso da primo ministro (oltre che dal partito Liberale). Per quali ragioni? Lo scoppio di una crisi del suo governo di minoranza, con l’uscita del partito Ndp che lo sosteneva esternamente, e le dimissioni della vice premier e ministra delle finanze Chrystia Freeland in dissenso proprio sulla risposta alla minaccia di dazi di Donald Trump. Quindi, per il solo fatto di aver minacciato i dazi e neanche da presidente in carica, ha dato uno scossone al governo di Ottawa in grado di farlo cadere. Pensate quando parlerà comodamente seduto dalla Casa Bianca quanto conteranno le sue parole. C’è però una terza mossa, nella quale potrà essere decisivo Elon Musk con il suo patrimonio personale di cui disporre liberamente e il “megafono” di X.
Per spiegare l’ultima fase di come il duo Trump-Musk potrebbe “annettersi” il Canada, conviene ricordare quello che il bilionario sta già mettendo in atto in Europa. Da un lato, nonostante le smentite del governo, si sta inserendo nelle telecomunicazioni italiane con Starlink, il sistema di satelliti ideato da SpaceX, sfruttando i ritardi europei e la compiacenza del premier Giorgia Meloni, che grazie a questi rapporti privilegiati ha dimostrato di portare a casa risultati utili anche all’Italia (come nel caso del rilascio di Cecilia Sala dall’Iran). È vero che l’affidamento di un settore così strategico (e che riguarda lo Stato) non potrà avvenire per scelta diretta del premier, ma è anche vero che, come ha sottolineato Meloni in conferenza stampa, “non ci sono alternative, soprattutto pubbliche. Italia ed Europa non hanno ancora immaginato una soluzione pubblica". Tradotto: il bando avrà un unico vincitore, cioè Starlink. Il che significa: Musk attraverso l’Italia si prenderà le telecomunicazioni europee, visto che ogni Paese sta lavorando separatamente alla questione, con le conseguenze di influenza sulle decisioni nazionali - e rispetto agli interessi americani - che sono soltanto ipotizzabili. Non solo, perché Musk sta anche sostenendo apertamente dei movimenti o dei partiti di estrema destra in Europa. “Solo l'Afd può salvare la Germania” ha dichiarato dopo l'intervista che ha organizzato su X alla leader di Afd, Alice Weidel. È bene non dimenticare che Alternative für Deutschland è un partito considerato neonazista, nazionalista, conservatore, euroscettico e anti-immigrazione. E che, una volta al potere, non sembrerebbe avere nei pesi e nei contrappesi della democrazia i suoi punti di riferimento. Da cosa nasce questa passione di Musk per i leader nazionalisti (se non vagamente dittatoriali come Trump)? Bè, mettetevi nei suoi panni di imprenditore abituato a decidere senza troppi lacci e lacciuoli e soprattutto perdite di tempo: preferireste trattare di affari con chi è costretto a fare i conti con la farraginosa macchina democratica, oppure con chi punta a smantellarla o scavalcarla e a decidere in proprio? Dal suo punto di vista, ammettiamolo, non fa una grinza. Ma cosa c’entra l’ingerenza di Musk negli affari europei con il Canada? È presto detto unendo i puntini.
Dopo le dimissioni di Justin Trudueau, il grande favorito per le prossime elezioni canadesi è Pierre Poilievre, leader del partito Conservatore in grande vantaggio sui Liberali di quasi 20 punti percentuali. Elezioni che sarebbero previste a ottobre, ma che gli analisti ipotizzano potrebbero svolgersi anche prima per dare stabilità al Paese. Poilievre è una sorta di Trump in miniatura, descritto nella sua biografia come un “conservatore da sempre, campione del libero mercato” e anche esponente di spicco del Maga canadese (la derivazione del Make America Great Again trumpiano). Adesso che siamo arrivati fino a qui è tutto più chiaro? Le tre mosse di Trump e Musk sono più trasparenti che mai: “forza economica”, spallata politica e comunicazione arrembante a favore di chi potrà sostenere a livello istituzionale i loro progetti espansionistici (e perché no, anche sostegno economico da parte di Musk, come ha dimostrato nella campagna elettorale americana a favore di Trump). Chi può fermarli? Paradossalmente Poilievre, quando il neo presidente statunitense ha detto di voler annettere il Canada, si è timidamente opposto: “La leadership debole e patetica di Justin Trudeau ha dato a Trump l’opportunità di fare queste affermazioni ridicole”. Certo, sarebbe avventato da parte sua in questa fase sostenere di voler portare il Canada nelle fauci di The Donald e di considerarsi soltanto un futuro governatore e non più un primo ministro, ma siamo sicuri che, una volta eletto - probabilmente anche con il sostegno economico e della comunicazione di cui dispone Musk -, il prossimo premier potrà resistere alle pressioni che abbiamo appena descritto? Difficile. Ma anche se ci riuscisse formalmente, possiamo dire con una certa sicurezza che informalmente il Canada diventerà di fatto il 51esimo stato degli Usa. Osservate le debolezze dell’Europa sulla Groelandia e di Panama sul canale strategico che controlla, applicate le tre mosse valide per Ottawa, e forse otterrete il risultato di questo Risiko.