Tra i meriti di Giorgia Meloni, indipendentemente da come la si pensi su di lei, c'è senza dubbio quello di voler provare a tener sveglio lo spettatore anche in contesti soporiferi come la conferenza stampa di fine anno (che ormai, per uno scherzo del destino o più probabilmente per inefficienza burocratica, si celebra all'inizio dell'anno successivo). Con una risposta fulminante, Meloni ha riaperto uno dei grandi dossier ideologici della politica contemporanea: il conflitto fra il globalismo rappresentato da George Soros e la destra sovranista che ora è salita sul gruppone anche di una figura come Elon Musk.
La scena si è svolta così: interrogata sul suo rapporto con Musk e sulle sue frequenti incursioni nell'arena politica mondiale, Meloni ha scelto di spostare l'attenzione su un altro protagonista di primo piano anche se dietro le quinte del potere, Soros, che a suo dire rappresenterebbe una "pericolosa ingerenza" negli affari interni degli stati nazionali: “Non mi risulta che Elon Musk finanzi in giro partiti, associazioni o esponenti politici. Questo lo fa per esempio George Soros e sì, io la considero una pericolosa ingerenza negli affari degli Stati nazionali”, ha detto con una sicurezza che non lasciava spazio a repliche.
La bordata contro Soros ha fatto sobbalzare molti: Giorgia Mleloni è diventata complottista, qualunque cosa voglia dire? No, Giorgia Meloni non è diventata complottista. Semmai lo è sempre stata, oppure ha sempre detto la verità. Questo dipende da come la pensate su Soros e compagnia. Semmai la domanda è: questa è la stessa Meloni che negli ultimi tempi ha lavorato al suo profilo istituzionale, abbandonando i toni infuocati degli anni di opposizione? Oppure è un ritorno della "vera" Giorgia, quella che seduceva le piazze fisiche e virtuali con attacchi spietati al nemico di turno?
Per capirlo, occorre tornare indietro nel tempo. Meloni non ha mai nascosto la sua ostilità verso Soros, figura che la destra sovranista dipinge da anni come il grande burattinaio di un progetto mondialista pericolosamente antitetico ai valori nazionali. E Soros, per molti versi, incarna esattamente ciò che i suoi detrattori temono: un magnate con risorse enormi, un filantropo che ha dedicato la vita a promuovere l'integrazione, la società aperta e la lotta contro i nazionalismi, finanziando con miliardi di dollari partiti e associazioni progressiste in tutto il mondo.
Ma è qui che il dibattito si fa scivoloso. Le critiche rivolte a Soros oscillano tra accuse di manipolazione politica – legittime, se si considerano le sue attività di lobbying – e derive estremiste con toni che, non di rado, sfiorano l'antisemitismo oppure varcano proprio il confine. Meloni negli anni per esempio lo ha definito "usuraio" e lo ha accusato di finanziare "l'invasione dell'Europa" tramite ong impegnate nel salvataggio dei migranti. Una retorica che sembrava essersi attenuata con la sua ascesa a Palazzo Chigi, in nome di un pragmatismo imposto dal (oppure scelto per il suo) ruolo istituzionale.
E allora, perché Meloni ha rispolverato un attacco così diretto contro Soros proprio in una difesa di Musk? Le interpretazioni sono molteplici. Forse è stato un momento di sfibramento per quella sequela di domande spesso improponibili, un ritorno istintivo a quella dialettica combattiva che l'ha resa celebre. Forse, invece, si tratta di un calcolo strategico: una mossa per riallinearsi al trumpismo e alla destra internazionale, riconoscendo in Musk un alleato nella battaglia culturale contro il progressismo globalista.
Di sicuro la reazione di Musk non si è fatta attendere: "E Soros sta per essere sconfitto", ha scritto il magnate su X, esaltando le parole della premier italiana. Ma cosa significa davvero questa uscita? È un segnale di un cambio di rotta da parte di Meloni, un ritorno a quella "politica di lotta" che molti elettori orfani del promesso “blocco navale” e di molte altre prospettive mai concretizzate rimpiangono? Oppure è stato solo un incidente di percorso, un guizzo momentaneo che non avrà conseguenze reali? Durerà? O questo ritorno alla "vecchia" Giorgia svanirà presto, sepolto dalle esigenze e dalle strategie di governo? Forse la vera domanda è un'altra: se vi stupite, dov’eravate quando Meloni forgiava il suo personaggio sulla dialettica feroce e sull'attacco frontale? Forse il risultato più significativo ottenuto da Giorgia Meloni è stato far dimenticare ai più chi fosse (o chi da qualche parte è ancora) Giorgia Meloni. C’è da capire se questo sul lungo periodo sarà positivo per lei o meno, sul piano elettorale ma non solo. Basterà un occasionale attacco a Soros a tenere buona la base “dura e pura”?