“M. inteso come Mussolini, che è una specie di slot machine come lo fu B. inteso per Berlusconi (sembra passato un secolo): e poi c'è la M dei Matti che ci circondano. Basta un punto, se ho capito bene il gioco letterario. Sotto la M. fanno un sacco di soldi quelli generati da Repubblica, Scurati in testa, Ezio Mauro a seguire e poi tanti altri, i quali da quando la Meloni (M anche lei, cribbio...) è al governo sfornano libri, spettacoli, prime pagine, convegni e considerazioni varie. Insomma lui - lui lui - è più presente che mai e dà da mangiare a parecchi”, si apre così la recensione a cura di Gianluigi Paragone su Il Tempo. Il giornalista nel suo lungo articolo critica l'ossessione contemporanea per il fascismo, ormai trasformato, a detta sua, in un prodotto culturale altamente remunerativo, come fosse un “business degli antifascisti”. Secondo l'autore, figure come Antonio Scurati e Roberto Saviano avrebbero capitalizzato sulla narrazione di Mussolini, producendo libri, serie tv e altre opere che sfruttano suggestioni storiche. La serie M. Il figlio del secolo, tratta dai romanzi di Scurati, ne sarebbe un esempio. Queste produzioni creerebbero hype e guadagni, ma spesso mancano di rigore accademico, ignorando studiosi fondamentali come Renzo De Felice o Denis Mack Smith.
Non poteva mancare il punto di vista offerto da Libero. Già il titolo della recensione parla chiaro: “Il Mussolini della serie tv sembra più Totò che il Duce”. Si legge: “La fiction Sky non è un prodotto sciatto: più teatrale che televisivo, è solo esageratamente pretenzioso e stucchevolmente velleitario. E una collezione di immaginette, di stereotipi predisegnati, ammantati con una spolverata di filosofia di grana grossa e a tesi preconfezionata. D'altronde le mani avanti su M., in tutte le declinazioni, sono state messe giocando di ambiguità sul romanzo travestito da saggio e sulla fiction che occhieggia al documentario senza essere neppure un film ma una miniserie”. A scrivere è Marco Patricelli. Anche Il Fatto Quotidiano dice la sua. Il giornalista Giordano Bruni Guerri riferendosi alla nuova miniserie Sky, parla di “un duce ossessionato dal fallo” e “un samurai e il finto pericolo nero”. Guerri procede poi con un fitto elenco di quelle che sarebbero le incongruenze storiche presenti in M il figlio del secolo. Un esempio? Il duce che parla di “paradisi fiscali” in un’epoca in cui questi non esistevano. O ancora, “Benito ossessionato dal caz*o”. Per Guerri le principali criticità della serie M. Il figlio del secolo sono due. Innanzitutto, il messaggio che il fascismo sia stato un regime cattivo risulta scontato e già noto, poiché è evidente che una dittatura che priva gli individui della libertà per un lungo periodo, accompagnata da guerre e leggi razziali, non possa essere considerata positiva.Tuttavia, ha aggiunto che sarebbe stato più credibile, anche per gli autori dichiaratamente antifascisti come Marinelli e Scurati, riconoscere che, in sostanza, in vent’anni di potere assoluto il fascismo possa aver fatto anche alcune “cose buone”. Per finire, Guerri ha criticato l'intento della serie di mettere in guardia il pubblico contro un presunto pericolo attuale rappresentato dai fascisti. Ironizzando sull’idea che gesti come le braccia tese durante le commemorazioni di Acca Larenzia possano davvero costituire una minaccia reale per la democrazia.