Dopo l’intervista di Paolo Sorrentino a Guè, pubblicata su Il Venerdì di Repubblica in occasione dell’uscita del suo nuovo album, Tropico del Capricorno, a distanza di un giorno potremmo già avere la seconda intervista migliore del 2025. Quale? Quella di Michele Serra a Jovanotti, protagonista della cover story (con gli incredibili scatti di Paolo Roversi) del nuovo numero di D di Repubblica. In un lungo (anzi, lunghissimo) dialogo tra lo scrittore-giornalista e il cantante, viene ripercorsa non solo la loro amicizia, nata dalle “intemperie politiche degli anni Ottanta”, ma anche la lunga carriera di Jovanotti. “Ogni volta che ci rivediamo è un giorno allegro, e il discorso riparte, inevitabilmente, dalla sua incontenibile vitalità” ha scritto Michele Serra nell’introduzione. “Oggi tu e io siamo coetanei, ma quando io avevo vent’anni e tu trenta erano veramente due mondi. Sono del ‘66, la mia è una generazione individualista. Nata completamente fuori dalla politica. Fuori dai film di Nanni Moretti. Della musica degli anni Ottanta mi piaceva, anzi mi serviva, la componente fisica” ha raccontato Jovanotti. E ha continuato: “Il ballo, il movimento, il casino, facevo il deejay, suonavo la musica degli altri, non avrei mai pensato di diventare io un cantante se non fosse arrivato il rap, che era una porta aperta a tutti, anche a chi non sapeva cantare e non sapeva niente di maggiore e minore, di armonia e melodia”. Il cantante, però, ha raccontato di essersi sentito anche inadeguato. Il motivo? E lui stesso a spiegarlo: “Mi sentivo uno che non aveva argomenti e ho deciso di darmi una mossa. Nei cantautori il corpo non c’era, o se c’era era molto mediato dalle parole. I cantautori non si ballavano. [...] Volevo fare qualcosa che unisse il corpo, che era il grande rimosso della musica ‘impegnata’, e la testa”. Jovanotti ha raccontato di aver cercato di trovare “una mediazione” tra corpo e testa, arrivando ai suoi anni Novanta con “dentro il ritmo, dentro il ballo” e cercando di metterci “pensiero, parole e scrittura”. “Mi ha aiutato molto il primo rap - e io c’ero dentro - perché era pieno di contenuti sociali, la città che cambia, la periferia. Ho messo tutto insieme”.
E poi? Michele Serra su D di Repubblica descrive Jovanotti come colui che è riuscito a portare una “sintesi” tra canzone d’autore e dance, “testa e corpo, pensieri e ritmo”. Non sono mancate le critiche, certo. Ma anche da quelle è nato un artista importante. E sempre sugli anni Novanta, Jovanotti ha raccontato: “Sono decisamente i miei preferiti. [...] Sono tornati di moda e per la prima volta mi ritrovo dentro un ritorno, un revival, di qualcosa che ho costruito anche io. Scopro di essere un classico… [...] Mi ascoltano i ragazzi, per me è una gioia, mi sono sempre percepito come la novità del momento e ora sono un anziano, gli artisti hanno l’età di mia figlia, anche meno”. E sulle novità ha spiegato: “con il passare degli anni anche a me capita di dire: questo non mi riguarda. Ma cerco di capire se parla a qualcun altro, a chi parla e perché. Mi interessa tutto, anche quello che non mi appartiene”. Jovanotti, nella lunga intervista con Michele Serra, ha raccontato tantissimo (come avrete già capito). Si è soffermato sul “sentirsi un po’ a disagio” nella figura dell’“eterno positivo”, sulla tecnologia che “non è mai stata davvero governata” e sull’uomo che ha fatto cose straordinarie e inventato cose meravigliose, anche se “gira questa idea terribile: l’uomo è una merda”. E sull’AI? “Ho provato a chiederle di scrivermi una canzone di Jovanotti sulla guerra. Ha prodotto cagate illeggibili. Ma non è colpa sua, l’AI scrive le cose che sa già, è una macchina, è un archivio immenso, ma di cose che sono già state scritte. Un'artista invece scrive le cose che non sa, per quello è un artista. Se scrivi le cose che sai già il gioco è finito, ti rompi le scatole dopo un minuto”. Jovanotti, come ha scritto Serra, adora “le rime, la metrica e la bicicletta”. E proprio in bicicletta si è fatto davvero male, quasi un anno fa, cadendo a Santo Domingo e dovendo sottoporsi a un intervento chirurgico e una lunga riabilitazione. Oggi Jovanotti è “come nuovo, anche se con un poco di metallo in corpo”, il 4 marzo partirà il suo nuovo tour nei palazzetti, e ha da poco pubblicato due singoli, “Montecristo” e “Fuorionda” e il 31 gennaio uscirà il suo nuovo album, “Il corpo umano”. Nel mezzo, questa lunghissima intervista, che è già (secondo noi) tra le migliori del 2025.