“‘Sono un cattivo esempio, ma pur sempre un esempio’. Cosimo Fini, in arte Guè, è alto, robusto e indossa occhiali bellissimi e stravaganti che può portare solo lui. La sua grazia è sgraziata, il che lo rende irresistibile. Quando ride, ti contagia: ti ritrovi a ridere anche tu, senza sapere perché”. Inizia così il lunghissimo articolo-intervista scritto da Paolo Sorrentino e pubblicato su Il Venerdì di Repubblica in occasione dell’uscita di Tropico del Capricorno, il nuovo album di Guè. In questo lungo, anzi lunghissimo, articolo c’è tutto quello che vogliamo sapere sul rapper: ha lavorato in un call center, ha fatto il magazziniere e ha frequentato la facoltà di Lettere, dando dieci esami, per poi cominciare a fare “i primi soldi col rap”, abbandonando così l’università perché, scrive Sorrentino, “il sesso e la strada gli sono sembrate, a vent’anni, cose un attimo più stimolanti di Leopardi e le siepi”.
Sorrentino, però, sottolinea anche come il tempo trascorso a studiare sia stato “utile” per fargli rimanere addosso due cose: l’ironia e la passione per la cultura. L’ironia, soprattutto, ritorna spesso. E sui testi, Sorrentino scrive: “Al netto delle solite critiche negative, trite e ritrite, che non ripeterò, sono intrisi di ironia (rieccola, ndr.), citazioni, metafore, ritmo perfetto e possiedono un’autoironia indomabile”. Tutte cose che abbiamo detto anche noi, spesso, su MOW, e a cui Guè ha risposto: “Tu mi dirai che non sono Umberto Eco. Certo che non sono Umberto Eco, io parlo di ragazze”. Il regista premio Oscar racconta che Tropico del Capricorno è un “piccolo capolavoro” che per lui sta “diventando un’ossessione da ascoltare in continuazione”. E torna sull’ironia: “Dietro la facciata necessaria per mantenere inalterata l’iconografia fatta di armi, champagne, droga, donne facili, orologi di lusso e auto costose si agitano due pilastri: ironia e sentimento”. In un articolo farcito (giustamente) da continue citazioni ai testi di Guè, Paolo Sorrentino si sofferma su moltissimi aspetti che riguardano il rapper. In particolare, lo definisce “una boccata d’aria fresca in questo paesello pieno di smog che è diventato il mondo”. E continua: “Del politicamente corretto se ne infischia, nelle canzoni e nella vita. È libero e dice tutto quello che gli pare. Molti lo amano, molti lo odiano, ma lui è tranquillo perché sa di essere un uomo buono”. E su Sanremo, Guè risponde così a Sorrentino: “Un concentrato di gente assurda, dove trionfano signore di sessant’anni con la sigaretta all’angolo della bocca, impegnate solo a giudicarti male”. Non si parla solo di musica, ma anche di vita e luoghi vissuti. Tra questi, Miami, dove Guè non mette più piede. Il motivo? “È piena per metà di napoletani e per metà di reggaeton”. Attenzione, però: Cosimo Fini Napoli la ama davvero. “Geolier è un gigante. La lingua è perfetta per la musica, con tutte quelle parole tronche, come il francese”. Ma il vero king, per Guè, è Gigi D’Alessio, che è una “miniera di ironia”.
E le donne? Per Guè, come raccontato da Sorrentino, non si dividono tra belle o brutte, intelligenti o sciocche. Per il rapper, “la donna che gli deve stare accanto deve essere valida”. Un aggettivo che il regista definisce “così insolito se applicato a un essere umano da destare profondo rispetto”. Guè racconta: “Ho passato i quarant’anni, ho una compagna, ma a volte è difficile: il lato oscuro di questo mondo sa sempre corromperti”. Il lungo articolo prosegue toccando temi profondi (“Solo Maradona e Gesù possono parlare di sé in terza persona”), i colleghi più giovani, che fanno il “suo lavoro” ma “non sanno niente di musica” (“Sono ignoranti e fanno cose per altri giovani ignoranti”), fino al rapporto con il padre e il grande amore per la madre. Paolo Sorrentino riesce poi a concludere questo lungo articolo-intervista con poche parole, che dicono tutto: “Ora mi guarda. Dietro gli occhiali bellissimi, vedo un occhio bellissimo. Solo uno. Guè sta per guercio”.