Tutti avrete letto che il buon John Elkann ha raggiunto un accordo con il fisco italiano da 183 milioni di euro e lo svolgimento di lavori socialmente utili presso un fantomatico istituto dei Salesiani per evitare di essere rinviato a giudizio nell’ambito del cosiddetto “caso Dicembre”, legato alla complessa vicenda di eredità familiare. Per chi non lo ricordasse, il caso Dicembre riguarda contestazioni fiscali e patrimoniali legate a passaggi di proprietà e successioni all’interno della famiglia Agnelli, iniziate dopo alcune denunce della madre di Elkann, Margherita Agnelli. Con questo accordo, il lato tributario dell’inchiesta si è chiuso, mentre rimane aperta la causa civile. Ma non è finita qui. Come ci ha spiegato Gigi Moncalvo, giornalista di lungo corso ed esperto della famiglia Agnelli, autore del libro “Agnelli Coltelli”, ci sono tutta una serie di retroscena interessanti: dal luogo in cui Elkann potrebbe svolgere i servizi socialmente utili (guardacaso la libreria della Fondazione Agnelli) e di come è stata diffusa la notizia dell'istituto dei Salesiani utili fino ad alcune coincidenze sospette sul tempismo della nomina del procuratore capo del tribunale di Torino.

Elkann si è accordato con il fisco a versare 183 milioni di euro per “delicate ragioni familiari”. Che grande sensibilità ha la giustizia verso i presunti evasori fiscali…
Mah, Elkann l’ha fatto semplicemente per non finire sotto processo, e se fosse finito sotto processo bastava il rinvio a giudizio per costringerlo a dimettersi da tutti i consigli di amministrazione di cui fa parte. Quindi è una decisione molto, molto interessante. Lei tirerebbe fuori 183 milioni di euro per evitare dei guai? Forse sì, forse no. Comunque questa vicenda dimostra molte cose. La prima: che Lapo e Ginevra, suo fratello e sua sorella, non c’entravano niente, nemmeno nel decidere se pagare o no la tassa di successione della nonna, che avrebbe portato nelle loro tasche molto denaro. John Elkann è stato riconosciuto come il capo dei tre, vale a dire colui che decideva. Infatti la posizione di Ginevra e Lapo è stata archiviata, quindi loro due non c’entrano niente; contava tutto il primogenito, e soprattutto loro obbedivano pedissequamente al primogenito. Secondo: il problema è una cosa ridicola detta dall’avvocato di John Elkann, che sostiene che questo accordo con l’Agenzia delle Entrate e con la Procura, con la richiesta di messa in prova, non significhi ammissione di responsabilità.
E cosa vorrebbe dire?
Infatti… come è possibile che uno tiri fuori 183 milioni e chieda la messa in prova, se non è colpevole, se non è in qualche modo responsabile di aver violato qualche legge? Cos’è, un benefattore dello Stato e dell’Agenzia delle Entrate? Soprattutto un rampollo di una famiglia che le tasse non le ha mai pagate e le ha sempre detestate. Terzo: la Juventus ha di nuovo un problema, perché ha un presidente che dovrà dimettersi, in quanto presiede una società per azioni, e in una società per azioni un patteggiamento in sede penale con una Procura della Repubblica equivale a un’ammissione di colpa e rende incompatibile la sua posizione. Ha già tanti guai la Juventus; insieme alla Ferrari ci mancava anche questa. Infine, quarto: John Elkann, pur di salvare il suo sederino a livello penale e fiscale, è andato a mettersi nei guai. Perché se tu paghi le sanzioni e la tassa di successione dell’eredità di tua nonna Marella, significa che tua nonna Marella è da considerarsi cittadina italiana e quindi contribuente italiana, e i suoi eredi sono stati chiamati a tirare fuori questi soldi. Questo significa che Marella non era cittadina svizzera.

Ovvero?
Questo significa che, non essendo cittadina svizzera, gli accordi che ha firmato con sua figlia nel 2004 per la spartizione della famosa Dicembre non sono validi, perché era falso che lei non fosse cittadina italiana. Quindi John ha chiuso il fronte fiscale e penale, ma ha aperto le porte al fronte dell’azione civile che sua madre ha intentato contro di lui. Ecco quindi che adesso se ne vedranno delle belle, perché John, oltre ai 183 milioni all’Agenzia delle Entrate, dovrà dare almeno 500 milioni, visto che la Procura della Repubblica ha stabilito che l’eredità di Marella valeva circa un miliardo di euro secondo la tassa di successione e secondo la legge successoria italiana. La figlia ha diritto al 50% del patrimonio lasciato dalla madre, sia che la madre l’abbia compresa, sia che l’abbia esclusa dal testamento. Quindi John, Lapo e Ginevra questa volta tutti e tre insieme, oppure salvo sorprese, dovranno restituire alla madre la metà di questi 500 milioni di euro su un miliardo di eredità della nonna che si sono indebitamente intascati.
E quindi insomma, non è finita qui…
Non è finita qui per niente, perché siamo curiosi di vedere dove e come andrà a fare questa messa in prova. Se lei ha notato, sono stati stabiliti dieci mesi di messa in prova anziché l’anno richiesto dalla legge. La legge richiede un anno, parametrato alla pena che lui rischiava di vedersi infliggere. Beh, se fa caso, questi dieci mesi consentono una cosa meravigliosa: fare luglio e agosto non ai servizi sociali, non alla messa in prova, o a cambiare il pappagallo ai vecchietti di un ospizio torinese, cosa che non avverrà mai, ma consentono di passarli sul suo Stealth, la sua “barca”, insieme alla principessa Lavinia Borromeo, sua dolce consorte. Il sogno è la scelta di che tipo di messa in prova verrà accettata o ratificata dalla Procura e poi dal Gip, sarà molto interessante. L’avvocato di John Elkann ha chiesto che possa essere assegnato al riordino della biblioteca della Fondazione Agnelli, come andare a sistemare i libri in casa tua.
Oggi, però, sui giornali è uscita la notizia, invece, che sembra andrà in un istituto dei salesiani
Questa è semplicemente una trovata dell’ottimo capo ufficio stampa, finalmente assunto: Gianluca Comin, il migliore di tutti, che ha un’agenzia con 80 professionisti che lavorano per diffondere le notizie, come quella della dichiarazione dell’avvocato: “Pagare 183 milioni non significa ammissione di colpa”, diventata ormai una barzelletta. Oppure si è passati dalla Fondazione Agnelli ai salesiani. Io vorrei che venisse applicato lo stesso metodo che venne applicato per Silvio Berlusconi, con la differenza che Berlusconi era stato condannato e poi mandato a Cesano Boscone ai servizi sociali. Vorrei che anche questa volta John Elkann venisse messo vicino a persone comuni, anziani bisognosi, tossicodipendenti, o andasse a curare giardini pubblici come prevede la legge. Perché alla Fondazione Agnelli, a sistemare i volumi e a togliere la polvere dai tomi accatastati è troppo comodo, troppo facile, troppo bello. Anche perché sicuramente l’ente di sorveglianza, sotto le direttive della magistratura che dovrà vigilare sulla congruità e sul tipo di messa in prova che John Elkann dovrà fare, è anche qui: “non sei responsabile di niente perché accetti, anzi chiedi, di andare a fare i lavori socialmente utili”. La legge parla di otto ore al giorno per dieci mesi. Come farà contemporaneamente ad amministrare Stellantis, a dirigere dietro le quinte la Juventus, a gestire Exor e tutti gli altri incarichi societari?

Secondo lei anche i pm e i giudici di Torino sono in qualche modo sono legati alla famiglia nelle loro decisioni?
Dunque, Torino è stata per lungo tempo senza il procuratore capo, il posto era vacante. A quel punto l’inchiesta è stata condotta dall’aggiunto e da due pm. Tutti e tre hanno condotto un’inchiesta servendosi della capacità della Guardia di Finanza, che ha scoperto quintali e quintali di documenti, in una storia che sembra ricalcare la separazione tra Hillary Blasi e Francesco Totti, con la storia delle borse Chanel e dei Rolex, con il certificato di garanzia e la custodia verde, con centinaia di migliaia di documenti trovati addirittura nel locale Caldaje della villa dove abita John Elkann e nella cantina del suo commercialista Ferrero, presidente della Juventus. A un certo punto la Guardia di Finanza ha messo nelle mani e consegnato alla Procura della Repubblica questi documenti. La Procura della Repubblica ha condotto un’inchiesta esemplare, poi a un certo punto, non si sa se le due cose siano collegate, è arrivato a questo finale, anche perché a Torino nel frattempo è stato nominato il nuovo procuratore capo che ha occupato la sede vacante.
Che coincidenza!
Non è un’accusa a nessuno, ma ci sono chiaramente due modus operandi: quello dell’aggiunto alla procura e dei due pm insieme alla Guardia di Finanza, e c’è poi la ratifica da parte del nuovo procuratore capo a questa accettazione dei 183 milioni, cifra stabilita dall’Agenzia delle Entrate per colmare debiti, sanzioni e tasse non pagate, e per pagare la tassa di successione di una cittadina considerata italiana, a parte la fasulla residenza all’estero.
Per chi non è addetto ai lavori, da chi è nominato il procuratore capo?
Il procuratore capo viene nominato dal Csm, dagli organismi di questo tipo, ed è degno del massimo rispetto, ma non a caso venne in qualche modo “spaventato”, insieme al procuratore generale di tutto il distretto piemontese, poiché qualche giornale, forse con qualche manina editoriale della famiglia Elkann, insinuò che i nomi dei due massimi magistrati figuravano nelle intercettazioni del famoso Palamara.Non so niente di più preciso, ma a me parve un modo per cercare di intimidire e spaventare questi due magistrati, dicendo “attenzione a quello che fate”. Ci sono molti modi di minacciare i magistrati, purtroppo nell’epoca dei social e dei mass media. Qualcuno potrebbe interpretare quella frase come un avvertimento. È solo un modo per cercare di entrare in questo gioco di potere in cui i due nuovi magistrati al massimo livello della giurisdizione piemontese e torinese entravano in una realtà molto singolare.
Questo può essere anche dovuto, in maniera indiretta, ai tavoli di lavoro con Urso? Oppure dal fatto che Stellantis sia intenzionata ad abbandonare l’Italia per la produzione delle auto, oltre alle politiche green dell’Unione Europea?
Non è un segreto che John Elkann stia cercando di disfarsi di tutte le attività produttive. Tavoli con Urso fanno ridere, anche la Meloni fa ridere, perché ad esempio quando ci sono stati gli ultimi incontri, il governo è intervenuto su Trump per abbassare i dazi sull’automotive italiano, senza spendere una parola per il settore agroalimentare ed enologico. Cioè hanno fatto la battaglia per far diminuire i dazi dell’automotive a favore di John Elkann, mentre non hanno fatto nulla per difendere i produttori italiani di parmigiano e vini, che costituiscono una grande risorsa. In secondo luogo, sui giornali è difficile trovare notizia che i lavoratori in cassa integrazione con contratto di solidarietà di Stellantis negli stabilimenti italiani aumentano di migliaia di unità, non solo nei mesi precedenti, ma soprattutto a partire dal prossimo settembre. Addirittura a molti di questi operai è stato proposto di andare a lavorare in Serbia, poiché Stellantis non trova più operai in Serbia, dove ci sono molti immigrati, e ha assunto nepalesi e marocchini, spostandoli a lavorare in Serbia alla produzione della Panda, per 600 o 400 euro al mese. Naturalmente gli operai italiani hanno detto di no, perché è un modo per cacciarli e indurli a auto-licenziarsi.

Aveva fatto scandalo la notizia del capannone da 15 kmq - in cui venivano prodotti i sedili Maserati - messo in vendita su Subito.it
Dell’indotto non si parla mai, ma la chiusura degli stabilimenti Fiat, la mancata produzione in Italia e l’aumento degli insediamenti all’estero sono sotto gli occhi di tutti. Per esempio, a Termoli era stato presentato uno stabilimento come Gigafactory con grande entusiasmo di Urso, ma in realtà da mesi la Gigafactory è in costruzione in Spagna. Quindi le scelte sono state fatte altrove. L’indotto è fondamentale: tanti piccoli industriali con capannoni da 100 o 200 persone producono parti importanti per l’automobile, come la plastica del cruscotto, il metallo, il tubo di scappamento, il tachimetro, i gommini del caricatore, tutte parti fondamentali ma apparentemente irrilevanti. Ora questi stabilimenti hanno chiuso con migliaia di dipendenti, perché in conto è se sposti la produzione dalla cintura torinese a Grugliasco, ma un altro spostarsi all’estero.
Non proprio un bello scenario…
Pensa che due anni fa, in autunno, si organizzavano due giorni di visita agli ultimi produttori italiani dell’indotto, due giorni di visita in Marocco, per mostrare gli stabilimenti, consegnare depliant del governo marocchino e di Stellantis, con agevolazioni fiscali e basso costo della mano d’opera rispetto all’Italia. Questo è l’amore di John Elkann per l’Italia e per il mantenimento dei posti di lavoro degli italiani. Forse i suoi avvocati direbbero che tutto quello che combina a Stellantis non significa ammissione di responsabilità. Ma se uno paga 183 milioni allo Stato e chiede la messa in prova, significa che si considera responsabile di qualcosa, oppure teme di andare a processo e cerca di sbrigarsi, cercando di sistemare tutto in un altro modo. Vedremo adesso la Procura della Repubblica se deciderà di mandarlo a svuotare vitali in qualche casa di riposo dei salesiani, oppure all’Istituto Don Gnocchi, o a pulire la tolda delle imbarcazioni a Newport, per otto ore al giorno per dieci mesi.
Sarebbe comunque educativo
Questa legge esiste dal 2014 ed è pensata per i ricchi che non vogliono finire dietro le sbarre e sono disposti a tutto per evitarlo. Un conto è fare un lavoro socialmente utile che richieda sacrificio e impegno, un conto è sistemare libri o fare il riordino della biblioteca. Non dimentichiamo, poi, che John Elkann è stato costretto a pagare questo denaro, consigliato dai suoi avvocati, e a chiedere la messa in prova, solo grazie alla madre che lo ha denunciato. Se la madre non lo avesse fatto, egli e il fisco italiano non avrebbero incassato 183 milioni e non ci sarebbe stata la messa in prova. Evidentemente sua madre, dopo aver subito più volte coltellate alla schiena da parte del primogenito – come titolai nel mio libro Agnelli Coltelli – ha pensato bene di farlo rieducare attraverso una messa in prova sotto l’alto patronato della Procura di Torino, svuotandogli il portafoglio di 183 milioni, che per John Elkann sono comunque delle autentiche briciole.
Si è anche scritto che le famose firme olografe potrebbero essere state falsificate
Tutto quello che è accaduto ieri, dal punto di vista della notizia, della Procura che ha accettato la messa in prova, va letto interamente, perché riguarda anche il commercialista Ferrero. Il commercialista Ferrero ha una terza imputazione, e non si sa ancora se la Procura accetterà il patteggiamento. Vedremo se la Procura vorrà andare fino in fondo, e cosa succederà al notaio Morone, che ha curato i documenti riguardanti Dicembre inviati alla Camera di Commercio di Torino, la cui posizione rimane in piedi. Morone ha inviato documenti senza copia conforme all’originale, dichiarando di accettare copie mostrate da John Elkann. Come è possibile che un notaio faccia una cosa del genere? Cioè, non allega la copia conforme all’originale dichiarando e assumendosi la responsabilità. Ma dice “copia conforme al foglio che mi viene mostrato da John Elkann”. Siamo nella luna. Vedremo quindi anche cosa succederà al notaio Morone e qui capiremo se la Procura della Repubblica improvvisamente si è addolcita e diventata mansueta oppure se è successo qualcos’altro che noi non sappiamo e su cui possiamo solo fare ipotesi, non confermabili. Al momento a meno che tutto non esca nel processo civile. Si aprirà a Torino tra Margherita Agnelli e Gianerica e gli altri due figli, in cui la presidente della sezione del Tribunale Civile che guida quel procedimento ha accettato - e la decisione è stata confermata dalla Cassazione - di inglobare in quel procedimento civile tutti gli atti della Procura della Repubblica raccolti e trovati dalla Guardia di Finanza nel locale caldaie, nel computer di John Elkann e nei suoi telefoni, per dimostrare cosa hanno combinato e cosa c’è scritto, soprattutto in atti giudiziari, come la richiesta di sequestrare cautelativamente, alcuni mesi fa, 84 milioni di euro, intanto che loro decidevano di fare i conti con l’Agenzia delle Entrate. Vedremo in sede civile quando John Elkann verrà convocato per testimoniare. Qui la scampata è costata 183 milioni. Adesso vedremo cosa succederà della vicenda, che è la parte più importante e quella che sta più a cuore a John Elkann, perché ha evitato il processo e le dimissioni, ma difficilmente riuscirà a evitare di aprire il portafoglio e di pagare alla madre un congruo assegno, comprensivo della tassa dell’eredità di cui la madre ha diritto, in quanto cittadina italiana.
