Ma è la Francia o l'Italia? Viene il dubbio a leggere le notizie che arrivano da oltralpe. Dove, nell'arco degli ultimi due anni, si sono succeduti quattro diversi governi guidati da altrettanti primi ministri. La lista è abbastanza corposa: Elisabeth Borne si è dimessa nel gennaio 2024 dopo la crisi per la riforma sull'immigrazione; Gabriel Attal è caduto nel settembre 2024 perché privo di una maggioranza assoluta; Michel Barnier è stato sfiduciato dal parlamento nel dicembre 2024; stessa sorte è toccata a Francois Bayrou, scivolato su un piano di bilancio troppo austeritario. Emmanuel Macron dovrà adesso fare finta di nulla e, con il sorriso stampato in volto, cercare un nuovo primo ministro in grado di mettere d'accordo centristi, repubblicani e socialisti. La missione è delicatissima, quasi impossibile, perché in palio non c'è soltanto il presente della Francia ma anche (e soprattutto) il suo futuro. Il motivo è semplice: visto quanto accaduto di recente gli elettori francesi sono talmente incaz*ati che questa volta potrebbero davvero premiare un partito radicale. Consegnando così Parigi nelle mani della tecnodestra, quella che una volta si chiamava estrema destra ma che oggi va di moda definire così. Ci adeguiamo senza indugio.

Nel febbraio 2025 - e quindi sette mesi fa e non sette anni fa – eravamo gli unici a scrivere che non aveva più senso chiedersi se ma quando sarebbe arrivata da noi la tecnodestra di Elon Musk e Donald Trump (prima amici per la pelle, ora nemici e rivali). “L'esperimento, che ha già funzionato negli Usa è iniziato anche in Europa”, era la nostra valutazione. Facevamo anche una previsione precisa: il 2030. Succederà tutto, forse, entro questa data cruciale, dopo la conferma di Trump negli Usa (2028) e le prossime elezioni europee (2029). Siamo sempre più convinti, data l'incredibile instabilità della quale sta godendo l'Italia, che il governo di Giorgia Meloni fungerà da ponte tra Washington e la nuova Bruxelles tecnodestrocratica. Quello che sta accadendo in Francia potrebbe insomma essere l'inizio di un effetto domino dagli effetti continentali. Ma concentriamoci un attimo su Parigi: il moderatissimo Macron è schiacciato da un'economia a pezzi, dalle gravi tensioni sociali derivanti da un'immigrazione mal gestita e da una politica estera sempre meno digeribile per il francese medio. Il capo dell'Eliseo ha fin qui sbandierato lo spauracchio della Russia per spingere fortissimo sul riarmo europeo, sulla necessità di fornire più armi all'Ucraina e sull'obbligo morale di fermare Vladimir Putin anche a costo di mandare qualche militare al fronte. Ecco, questo giochino ha funzionato finché non è stato svelato lo stato dell'economia della Francia.

Ora che i francesi hanno capito che la grandeur del loro Paese era un'immagine filtrata dalla demagogia di media e politica, saranno caz*i amari per Macron e i partiti istituzionali. Prima o poi a Parigi si terranno altre elezioni presidenziali e a quel punto le preferenze del popolo saranno presumibilmente attratte dai vari Eric Zemmour e Marion Marechal, entrambi in forza a Reconquete!, o dalla sempreverde Marine Le Pen e dai suoi eredi politici (Marion è sua nipote ma i rapporti tra le due donne sono molto tesi). L'alternativa più fantascientifica? Un ex dirigente di aziende tecnologiche, tipo Thales, Dassault, Airbus, Atos o Orange, con visione fortemente nazionalista e con legami col mondo militare o dell’intelligence. Certo è che lo spostamento della Francia verso la tecnodestra innescherà una valanga che travolgerà anche la Germania del cancelliere Friedrich Merz, insediato da Afd, e il Regno Unito - che non è nell'Ue ma fa parte dell'Europa - incantato dal ritorno del populista Nigel Farage. Insomma, ecco il contorno abbozzato della nuova tecnodestra che si mangia l'Europa con l'Italia a fare da ponte istituzionale con Washington. Utopia? Molto dipenderà da cosa accadrà in Francia nei prossimi mesi. Occhi puntati sulla Tour Eiffel...
