La stretta di mano tra Putin e Trump ad Anchorage, in Alaska, di cui si è tanto parlato, ma non solo. Ogni singolo incontro diplomatico internazionale, in ultimo la parata militare in Cina, non è altro che uno sfoggio di potere. E il potere, a sua volta, è da sempre esibizione di una virilità ostentata. O, se vogliamo, di quella che oggi viene chiamata mascolinità tossica. C'è un aspetto interessante, però, quando osserviamo alcuni leader politici che incarnano l'immagine del maschio alfa. Virile, forte, dominante, ma anche contraddittorio. Basta guardare con attenzione i loro gesti pubblici per notare un paradosso. Putin, Xi Jinping o Modi spesso si abbracciano e si stringono lungo la mano. Persino, a volte, intrecciano le dita. Questi, per la nostra cultura occidentale, sono gesti intimi, quasi affettivi. In altre culture invece rappresentano fratellanza, alleanza, fiducia.

Ma al di là di queste differenze culturali, ciò che qui entra in gioco è un codice corporeo antico, in cui l'intero corpo del leader diventa simbolo della compattezza dei popoli che rappresenta. E questo linguaggio non verbale non si limita necessariamente ai soli gesti: lo vediamo anche altrove, a invadere tutta la scena comunicativa. Trump che si fa raffigurare come un supereroe invincibile, così come la recente mostra che presenta Salvini e Vannacci come eroi e gladiatori. Tutto è performance. Il corpo si trasforma in uno strumento politico, diventando un palcoscenico su cui mostrare potere, con la doppia funzione di rassicurare i propri sostenitori e di intimidire l'avversario.

Ma è qui che emerge la contraddizione più evidente. Da un lato molti di questi paesi o movimenti reprimono apertamente l'omosessualità. Dall'altro, i loro leader mettono in scena una fisicità o una teatralità virile, e spesso vengono ipermascolinizzati a un punto tale per cui l'eccesso finisce per farli apparire ammiccanti e persino seduttivi. E qui si apre la chiave psicologica. In politica non conta soltanto ciò che è coerente, ma ciò che resta impresso. Perché tutto ciò che fa parlare un leader, nel bene o nel male, diventa comunque segno di potenza e seduzione. Così un abbraccio, una mano intrecciata o un poster da supereroe non sono mai neutri, diventano strumenti. Il corpo, i gesti e le immagini non sono mai semplici dettagli, sono sempre politica, sempre potere, sempre narrazione di forza. E il potere, come diceva Foucault, passa anche attraverso la sfera dei discorsi sulla sessualità.

