C’è chi pensa che, di fronte a una critica pubblica, la reazione migliore sia quella di incassare. E poi c’è il mondo descritto da Mario Giordano nella sua rubrica su La Verità, quello dei potenti “sfasciacarrozze” raccontati nel libro Dynasty e nelle sue celebri “cartoline”. Un mondo dove la critica, anche ironica o documentata, è vissuta come un affronto personale, da affrontare non con argomenti ma con avvocati, intimazioni e richieste di censura. A innescare la risposta di oggi è la lettera di un lettore che racconta di aver letto con interesse Dynasty e di seguire con attenzione le “cartoline” che Giordano dedica di volta in volta a personaggi della politica, dell’economia e del potere mediatico. La domanda è: i destinatari si sentono colpiti nell’orgoglio e reagiscono? O, tutto sommato, pensano “l’importante è che si parli di me”? La replica del direttore, che su questo libro ha investito moltissimo, non si fa attendere: “Si arrabbiano, caro Massimo. Eccome se si arrabbiano”. Una rabbia che, secondo Giordano, non si limita a sfoghi privati: “Spesso, come è successo per il libro Dynasty, non solo lanciano pesanti intimidazioni giudiziarie ma chiedono addirittura il ritiro delle copie dalle librerie”. Il problema, sostiene, è che molti di questi personaggi sono “così disabituati a vedersi messi a nudo, così assuefatti alle piaggerie, alle smancerie e alle corti di giornalisti lacché” che basta un dubbio, sia esso fondato su documenti o espresso con sarcasmo, per farli “andare in sbattimento”.

E da lì parte una catena di reazioni: “Si infuriano. Si agitano. Cominciano a ragionare con i loro consulenti sui possibili retroscena, sulle possibili ritorsioni”. Non potendo smentire, “perché non c’è nulla da smentire e perché la smentita è una notizia data due volte”, ricorrono a ogni altro strumento disponibile per tentare di mettere pressione e zittire la voce scomoda. “Usano tutte le altre armi a disposizione” dice Giordano, lasciando intendere che le manovre dietro le quinte siano anche più insidiose delle azioni legali. Il giornalista non nasconde che proprio questo atteggiamento, invece di scoraggiarlo, lo spinga a continuare: “È per questo che dà soddisfazione continuare a punzecchiarli”. Ma aggiunge anche che, senza il sostegno dei lettori, il lavoro di chi vuole mantenere uno sguardo critico rischia di soccombere. “Abbiamo bisogno del sostegno continuo e convinto di tutti i lettori come lei. Perché siete voi che ci date la forza per non piegarci”. In fondo, Giordano lo sa bene: ogni “cartolina” che provoca un terremoto tra i destinatari è anche la conferma che la strada imboccata, quella di raccontare i comportamenti e le contraddizioni di certi “intoccabili”, non è solo giornalismo di opinione, ma un esercizio di resistenza contro la tendenza, sempre più diffusa, a voler controllare e filtrare ogni narrazione scomoda. Perché lo sappiamo, toccare Elkann, Benetton, De Benedetti e Del Vecchio è forse una delle operazioni più difficili che ci siano.
