Ha appena fatto la storia battendo tutti sull’erba più celebre del tennis mondiale. Ma adesso, per Jannik Sinner, la partita si sposta dal campo allo scacchiere fiscale europeo. A lanciargli la sfida, questa volta, non è un tennista ma un giornalista: Mario Giordano firma una lettera aperta destinata a far discutere, pubblicata su Panorama. Il tema? Il fisco italiano, il talento e la residenza fiscale di un atleta che, pur avendo messo il tricolore sul tetto di Wimbledon, vive a Montecarlo, come molti altri sportivi. “Sinner, dopo aver fatto sognare l’Italia, perché non decidere di pagarle anche le tasse?” Un attacco diretto, che mescola ammirazione sportiva e critica civile. “Lei è un fenomeno, su questo non ci piove. Ma sarebbe ancora più fenomenale se facesse una scelta controcorrente: restituire qualcosa a questo Paese, anche col portafoglio”, scrive Giordano. Il giornalista parte dal trionfo sportivo per arrivare a un punto dolente della società italiana: l'evasione fiscale e la fuga dei redditi all’estero. “Da quando abbiamo capito che lei è un campione, l’abbiamo eletta a simbolo dell’italianità. Anche se parla tedesco. Anche se vive a Montecarlo. Perché, mi creda, noi italiani siamo capaci di voler bene anche a chi ci lascia solo le briciole.” La residenza monegasca di Sinner è legale, come quella di molti altri tennisti e sportivi di alto profilo. Nel Principato, infatti, le persone fisiche non pagano imposte sul reddito. Giordano non lo contesta sul piano giuridico, ma su quello simbolico: “Wimbledon rimarrà negli annali dello sport. Ma se lei pagasse le tasse in Italia, resterebbe nei cuori come chi ha fatto qualcosa di straordinario anche fuori dal campo.” E ancora: “Diventare il numero uno del mondo è un’impresa. Ma diventare il primo sportivo di successo che decide di rimanere fedele anche fiscalmente all’Italia, questa sì che sarebbe una rivoluzione.”

Giordano non si tira indietro nemmeno sul terreno più concreto: quello dei numeri. “Solo per Wimbledon ha portato a casa 3,5 milioni di euro. E poi c’erano gli sponsor, ovunque guardassi vedevo la sua faccia”. Il riferimento è ai brand internazionali che ruotano attorno al fenomeno Sinner, dalle racchette alle auto di lusso. Al netto della tassazione britannica (36,5%), Sinner dovrebbe già versare parte dei suoi guadagni al Regno Unito. Ma, sottolinea Giordano, se fosse residente in Italia, “dovrebbe rientrare nello scaglione massimo dell’Irpef, al 43%. Altro che Montecarlo. In Italia resterebbero poco più di un terzo.” Tuttavia, la normativa italiana prevede regimi agevolati per gli sportivi che scelgono di rientrare nel Paese, con sconti fiscali rilevanti per i primi anni. Un’opzione che Giordano rilancia come possibile compromesso: “Non le chiediamo l’eroismo fiscale, solo un segnale. Una piccola rinuncia che però darebbe un enorme esempio. Perché non provarci?”

Il tono resta tagliente ma mai ostile. Giordano riconosce il valore sportivo di Sinner, ma lo incalza con una narrazione più profonda: quella del campione che può diventare anche simbolo civico. “Lei ha vinto tutto quello che c’era da vincere sul campo. Ma ora c’è una partita più difficile, meno celebrata, eppure decisiva: quella contro l’evasione e l’elusione. Una sfida in cui lei potrebbe essere il primo a fare il punto decisivo.” E conclude: “Ci pensi: dopo essere diventato Papa e Re del mondo, come potrà arrivare ancora più in alto? Solo in un modo: diventando il Principe dei Contribuenti. E cambiando davvero la storia dell’Italia, non solo quella del tennis.” Il caso Sinner, senza che il tennista abbia mai parlato esplicitamente della questione fiscale, diventa così un simbolo più ampio. In gioco non c’è solo il singolo contribuente, ma l’immagine di un sistema-Paese che non riesce a trattenere i suoi migliori talenti non solo nel campo sportivo, ma anche in quello fiscale. Eppure un'opportunità esiste: la normativa italiana prevede agevolazioni per gli sportivi professionisti che rientrano in Italia, soprattutto nei primi anni. Non si tratterebbe di un gesto completamente altruista, ma certo, in termini d’immagine, avrebbe un peso enorme. Il campione di Wimbledon può continuare a ispirare milioni di giovani italiani con la sua etica del lavoro, la dedizione e il talento. Ma la domanda sollevata – provocatoriamente – da Giordano resta aperta: esiste anche un eroismo fiscale? In un Paese dove il carico fiscale è spesso percepito come insostenibile, e dove il dibattito su elusione ed equità è quotidiano, il gesto di un simbolo sportivo potrebbe risuonare ben oltre i campi da tennis. Ma la scelta, come sempre, è personale. E nessun diritto di replica, fiscale o morale, può costringere un campione a diventare, suo malgrado, anche un testimonial del Fisco.