Ci sono sport che vivono di epica e sport che si nutrono di melodramma. Poi c’è il tennis, che nelle ultime stagioni sembra aver deciso di frequentare con uguale entusiasmo entrambi i generi, riscrivendo la propria sceneggiatura con colpi di scena degni di un prime time su Canale 5. Jannik Sinner, con la sua aria da cherubino alpino, si ritrova oggi protagonista di una trama che fa concorrenza a Temptation Island: ex che tornano, vecchi amori professionali che non muoiono mai, fiducia tradita e riabilitata, sentimenti (e muscoli) in sospeso.
È il ritorno di Umberto Ferrara a fare notizia. L’ex preparatore atletico, licenziato appena un anno fa dopo il celebre caso Clostebol, torna ora a prendersi cura del corpo – e forse dell’anima – del re del ranking mondiale. Un ritorno che profuma di sequel e di quella raffinata nostalgia che solo chi ha molto da perdere può permettersi. Come nei reality d’amore più seguiti, le scelte di Sinner sembrano dettate da una sceneggiatura dove nulla è definitivo e ogni porta può riaprirsi, anche quelle sbarrate da tripli mandati di diffidenza.

Per chi avesse perso le puntate precedenti: il preparatore Ferrara e il fisioterapista Naldi, compagni di viaggio nei giorni d’oro e d’ombra di Sinner, erano stati allontanati in modo netto dopo il caso di contaminazione da Clostebol, che aveva tenuto in ostaggio non solo il talento ma anche l’immagine del ragazzo d’oro del tennis italiano. “Ferrara e Naldi sono stati una grossa parte per la mia carriera”, aveva detto Jannik, ma “non mi sento più tranquillo a continuare con loro. Ho bisogno di aria pulita”. Clean air, letterale. La ferita, come sempre accade quando la fiducia si spezza, sembrava insanabile.
E invece, neanche un anno dopo, ecco la ricomposizione: mentre Panichi, l’altro preparatore transitato nel team Sinner (dopo essere stato con Djokovic), si accasa altrove (con l’ancor più nordico Rune), e mentre Ferrara aveva già dato una mano a Berrettini, il cerchio si chiude (o forse si riapre) nel modo più spiazzante. Sinner, campione di quattro Slam e sempre più recluso in una sua personale bolla impermeabile agli opinionismi altrui, fa una scelta che pare più umana che sportiva: torna da chi, malgrado tutto, sapeva evidentemente come prenderlo, letteralmente e metaforicamente.

Il tennis, come Temptation Island, è fatto a quanto pare di tentazioni e di ritorni, di ex che non restano ex, di addii e poi rimpianti. Perché scegliere proprio Ferrara, dopo tutto? Perché rimettere in campo una fiducia infranta davanti al mondo? L’aria pulita, ci viene da pensare, non si trova nei curriculum ma negli sguardi che conoscono il tuo passato senza giudicarlo. E se a Cincinnati torneranno a parlare solo della coppia Sinner-Ferrara, pazienza: la vera partita si gioca anche fuori dal campo, dove a vincere non è chi commette meno errori, ma chi sa tornare sui propri passi quando serve (o crede che gli serva).
La scelta di Sinner – che come tutte le altre, non deve per forza essere irreversibile, perché in questo il tennis è meno irreparabile della vita, amorosa e non – è una scommessa, sul passato, sul futuro, e su sé stesso, nel microcosmo dei professionisti che vanno e vengono, in un ambiente dove ogni scelta pesa come una seconda di servizio sul match point altrui.