Jannik Sinner ha provato a dissimulare, ha provato a dire che non ci fosse nulla di strano dietro l’addio dei due membri del suo staff, il preparatore atletico Marco Panichi e il fisioterapista Ulises Badio, dopo appena nove mesi di contratto: “Era una cosa già decisa da tempo. Finora mi sono sempre trovato bene e abbiamo fatto grandi cose, ma ho voluto fare qualcosa di differente e ora sono curioso di sapere cosa accadrà a Londra nelle prossime due settimane. Non c'è una ragione specifica e vi posso assicurare che non è accaduto nulla di eclatante. Credo ci siano solo dei momenti in cui si deve fare qualcosa di diverso ma finora mi ero trovato bene, anche la finale centrata al Roland Garros è stato un grande obiettivo al di là di come è andata. Ho deciso di cambiare dopo Halle”. Eppure le cose, secondo quando ci risulta, non stanno esattamente così. Sappiamo bene quanto sia elevato il grado di riservatezza del nostro numero uno al mondo. Poche foto, dichiarazione mai fuori posto, aplomb impeccabile. Tutto ciò si può tradurre in una sorta di “codice Sinner” esteso anche a chi lavora con lui. Un codice non scritto ma che è necessario rispettare per poter performare agli alti livelli che lui richiede in primis a sé stesso. In breve: non esporsi se non è strettamente necessario.

Ed è proprio lì che sarebbe arrivata la frattura con Panichi e Badio: si sarebbero presi qualche libertà di troppo, soprattutto nel rilasciare dichiarazioni sull’andamento degli allenamenti del loro assistito. Un protagonismo non gradito, non perché questo rischi di oscurare Jannik, ma perché non rientra nella strategia mediatica scelta dall’azzurro. Una strategia quasi caratteriale, nulla di strategico quanto, invece, una scelta affine al carattere e alla discrezione che per lui sono una sorta di mantra per proteggersi da occhi e voci indiscrete che, fin dall’inizio, purtroppo, lo hanno infastidito. Qualcuno si chiederà come mai allora Vagnozzi e Cahill hanno il “via libera” si tratta, nel loro caso, di una situazione è totalmente diversa, perché loro, in quanto figure apicali dello staff, devono garantire una copertura mediatica in merito alla condizione fisica di Jannik, spiegare i progressi, aggiornare la stampa sul percorso tecnico. Due persone che lui rispetta profondamente, con cui ha instaurato un legame solidissimo e che dall’inizio hanno capito chi è l’uomo dietro il campione.

A Wimbledon, oggi, accanto a Jannik è apparso un volto noto: Riccardo Ceccarelli, medico dello sport e fondatore di Formula Medicine, da sempre al fianco degli atleti chiamati ad affrontare sfide di altissimo livello. E in questo caso, il livello si chiama Wimbledon. Escludiamo che resti mentre le ricerche sul prossimo preparatore (forse già giunte al termine) avanzano? Il dottor Ceccarelli non è un volto nuovo nel mondo di Sinner: collabora con lui dal 2020, ma mai come ora la sua presenza è diventata centrale. Perché Sinner ha ribadito che “la parte mentale è la più importante per un tennista”. E chi meglio di Ceccarelli può guidarlo in questo snodo? Toscano, classe 1959, ha costruito un impero silenzioso sul benessere mentale degli atleti. Con il suo centro Formula Medicine, nato a Viareggio e diventato punto di riferimento per la Formula 1 e la MotoGP, ha lavorato con le leggende dello sport mondiale. A cominciare da Ayrton Senna, con cui iniziò una lunga collaborazione tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90, fino a Max Verstappen, Fernando Alonso, e una sfilza di campioni delle due e quattro ruote. L'obiettivo del Dottor Ceccarelli è sempre stato preciso: allenare il cervello, prima ancora dei muscoli. Imparare a gestire la pressione. Per Jannik Wimbledon è la prova regina. La prova per mettersi alle spalle l’incubo di Parigi. La prova per dire di esserci, di non essersene mai andato.