Eh ma non ci sono più i piloti di una volta e le corse, adesso, sono solo l’estremizzazione di uno sport che prima era, invece, espressione di una passione! Quante volte l’abbiamo sentita una lamentela così? Praticamente sempre. O, comunque, ogni volta che c’è scappato il paragone tra quelli che corrono oggi e quelli che correvano ieri, tra i protagonisti di questa MotoGP e quelli del Motomondiale che è stato. E quasi i sempre i soliti nostalgici passatisti tirano fuori anche una motivazione in più: prima erano motociclisti veri, adesso sono solo piloti. Quasi a spiegare che in passato la passione vera era la moto, mentre ora è la mera competizione e che chi aveva scoperto di avere un particolare talento sull’asfalto di qualche stradina di campagna si portava dietro più valore di quanto possano portarsene adesso quelli che invece sono cresciuti sulle minimoto e da subito tra i cordoli. I piloti di oggi, è un’altra delle solite frasi che si sentono, non vanno mai in moto in strada se non per qualche evento promozionale e giusto per il breve tempo di uno shooting e qualche video.

Però tenetevi forte: non è vero! Ci vanno e ce ne è qualcuno che dalla motocicletta non scenderebbe mai. Uno di questi è Marco Bezzecchi: il futuro, ma come quelli di una volta. S’è capito anche ieri, a Misano Adriatico, durante il ProDay organizzato dal patron di VMoto, con il Bez che s’è presentato in pista a sorpresa e, come un amatore qualsiasi, s’è messo lì a firmare le liberatorie e tutte le scartoffie che servivano per essere della partita. Con lui anche Lorenzo Savadori e, manco a dirlo, quel Massimo Rivola che quando c’è la possibilità di spararsi due curve tra i cordoli non perde mai occasione. “Sono contento che siano arrivati Lorenzo e il Bez – ha scherzato – mi farò dare due dritte, ma la mia moto va più forte della loro, quindi sono avvisati”. In effetti l’eXtrema (one off MR72) del boss di Aprilia sembra una MotoGP vera al cospetto delle due RSV4 di Bezzecchi e Savadori, solo che la moto non basta e è facile immaginare come sia andata in realtà. “Qualche consiglio – ha tagliato corto Rivola – me l’hanno dato, ma li ho visti veramente poco”. Li ha visti, e tanto, invece, nel box, nei momenti di pausa tra un turno e l’altro, non come il capo con i suoi dipendenti, ma come un appassionato con altri due appassionati che hanno approfittato di una possibilità di girare in pista. Sì, perché il Bez a Misano non aveva alcun impegno preso, ma solo voglia di andare a girare. Tanto che lo ha fatto tutto il giorno, come un forsennato, senza togliersi la tuta nemmeno per andare a pranzo al self service, vassoio in mano e sparecchiatura fai da te, come un amatore qualsiasi, ma con Marco Venturato lì a fianco sempre, perché ok divertirsi e godersela, ma già che ci si è vale la pena pure approfittare per allenarsi, crescere e migliorare.

Attenzione, sembra niente, ma c’è potenza vera. E poi è bastato osservare per accorgersi che s’è pure tenuto un po’ in disparte. Non per fare la star – visto che comunque ha firmato autografi e fatto foto con chiunque e senza negarsi mai – ma come uno che ha quasi quella timidezza, quella sensibilità e quella delicatezza di non voler rovinare la festa o togliere la scena in una festa che era di altri, con altri ospiti e alla quale lui s’è solo (sia perdonato il termine) “imbucato”. Allenarsi, godersi la moto in mezzo ai campioni di una volta, guardare le due tempi nei vari box come si guardano da ragazzini i calendari nelle officine dei gommisti e viversela così alla pane e salame, portandosi negli occhi quasi la gratitudine (e non certo il fastidio) di una giornata così che è capitata per caso. Tanto che chi era lì come giornalista non se l’è sentita nemmeno di andare a rompergli le palle per qualche domanda: troppo bello da osservare e basta.
A proposito di giornalisti, Diego Armando Maradona in una vecchia intervista raccontava di avere un modo suo per capire quali giornalisti gli piacessero e quali no. Durante l’allenamento calciava sempre un pallone verso i reporter e i cronisti che erano assiepati fuori dal campo, facendo finta di aver sbagliato e chiedendo che la palla gli venisse restituita. “Quelli che me la ridavano con le mani automaticamente mi diventavano antipatici, quelli che, invece, me la restituivano con i piedi mi piacevano, perché se l’istinto che hai è quello di calciare un pallone, allora vuol dire che il calcio lo ami davvero”. Ecco, a questa genialata di Maradona è venuto da pensarci ieri alla fine di una giornata in cui il Bez non s’è fermato praticamente mai con la moto in pista e poi, dopo essere salito sul furgone a cambiarsi come un appassionato qualsiasi dopo una giornata in pista, è rientrato nel box in braghe corte e la maglietta VR46 del Tavullia col numero 72, ha ripreso in mano il casco, s'è messo sulle spalle uno zainetto, ha salutato tutti come uno che sta lì per chiedere autografi e, poi, è salito su una Tuono V4 per tornarsene a casa. Sì, come uno che restituisce il pallone con i piedi. Come uno che sopra le motociclette ci dormirebbe pure. “E’ quella che Aprilia ha personalizzato per me e mi ha regalato qualche giorno fa a Misano. Bella, è? – ha detto il Bez a alcuni ragazzi che gli si erano avvicinati – Finalmente me l’hanno consegnata e ora me la godo fino a casa”. L’autista o il fedele scudiero che guida la macchina è roba che appartiene a altri, così come le supercar con cui evidenziare differenze: semplice come quelli speciali veramente.
