Certe storie, come i grandi amori, non finiscono: fanno giri immensi e poi ritornano. Ma nel tennis di Jannik Sinner, a tornare (dopo un giorno non proprio immenso) non è solo il preparatore atletico Umberto Ferrara, è l’intera nube radioattiva di un sospetto che, più che dissolversi, sembra mutare forma. Un’ombra lunga, quella del Clostebol, che si allunga ora come una sera estiva sulle ambizioni del campione e sulle vite, apparentemente separate, di chi quella storia l’ha vissuta in prima persona e ora resta sospeso nel limbo del “quando sarà il momento opportuno”.
Jannik Sinner, si sa, non è tipo da retrocedere davanti agli ostacoli, nemmeno davanti alle polemiche. Con Ferrara, di nuovo al suo fianco – quello che, nelle parole dello stesso Sinner, è stato “così bravo che lo odio!” – si ricompone la vecchia coppia che tanto aveva fatto discutere. E intanto, tra la stampa estera che rinfocola i sospetti e le solite, velenose, frecciate di Kyrgios, si torna a parlare di tutto ciò che non è stato ancora detto.
Il ritorno di Ferrara non è solo una scelta tecnica, ma anche, inevitabilmente, una presa di posizione narrativa: “Umberto ha giocato un ruolo importante nello sviluppo di Jannik, e il suo ritorno riflette una rinnovata attenzione alla continuità e alle prestazioni ai massimi livelli”, dicono dalla galassia Sinner. Ma la retorica della performance, in queste settimane, interessa meno delle cicatrici – personali e pubbliche – lasciate dal caso Clostebol. Quella storia che, per la cronaca, non aveva “colpevoli” nel senso proprio del termine ma solo un tennista considerato “negligente”, costretto a pagare tre mesi di stop per non aver saputo vigilare a sufficienza sui suoi uomini. E quegli uomini, oggi, sono tornati protagonisti. O bersagli.

Se Ferrara torna nell’empireo delle palestre blindate e dei tramonti sui campi monegaschi, Giacomo Naldi, ex fisioterapista, resta il grande assente/presente della vicenda. Raggiunto in vacanza da Repubblica, si dice lapidario: “Ecco, ci risiamo. Ora ricomincia l’incubo, come nell’estate scorsa”. Il cellulare esplode di notifiche, le voci si accavallano, ma Naldi resta saldo nella sua scelta di silenzio: “È una storia che mi ha amareggiato troppo, ha danneggiato la mia immagine. Quando sarà il momento opportuno parleremo di tutto con calma”. La precisione della lingua non lascia spazio ai fraintendimenti: parleremo. Futuro. Rimando. Una porta socchiusa su una verità (o una versione dei fatti) che forse nessuno ha ancora davvero sentito.

Il passato pesa, soprattutto se si chiama Clostebol e si consuma tra beauty case e massaggi a mani nude. Le versioni divergono, le responsabilità si intrecciano: “Gliene ho solo consigliato l’uso, spiegandogli che non doveva assolutamente entrare in contatto con Jannik”, la versione ufficiale di Ferrara sulla pomata poi utilizzata dal fisioterapista che indirettamente avrebbe poi “contagiato” Sinner. Naldi secondo Repubblica avrebbe definito quella testimonianza “penosa”. La realtà, come sempre, si fa opaca: errori, leggerezze, negligenze, ma nessun dolo. Eppure, nella sottile distanza tra “non commento” e “ne parleremo”, si insinua il dubbio più velenoso di tutti: c’è ancora qualcosa da raccontare? E chi avrà il coraggio – o la necessità, o la voglia di rivalsa – di farlo per primo?
Nel frattempo, il tennis va avanti. Sinner si allena, Ferrara torna a essere il “torturatore” di fiducia, Kyrgios gioca la sua solita partita tra tweet e provocazioni. visto che ormai il campo con lui è impietoso.