Sono usciti questa mattina i dati finanziari preliminari di Stellantis relativi al primo semestre 2025. Risultato? Un disastro; anche se si tenta di contenere il danno con la scusa che ce lo si poteva anche aspettare e ci si giustifica adducendo contingenze straordinarie, tensioni geopolitiche, difficoltà normative. Insomma, il gruppo di John Elkann in Borsa perde il 3% a 7,67 euro, l’equivalente di 2,3 miliardi, a fronte di ricavi netti per 74,3 miliardi e un utile operativo rettificato ridotto a 0,5 miliardi. Ad aver pesato sui conti ci sono soprattutto oneri straordinari per 3,3 miliardi di euro (lordi), dovuti a cancellazioni di programmi, svalutazioni di piattaforme, costi di ristrutturazione e all’impatto dell’abolizione della sanzione Cafe negli Stati Uniti (si tratta di requisiti per la Corporate average fuel economy, relativi al risparmio di carburante e riguardano il mancato rispetto dei limiti di emissione e di efficienza del carburante stabiliti dalla normativa americana). A questo si somma anche un primo impatto legato ai dazi introdotti dall’amministrazione guidata dall’inquilino della Cas Bianca, Donald Trump, che secondo Stellantis hanno pesato per circa 300 milioni di euro, tra costi aggiuntivi e perdita di produzione già programmata.

Nel secondo trimestre il gruppo ha consegnato solo 1,4 milioni di veicoli, un numero in calo del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il crollo più pesante, guarda caso, proprio negli Stati Uniti, dove le vetture consegnate sono state meno di 110.000 (-25%), anche se i marchi più redditizi, come Jeep, hanno registrato un aumento complessivo del 13%. Nell’ambito europeo le cifre sono un po’ più contenute: consegne diminuite di 50.000 unità (-6%) a causa della transizione su alcuni modelli, come la Fiat 500 a benzina , in attesa della versione mild-hybrid, e del lancio graduale dei nuovi modelli basati sulla piattaforma Smart Car. Proprio questi ultimi (Citroën C3 e C3 Aircross, e Fiat Grande Panda) hanno però registrato un aumento del 45% nelle consegne rispetto al trimestre precedente. L’unica area commerciale in cui i dati sono invece in crescita riguarda tutto ciò che esula dall’asse euro-statunitense. Il resto del mondo, sostanzialmente vede un aumento del 22% sulle consegne, con poco più di 70.000 veicoli in più rispetto all’anno scorso. In particolare, il Medio Oriente e l’Africa registrano un aumento del 30% (trainati da Turchia, Egitto, Algeria e Marocco), mentre il Sud America cresce del 20%, grazie soprattutto a Brasile e Argentina, dove il gruppo mantiene la leadership di mercato.

L’azienda si difende parlando di questa prima parte dell’anno come di una «fase iniziale di implementazione delle misure per il miglioramento della redditività» e si attende di vedere benefici significativi tra luglio e dicembre che la prima parte dell’anno ha rappresentato una fase iniziale di implementazione , con benefici significativi attesi per il secondo semestre 2025 grazie all’entrata a pieno regime dei nuovi modelli. Si tratta ancora, ricorda l’azienda, di dati preliminari; quelli definitivi saranno resi noti il 29 luglio dall’amministratore delegato del gruppo, Antonio Filosa, e dal direttore finanziario Doug Ostermann.
