Sionisti di merda. Ieri sera, ero sul divano, quando ho cominciato a vedere sulle stories di Instagram la faccia pesta e insanguinata di Chef Rubio. Sulle prime non ho capito che fosse lui, tanto era sformato dalle mazzate prese, il sangue che sgorgava come acqua di un ruscello di montagna dalla fronte. Poi ho prestato attenzione, e ho saputo che Chef Rubio, sua la faccia, suoi gli occhi neri, il labbro spaccato, il cranio rotto, aveva subito un agguato da parte di un gruppo di sionisti, cinque contro uno, mentre tornava a casa dalla madre a Frosinone.
Si può dire “Sionisti di merda” senza essere indicato come un affiliato di Hamas?
Sionisti di merda, ho pensato, continuando a vedere quel video condiviso dalla mia bolla social, tutta solidale nei suoi confronti. Sionisti di merda, ho pensato, è il modo in cui dovrebbe attaccare un pezzo che racconta la vicenda, un incipit decisamente provocatorio, a effetto. Perché quando cinque persone attaccano una sola persona questo sono, delle merde. Le posizioni pro-Palestina di Chef Rubio, spesso decisamente veemente nel portarle avanti, motivo per cui il nostro è abbastanza sparito dai radar, saranno indubbiamente state la causa di quell’attacco infame, squadrista, violento.
Poi mi sono fermato a riflettere.
Si può dire “Sionisti di merda” senza essere accusati di antisemitismo, oggi, in Italia?
Oppure, si può dire “Sionisti di merda” senza essere indicato come un affiliato di Hamas?
Certo, uno potrebbe anche chiedersi, “è necessario iniziare un pezzo che racconta un’aggressione squadrista in quel modo?”.
Ora, fatta la tara che questo non è un pezzo di cronaca, non sono un cronista io, e che quindi dovendo commentare mi è lasciata la libertà di fregarmene delle regole base del giornalismo, che parte dai fatti e solo quelli racconta, direi che abbiamo un problema serio. Anzi due.
Avere delle idee, e esprimerle con veemenza, può portare a una spedizione punitiva
Perché l’aggressione di Chef Rubio, all’anagrafe Gabriele Rubini, da parte di cinque sionisti, lui parla di “terroristi sionisti” è qualcosa che dovrebbe indurre tutti a solidarizzare con lui, anche coloro che non la pensano come lui, ma il fatto che nel denunciarla abbia parlato di sionismo, e che lo abbia accostato al terrorismo, usando anche il termine squadraccia, ha immediatamente fatto alzare le barriere frangiflutti, o con lui o contro di lui.
A prescindere che questo è un caso specifico, non certo un ragionamento sulla situazione mediorientale.
Allora, provo a fare un ragionamento.
Seguitemi.
Sono un grande appassionato di serie tv. Lo sono da quando le serie tv si chiamavano telefilm, sono un uomo del Novecento.
Quella che per anni ho ritenuto la mia preferita in assoluto è stata la rivoluzionaria E.R.- Medici in prima linea, una serie che vedeva insieme gente come Michael Crichton e Steven Spielberg, non esattamente due di passaggio.
Nella serie, raccontata con una velocità inconsueta all’epoca, almeno tre trame a ogni puntata, trame orizzontali che si sviluppavano durante l’intera stagione, a volte l’intera serie, una velocità di ripresa e d’azione quasi da giramento di testa, c’erano un fottio di personaggi, tutti più o meno protagonisti. In questa originalità di sviluppo delle storie, però, c’erano anche dei caratteri, dei personaggi, che rispondevano alle classiche aspettative degli spettatori, abituati fino a quel punto al bianco e al nero, nel senso di buoni e cattivi. La cattiva, e arrivo a Chef Rubio e ai sionisti di merda che lo hanno mazzulato, era una dottoressa di nome Kerry Weaver. Le caratteristiche primarie del personaggio erano, almeno nelle prime stagioni, poi il personaggio cambierà pelle e diventerà uno dei buoni, stronzaggine assoluta, unita a una competenza estrema, era primaria del Pronto Soccorso di Chicago nel quale si svolge la serie. Poi, en passant, era anche lesbica e zoppa (avrei dovuto dire disabile, ma stiamo giocando sul filo del politicamente corretto, qui, si sarà intuito).
Ora, pensateci. Negli anni Novanta, cioè prima che a Tiziano Ferro qualcuno consigliasse, forse, di non dire che era gay perché avrebbe perso il suo pubblico, mentre nelle nostre serie Tv, era il momento del Commesse con Nancy Brilli e Sabrina Ferilli, il gay era rappresentato come “sensibile e tanto benvoluto dalle donne”, una serie tv americana proponeva un personaggio cattivo, stronzo, repellente, che era anche lesbica e zoppa.
Da noi una cosa del genere non sarebbe possibile neanche oggi, perché tendiamo a avere la coda di paglia, e siccome fondamentalmente pensiamo che una lesbica sia una lesbica, quindi qualcuna cui guardare con sospetto, forse anche con un po’ di ribrezzo, non avremmo mai il coraggio di farle indossare i panni del cattivo, sia mai che qualcuno ci accusi di omofobia. Idem per la disabilità.
Chiaro che se uno avesse dovuto descrivere Kerry Weaver e avesse detto “questa lesbica di merda” o “questa zoppa di merda” avrebbe dato una valenza omofoba o abilista alla cosa, perché le due cose, orientamento sessuale e disabilità non erano strettamente legate al suo atteggiamento da stronza (magari sì, ma lì scivoliamo nel campo dello psicologismo). Qui la faccenda è diversa.
Veniamo infatti a noi.
Se io avessi detto un “sionisti di merda” così, gratis, qualcuno avrebbe potuto accusarmi di antisemitismo. Sbagliando, certo, perché sionismo e ebraismo non sono la medesima cosa, ma comunque magari azzeccandoci pure, un po’.
I Sionisti sono coloro che ritengono che bene abbiano fatto gli ebrei a tornare a Israele e fondare il loro stato, gli antisionisti no. Poi che ci siano antisionisti che ritengano che non abbiano fatto bene perché sono ebrei, quindi partendo da un preconcetto, un pregiudizio, o anche un giudizio che però poggia su una appartenenza religiosa e etnica, è altra faccenda.
Stanti così le cose dire “sionisti di merda” dovrebbe essere impossibile per chiunque.
Ma io non ho fatto un proclama o una esclamazione generica, io sono partito da “sionisti di merda” per parlare di cinque sionisti che, tagliati i fili e la recinzione di casa della madre di Chef Rubio, nel frusinate, lo hanno aggredito, gonfiandolo come una zampogna. Quelli sono sionisti di merda. A questo punto qualcuno potrebbe dire, beh, ma perché chiamarli sionisti e non, che so, criminali, stigmatizzando il gesto quanto la mia esclamazione.
E torniamo a noi, e a Kerry Weaver. Ho detto e ripeto “sionisti di merda” perché il motivo per cui Chef Rubio è stato aggredito da quella squadraccia, in quella maniera da squadraccia, cinque contro uno, di notte, al buio, è che sono sionisti, e lui, Chef Rubio, è dichiaratamente antisionista. Quindi è stato aggredito per una questione che col sionismo è attinente, da gente che è qualificata e qualificabile come sionista.
L’accento lì è ovviamente sulla parola sionista, appunto perché da lì parte il tutto, ma è su quel “di merda” che verte l’insulto, la parte nella quale io mi schiero in sua solidarietà, con fare veemente, come un pestaggio squadrista credo richieda.
Avessi detto solo “Questi sionisti” avrei lasciato che ognuno desse al termine sionista il peso che vuole, volendo anche uno negativo. Avessi detto solo “queste merde” avrei spogliato il mio incipit della giusta mira, perché quelli erano sionisti, stando almeno alle dichiarazioni di Chef Rubio, e di merda.
Quindi abbiamo un problema con la lingua, è chiaro.
E abbiamo un problema di violenza, che avanza e si espande.
Perché se siamo rimasti sconvolti dalla storia degli ultras del Milan che (forse sono stati loro) hanno pestato il tizio con cui aveva scazzato Fedez, a Milano, e se Milano è ormai diventata una sorta di Gotham City dove tutto sembra plausibile, al punto che basta che Rovazzi finga di esser stato derubato da ricevere neanche troppo velate minacce da parte di Sala e dell’assessore Maran, lì a dire che potrebbe scapparci una querela per “danno di immagine”, pur non avendo detto Rovazzi di essere nel capoluogo lombardo, né avendo fatto capire di essere lì, qui siamo a Frosinone, luogo per altro dove, almeno una settantina di anni fa, essere ebreo sarebbe equivalso a finire su un treno diretto in un campo di concentramento, con buona probabilità, e la violenza c’è stata e c’è stata eccome.
Infatti, a fianco alle mie paure, si fa per dire, di essere frainteso, pronto a esibire frasi come “ho portato mia figlia a Auschwitz il giorno del suo diciottesimo compleanno, non scherziamo”, ci sono le paure di rappresaglia. Non è che per aver iniziato un pezzo così ora mi troverò una squadraccia sionista sottocasa, pronta a farmi il culo?
Ora, specificato che per sionisti di merda intendevo quei sionisti di merda lì, quella squadraccia, non i sionisti tutti, potrei ora soffermarmi a dire che sì, penso che Israele stia compiendo un genocidio, e che sì, credo che Netanyahu vada fermato con la forza, esattamente come Hamas. Non sono antisionista, ma è indubbio che in questa storia c’è chi è dalla parte del torto.
Solo che qui si parlava d’altro, si parlava di come avere delle idee, e esprimerle anche con veemenza porti a una spedizione punitiva, né più né meno di quelle che un tempo caratterizzavano le squadracce fasciste, abito a due passi dal murales che ricorda dove sono morti Fausto e Iaio, sarò forse troppo sensibile alla cosa.
Chi in queste ore puntualizza, circostanzia troppo, non si schiera ci sta dicendo chiaramente da che parte sta, io, personalmente, da quella di Chef Rubio, sionisti di merda.