È passato quasi un ventennio dall’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, ma ogni tanto qualcuno scoperchia di nuovo il vaso. Stavolta tocca a Massimo Lovati, uno dei due avvocati di Andrea Sempio – l’altro è Angela Taccia, quella del post su Instagram con “guerra dura senza paura” alla procura – che, intervistato da Repubblica, racconta la sua teoria. O, come dice lui, “un sogno”. Ma un sogno che tira in ballo la Chiesa. E pure Alberto Stasi. Lovati parte da un luogo: il Santuario della Madonna della Bozzola, a due passi da Garlasco. Un edificio antico, costruito dove nel 1462 una ragazzina avrebbe visto apparire la Vergine con un bambino. Fin qui tutto normale. Il problema è quello che succede secoli dopo. Nel 2014, sette anni dopo la morte di Chiara, un carabiniere travestito da prete registra un’estorsione. Due romeni tentano di ricattare il promotore di giustizia del Vaticano con un audio: si sente la voce del rettore del Santuario, don Gregorio Vitali, in atti sessuali compromettenti. Don Vitali, che era anche esorcista e fondatore di comunità di recupero, ammette “un solo rapporto, per debolezza”. La Chiesa lo punisce, i due ricattatori vengono condannati. Lovati collega. E azzarda: “Il Santuario era un posto ai margini, dove ogni mercoledì si facevano esorcismi. Poi sono emersi fatti di pedofilia”. Aggiunge: “Non parlo di messe nere lì dentro, forse lì vicino”. Insiste che non ha prove. Ma ci crede. “È un sogno”, ripete.


Secondo lui, Chiara Poggi non è stata uccisa da Alberto Stasi. O almeno, non per volontà sua. “Ha raccontato troppe bugie sulla scoperta del corpo. Quando menti così tanto, è perché ti hanno imbeccato”. Per Lovati, Stasi si sarebbe fatto condannare per coprire qualcun altro. “L’alternativa era finire sottoterra”. Vittima di più mandanti. “Mi segue?”, chiede all’intervistatore. E chi sarebbero questi mandanti? Lovati non fa nomi, ma li chiama “in bianco”. Quando gli chiedono se intende dire la Chiesa, lui non si tira indietro: “Esatto. Ma è solo un mio sogno. Guardi cosa è successo con Emanuela Orlandi”. E giura di non voler lanciare messaggi alla famiglia Cappa, quella delle gemelle Paola e Stefania, mai coinvolte nelle indagini ma tirate spesso in ballo dal circo mediatico: “Per carità. Non so nemmeno che colore abbia quella famiglia”. Lovati parla anche della figura del killer. “Il sicario è una figura classica nella criminologia. I professionisti sanno come depistare. Non li prendiamo mai. Ricorda Trotzky?”. Sì, quello ucciso nel ’40 in Messico da un agente sovietico con una piccozza da ghiaccio. A buon intenditor. E Andrea Sempio, il suo assistito? “Non sa niente di questa teoria. Non ne abbiamo mai parlato. Non c’entra con l’ambiente degli oratori. È un comunista. Un disadattato. Ma è sereno, come tutti gli innocenti”. Poi chiude con la frase più onesta di tutta l’intervista: “Non ho nulla per dimostrarlo. È materiale, forse, per un romanzo. Chissà, potrei scriverlo”. Magari un giallo esoterico con preti, segreti e silenzi sepolti nella provincia pavese.

