“C’è davvero un innocente in carcere?”. Inizia così il punto sul delitto di Garlasco della criminologa Roberta Bruzzone, che nella sua rubrica settimanale su Giallo racconta “le novità sui fatti più scottanti della cronaca”. “Nei giorni scorsi è rimbalzata la notizia dell’apertura di un’inchiesta bis (in realtà sarebbe la terza) sul delitto di Garlasco. Al centro delle indagini c’è Andrea Sempio, un ragazzo che all’epoca dei fatti frequentava con assiduità la casa di Chiara Poggi perché era uno dei migliori amici del fratello Marco”. Bruzzone ha poi ricostruito tutti i momenti dell’indagine, dal 2007 a oggi, concentrandosi in particolare sui profili genetici. "Oggi, però, a ritenere quel Dna comparabile è proprio la Procura di Pavia. Tuttavia, è bene ricordarlo, all'epoca della perizia genetica vennero effettuate sul medesimo campione tre ripetizioni in laboratorio, che avevano portato a tre risultati diversi". Questo, come ha spiegato Bruzzone, rendeva "impossibile qualunque confronto, secondo quanto stabilito all'epoca". Per la criminologa quello che si prospetta potrebbe essere “l’ennesimo scontro tra consulenti su un dato che ha subito sorti e valutazioni alterne e che non promette nulla di buono nemmeno oggi”.

Da Garlasco a Perugia, Roberta Bruzzone nella sua rubrica si è poi concentrata su Andrea Prospero, ragazzo di 19 anni trovato morto in circostanze misteriose, su cui ci sarebbero “importanti sviluppi”. “Ora è stato indagato per istigazione al suicidio un ragazzo romano di 18 anni. Andrea pensava di aver trovato un amico con cui condividere il timore crescente per un futuro percepito come una minaccia incombente”. E invece, Andrea Prospero ha trovato “un predatore” che ha “esasperato le sue fragilità”. Tutto questo si sarebbe espresso in un "perverso gioco psicologico che non ha lasciato scampo allo studente”. “Per il 18enne romano la morte di Andrea è solo un gioco di potere, un modo per sottrarsi al vuoto in cui è ormai sprofondata la sua anima, la sua mente, la sua intera esistenza”. Infine, Roberta Bruzzone è tornata indietro di trent’anni, al 5 febbraio 1995, quando Manuela Murgia è stata trovata morta a 16 anni in fondo al canyon di Tuvixeddu, vicino Cagliari. Il caso è stato archiviato, all’epoca, per suicidio, ma nel 2024 la famiglia ha presentato un’istanza, respinta dalla Procura, per la riapertura del caso. In questi mesi, i legali della famiglia hanno presentato una richiesta, con allegata la consulenza di Roberto Demontis, medico legale, che “confermerebbe quanto sostenuto dai familiari, ossia che la ragazza sarebbe stata abusata da qualcuno che conosceva, poi investita e collocata nel canyon già morta per inscenare il suicidio”. Bruzzone ha parlato di “ipotesi suggestiva”, spiegando che a distanza di 30 anni “difficilmente, almeno a mio avviso, potrà essere corroborata dai doverosi e indispensabili riscontri fattuali e testimoniali”.

