Tutti a parlare del Trio Lescano del ca**o: Alessandro Giuli, Vittorio Sgarbi, Morgan (cito il Trio Lescano e non Le Sorelle Bandiera – che mi piacciono di più – come omaggio al nuovo corso orgogliosamente sovranista tutto teso a recuperare una tradizione italica che la sinistra ha censurato, tutto teso a riscoprire le meraviglia della cultura di destra, tutto teso a evidenziare come l’intellettualismo di destra ha prodotto mirabilie passate – ahiloro! - sottotraccia dall’egemenia culturale imperante fino a ieri). Attenzione: ho detto Trio Lescano del ca**o e non di ‘stoca**o, e se ho detto Trio Lescano del ca**o è perché il neodirettore del MAXXI, Alessandro Giuli, che indossa perfettamente i suoi completi come una divisa, impeccabile come in un museo delle cere, decide di inaugurare la stagione estiva di una istituzione finalmente liberata dal cappio asfissiante della perniciosa sinistra con una serata altamente culturale ma anche popolare, ingessata ma anche no, elegante ma flaneur, invitando le Paola e Chiara della riscoperta cultura non di sinistra: Vittorio Sgarbi e Morgan. E perché accade che lo Giuli (articolo imperativamente al maschile, come “lo” Giorgia Meloni) decida di fare la mossa del mejio fico der bigoncio (o, recuperando l’esattezza lessicale dell’etnia culturale patria, che va recuperata, “del Bigonzo”) domandando maliziosamente allo Sgarbi “hai letto più libri o fatto l’amore con più donne?”. Diciamo “maliziosamente” con malizia, perché sembra proprio – ce lo auguriamo per lo Giuli – una di quelle domande con le quali l’intervistatore aspira a sembrare più fico dell’intervistato, tipo: “Tu sei un intellettuale ma sei famoso perché hai rotto er ca**o con i racconti delle tue scopate” (che ci sia malizia, come detto, ce lo auguriamo per lo Giuli, che altrimenti sarebbe un direttore de lo MAXXI che ha interesse a erudirsi sul numero delle vagine penetrate da Sgarbi). E lì, Sgarbi, che a brigante risponde con brigante e mezzo, risponde con una cornucopia di ca**i e fig*e, spalleggiato egregiamente da Morgan (“Vittorio, amico mio, del vaffanc*lo il Dio”).
Seguono, pare, rimostranze per lettera degli impiegati al MAXXI e inviti da parte dello Giuli a ritirare le rimostranze: con Giuli non si rimostra! Ma comunque. Noi ci chiediamo. Sorto che fu il governo Meloni, con la garanzia che finalmente avremmo avuto gli occhi ben aperti sulle sconfinate e praterie nostrane e nostraliche, tesori ben nascosti dalla sinistra ma pronti a splendere, collane di perle di saggezza di destra da sgranare come rosari splendenti, gemme accarezzate dallo sguardo e dai padiglioni auricolari solo per un breve momento prima di inabissarsi nella censura comunista, dicevamo, sorto che fu il governo Meloni, riassumiamo come degno di nota: Sgarbi ministro alla cultura, no Sgarbi non ministro, vaffanc*lo, Sgarbi sotosegretario, facciamo pace, un posto di rilievo a Morgan, che bello finalmente un posto di rilievo a Morgan, niente posto di rilievo a Morgan, vaffanc*lo, ti blocco su whatsapp, ti chiamo sul fisso, non mi risponde, ti sblocco ma solo per un attimo, programma Rai a Morgan, sei un Dio del vaffanc*lo, abbiamo fatto pace, si sa come siamo fatti noi due geni, ma ci sono o ci fanno? Cioè litigano sul serio o no? Ipotesi, antitesi, sintesi. Insomma, questo per dire: ma le sconfinate praterie della cultura di Destra, le gemme mangiate dai comunisti, le favolose e illuminanti discoverte di una cultura finalmente libera dai lacci e lacciuoli della egemonizzazione culturale sinistrorsa, l’illuminazione e la riscrittura della nostra storia del pensiero peninsulare, la giustizia restuita e con onore alle vette del pensiero nascoste dalle nubi degli interessi politici, ma dove straminchiazza sono, se da quando c’è al governo la Meloni sentiamo parlare soltanto di Sgarbi e Morgan?