Tommaso Arrigoni ha riaperto il suo ristorante nel quartiere Bovisa a Milano, lontano dalle mille luci della città. Ma vicino al polo universitario del Politecnico. Un locale di design, da fotografare, dove sono serviti menu instagrammabili, ma soprattutto da gustare, accompagnati da un servizio accurato. «Quando a un tavolo c’è una coppia, rompergli le scatole con lo storytelling dei piatti e della cucina del ristorante è un errore. Magari lui è qui per far colpo su di lei o il contrario. I piatti parlano da soli. I clienti pure». Lo chef Arrigoni, sarà perché appassionato di motociclette fuoristrada, Enduro e così via, preferisce andare al sodo. Da via Bindellina, dove per 25 anni ha contribuito a valorizzare la scena gastronomica milanese, ha “costruito” un ristorante in periferia che, tra l’altro, è un piccolo giardino segreto, con tanto di orto e arnie per le api. Quindi la passione per il verde, come una parte dei nuovi menu del ristorante restano un comune denominatore nelle scelte dello chef. E la nuova apertura di Innocenti Evasioni gli ha consentito, non di ripartire da zero, ma dal green. Cioè dalla massima sostenibilità possibile, energetica e anti spreco. Lo abbiamo incontrato con un certo imbarazzo, perché abbiamo raggiunto il ristorante zuppi di sudore. Ma ci siamo ripresi quasi subito con un buon fresco rosé della Franciacorta. La prossima volta meglio venire in auto.
Quando ti sei iscritto alla Scuola Alberghiera Carlo Porta, già sognavi di diventare un cuoco gourmet?
Quando hai 14 anni non hai le idee molto chiare. Sono stato indirizzato a un istituto professionale dai miei genitori, perché ero più portato per il lavoro manuale, dopodiché ho incontrato dei maestri che mi hanno appassionato alla cucina e proprio ancora non ci pensavo di aprire un mio ristorante. Quindi mi sono reso conto, dopo l’esperienza da Sadler di avere anche delle qualità imprenditoriali. E mi è andata bene. Per cui dopo una dozzina di anni di esperienza, ho aperto “Innocenti Evasioni”. E dopo 25 anni, con una stella Michelin siamo ancora in pista, ma con il nuovo ristorante.
Mi sembra che la tua cucina abbia un’impronta lombarda…
C’è di sicuro un’influenza, per un periodo abbiamo addirittura, prima del Covid, in carta un menu Milano. Ora lo abbiamo tolto, ma magari ci ripensiamo, perché attrava molto la clientela straniera. Ma la mia cucina è prevalentemente italiana e legata alle stagioni. Per esempio d’estate più mediterranea e d’inverno più nordica.
So che vete in programma di introdurre anche un menu dedicato a una clientela giovane, under 25.
Sì, si chiama U25x35E e viene venduto a un prezzo politico di 35 euro. Lo abbiamo pensato per diverse ragioni. Intanto pechè abbiamo qui vicino il Politecnico e la Bovisa, un quartiere giovane, frequentato molto dagli student. Un’altra ragione è che la struttura del ristorante si presta molto a questo servizio. Abbiamo un bancone bar, adatto a servire la cena. E questo bancone vogliamo dedicarlo ai ragazzi under 25. L’ida è di avvicinare i giovani a questa tipologia di ristorazione. Dalla materia prima, al servizio, a un calice di buon vino. È un modo insomma di trasmettere una cultura enogastronomica e di suscitare nei giovani un interesse più consapevole per la buona cucina.
Il vostro cliente medio possiede già una importante cultura gastronomica?
Non tutti, ovvio, anche se Innocenti Evasioni è una meta gourmet. Questo non è un ristorante dove capiti a caso, ma che scegli. Chi viene nel nostro ristorante si aspetta di fare un’esperienza, si aspetta un determinato servizio, un’importante offerta di vini. Siamo una destinazione, non un ristorante di passaggio. Non ci troviamo in una strada del centro città.
Infatti è un quartiere molto periferico. Quale può essere il vantaggio di una location del genere?
Il vantaggio è tutto lo spazio di cui disponiamo per le nostre esigenze. Tavoli ben distanziati, il giardino, l’orto, le arnie delle api, un parcheggio dedicato. Quindi comfort, armonia sia per il cliente sia per il personale.
Si parla tanto di sostenibilità e risparmio energetico…
Il bello di aprire un locale ex novo, in un quartiere del genere è proprio questo. Poter progettare un ristorante con i maggiori criteri innovativi possibili. Dal risparmio energetico al principio del minor spreco possibile. Questo è un tema che mi sta molto a cuore. Nel 2019 scrissi anche un libro intitolato “Uno chef senza sprechi”. Per esempio, una ricetta principale e una ricetta con tutti gli ingredienti scartati nella prima ricetta. Inoltre abbiamo pannelli fotovoltaici, una cucina di ultima generazione che consente un notevole risparmio energetico. Disponiamo anche per la salute dei nostri clienti di bioreattori che ripuliscono l’aria interna. Pertanto l’aia che si respira qua dentro è pura al 98 per cento.
Ho visto che avete tre menu degustazione e che avte eliminato la carta.
Anche questa è una scelta anti spreco. Il cliente o la cliente può anche scegliere un singolo piatto, ma sempre da uno dei menu.
La carta vini ha una particolare impronta?
Sui vini prestiamo molta attenzione ai piccoli produttori, se mai evitiamo le etichette più blasonate. Privilegiamo vini biologici e ci piace l’idea di suggerire vigneron magai poco noti, ma eccellenti. Inoltre, per tutti e tre i menu c’è una proposta di vini in abbinamento.
Quanto conta l’estetica di un piatto?
Purtroppo conta fin troppo. Perché oggi tutti fotografano i piatti e li postano sui social. Ma quello che vince sempre è il gusto. Quindi lavoriamo in primis su questo aspetto.
Qual è il tuo processo creativo nella formulazione di un nuovo piatto?
Non ho una regola fissa. Molto spesso parto da un ingrediente. Perché ad esempio è la sua stagione e perché lo coltiviamo magari nel nostro orto.
Quanto tempo impieghi tra la prima idea di un menu e la sua realizzazione?
Ci vogliono minimo tre settimane.
Uno chef con il quale ti piacerebbe lavorare a quattro mani?
Senz’altro Massimo Bottura. Perché lo trovo geniale e può essere stimolante.