Il ministro Giuseppe Valditara ha consultato due linguisti, Giovanni Gober e Massimo Arcangeli su un suo tweet, considerato dallo scrittore Nicola Lagioia sgrammaticato, motivo per cui Lagioia è stato querelato dal ministro. Gober e Arcangeli hanno assicurato al ministro che il tweet era grammaticalmente corretto. Abbigliamento di Gober: gonnellino pantalone bianco di una sua zia ricca, maglietta Lacoste pure bianca, scarpa da passeggio di cuoio grasso, calza scozzese e giarrettiere; doppia racchettina Liberty da volano. Arcangeli: maglietta della Gil, mutanda ascellare aperta sul davanti e chiusa pietosamente con uno spillo da balia, grosso racchettone 1912, elegante visiera verde con la scritta “Casinò Municipale di Saint Vincent”. Riportiamo integralmente il tweet: “Se si è d'accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l'italiano laddove già non lo conoscano bene, se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l'arte, la musica italiana, se i genitori saranno coinvolti pure loro nell'apprendimento della lingua e della cultura italiana e se non vivranno in comunità separate. È in questa direzione che noi intendiamo muoverci”. Come è facile notare c’è una sequela di verbi al futuro, “avverrà”, “sarà”, “saranno”, “vivranno”, tra i quali spunta un “insegni”. Ma che fa, ministro Valditara, ci dà del tu? Ah no, è un congiuntivo alla Filini.
A proposito del ministro Giuseppe Valditara ho una domanda da porci (cit. Achille Campanile). Ed è con il terrore nel cuore che te la pongo, mio spaventato lettore (que te la pongo, que te la pongo, que te la pongo, te la pongo ya): la lingua italiana potrebbe querelarlo? Si potrebbe fare una class action di professori di italiano contro Giuseppe Valditara? Perché avranno pure ragione gli avvocati di Giuseppe Valditara, a dire che non c’è nessuna forma di intimidazione, ma io me la sto facendo sotto. Il ministro Valditara ha querelato anche il giornalista Giulio Cavalli. Noi ancora siamo preoccupati per Christian Raimo, costretto a fare la spesa alla Lidl, ché per avere criticato Valditara si è visto sospendere dall’insegnamento con decurtazione dello stipendio. Ci mancavano queste querele! Cavalli, pare, si dice, si mormora, mi stanno costringendo a scriverlo, l’ho letto su internet, il terremoto, le cavallette, ha criticato la battaglia del ministro Valditara contro le “feste non riconosciute”, ossia le festività religiose non cristiane, sostenendo che neanche il martedì grasso è una festa riconosciuta, e neanche i ponti, come quello tra Natale e Capodanno, e dunque (Cavalli, mica io) ha detto che si chiama razzismo. Si può parlare di “razzismo” quando ci sono musulmani – dico musulmani come esempio – di pelle bianca? La commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri), organismo di esperti indipendenti del Consiglio d’Europa, ha “ricordato la necessità di agire con determinazione per contrastare il razzismo antimusulmano e altre forme di razzismo”. C’è intimidazione? Non c’è intimidazione? L’uso delle querele da parte del ministro ha la finalità di zittire le voci dissonanti? Io so solo che mi spavento. Gli avvocati di Valditara possono dire quello che vogliono. Per cui voglio comportarmi come Giovanni Gober e Massimo Arcangeli: il ministro Valditara ha un italiano bellissimo! Secondo me con la querela vinci lui. Con la “i”. Congiuntivo. Facciamo vedere che abbondiamo.