La letteratura, così come la politica, vive di narrazioni e di conflitti. Antonio Scurati, nel bene e nel male, incarna questo paradosso. Lo scrittore che ha fatto del Duce il protagonista della torrenziale saga di M. non smette di far parlare di sé, tanto per le sue opere quanto per le polemiche che le accompagnano. A dipingere un quadro tagliente, acuto e a tratti caustico, è Antonello Piroso su La Verità, con un lungo articolo che non risparmia nessuno: da Scurati a Roberto Saviano, passando per l’intero universo dell’antifascismo e dell’antimafia, talvolta ridotto a slogan o “taxi di moda” su cui salire al bisogno.
Piroso apre con una battuta fulminante: «Venerdì 25 aprile 2025, Natale degli antifascisti, si festeggeranno gli 80 anni dalla Liberazione, la fine – evviva – della dominazione di nazisti e camicie nere. Ma rimarremo ostaggi dell’ennesimo capitolo della saga, ricchissima saga M. sul Duce, di Antonio Scurati: “Quel giorno vorrei dare alle stampe il quinto – e ultimo – volume. Vorrei fosse il mio contributo al 25 aprile”». Ironico, certo, ma affilato come una lama. Perché quel "contributo" non si limita, sostiene Piroso, alla celebrazione storica. «Sfruttando la ghiotta occasione per il marketing editoriale, al proprio conto corrente – il che non guasta, sia detto con somma invidia – per la serie Va’ dove ti porta l’iban».
Le stoccate non si fermano qui. Lo scrittore viene descritto come un maestro di auto-promozione, capace di “capitalizzare” tanto il consenso quanto le critiche. «A Natale il quarto tomo, a Pasqua il quinto, e sempre sia lodato l’antifascismo di mercato», scrive Piroso, aggiungendo che il recente “oscuramento” di Scurati dalla Rai, seguito da un contratto annullato, ha paradossalmente contribuito ad accrescerne il mito. «Non volendo che dall’argomento e dall’autore annunciati si parlasse, oscurando Scurati hanno creato le condizioni perché non si smettesse per giorni di discutere di lui e del suo mancato intervento», sottolinea l’autore. Un capolavoro comunicativo, stigmatizzato perfino da Guido Crosetto, cofondatore di Fratelli d’Italia, a dimostrazione di quanto la vicenda abbia oltrepassato i confini della semplice polemica culturale.
Non manca il confronto con Roberto Saviano, icona di un altro fronte di resistenza: quello antimafia. Saviano, stando a Piroso, non ha nascosto il proprio fastidio per l’attenzione catalizzata da Scurati: «Quando è successo a me, in molti hanno taciuto», avrebbe lamentato l’autore di Gomorra. E qui si apre una riflessione tagliente: «Fornendo quindi uno strepitoso argomento a chi sospetta che l’antifascismo, per tanti, sia un comodo taxi di moda su cui saltare: “È un valore condiviso. L’antimafia invece non lo è, quindi non ci si muove o si reagisce con egual solerzia”».
Ma è sul piano letterario che Piroso si spinge oltre, scavando nelle contraddizioni di Scurati. L’uomo che critica la tv per la sua invasività, salvo poi accettare ogni invito; lo scrittore che promette rigore, ma inciampa in svarioni storici e frasi enfatiche. Celebre il commento di Gianluigi Simonetti sul Sole 24 Ore: «Un Duce pieno di cliché. Tutto è enfatico, greve e spiattellato». E quello caustico di Ernesto Galli Della Loggia: «Antonio Salandra, presidente del Consiglio che decise l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale, ‘porta sulla coscienza 6 milioni di morti’. Un antesignano pugliese di Adolf Hitler, insomma».
Le critiche, però, non scalfiscono l’immagine di Scurati, anzi, la rafforzano. L’autore è ormai una figura divisiva e centrale, tanto che persino il suo passato emerge in controluce. Come quando, nel 2005, replicò a una battuta di Bruno Vespa durante il premio Campiello con un velenoso: «Se stasera dovessi uccidere qualcuno, quello sarebbe lei». O come quando definì Federico Moccia «un nemico della civiltà letteraria» e liquidò altri colleghi con giudizi sferzanti.
In un contesto così polarizzato, Piroso chiude con una provocazione, che è anche un suggerimento, ricordando quando Scurati disse “Il prossimo anno sarà tutto dedicato alle donne e ai transgender”:
«Non se ne fece nulla. Peccato. Un suggerimento, Scurati: rispolveri l’idea. In questi tempi bui di fascismo patriarcale, vuoi mettere il clangore intorno a un raduno sulla letteratura trans? Altro che M.». E se M. si conferma opera controversa, Scurati non sembra intenzionato a cedere di un millimetro: il prossimo volume arriverà, con buona pace di chi lo critica. Perché, come scrive Piroso, “di Mussolini non si butta via niente”.