Da quando è uscita, la storia della chat Signal a cui partecipavano i più alti funzionari degli Stati Uniti – più uno, “per sbaglio”, il caporedattore dell’Atlantic Jeffrey Goldberg – e che aveva come obiettivo quello di coordinare le operazioni per un attacco alle milizie sciite Houthi nel mar Rosso sembra aver decretato il palese sputtanamento della linea di comando del presidente statunitense Donald Trump. In effetti, le premesse ci sarebbero eccome: fra i partecipanti a "Houthi PC small group", questo il nome della chat da cui sarebbe partito il leak dell’Atlantic, ci sono profili riconducibili al vicepresidente JD Vance, il segretario alla Difesa Pete Hegseth, il segretario di Stato Marco Rubio e il direttore dell'Intelligence Nazionale Tulsi Gabbard. C’è anche il nome di Mike Waltz, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti sotto il quale ricadrebbe la responsabilità di aver inavvertitamente incluso il giornalista di una delle testate più ostili a Trump. Insomma, il materiale per delineare un affaire di stato – compreso il capro espiatorio – di certo non manca. Eppure, qualcosa non convince: siamo davvero sicuri che si tratti semplicemente dello sputtanamento di Trump, o meglio, del collegio dei probiviri del presidente?


Da quando Goldberg ha pubblicato sull’Atlantic “The Trump Administration Accidentally Texted Me Its War Plans” – “l’amministrazione Trump mi ha accidentalmente messaggiato i suoi piani di guerra” – sappiamo quasi tutto di ciò che Vance e gli altri si scambiavano. Soprattutto, l’Europa ne è uscita ancora una volta come lo zimbello del mondo, prendendosi parole durissime dai più stretti collaboratori del presidente. Vance ha scritto “odio salvare l’Europa”, mentre Hegseth ha risposto “Condivido pienamente il tuo disgusto per un'Europa scroccona". L’attacco statunitense contro gli Houthi, rei di aver messo in crisi il commercio mondiale via nave attaccando i cargo in transito nel mar Rosso verso il canale di Suez, potrebbe infatti rappresentare un aiuto all’economia dell’Unione europea, che beneficia di una parte consistente di quelle merci. Specie considerando la situazione contingente del libero mercato, da cui Bruxelles sembra essere messa a dura prova: da una parte – a ovest – i dazi sulle importazioni delle merci europee negli Usa voluti da Trump, e che dovrebbero entrare in vigore il 2 aprile, dall’altra – a est – l’aumento dei prezzi delle merci in arrivo soprattutto dall’Asia derivanti proprio dalla parziale chiusura della tratta di Suez per la presenza Houthi, che aumenta tempi e costi di trasporto. Questo spiega la stizza di Vance e Hegseth sull’intervenire indirettamente a sostegno dell’Europa. Un atteggiamento che, per la verità, è perfettamente in linea con quanto l’amministrazione Usa ha sempre dichiarato in merito all’altra sponda dell’oceano Atlantico, a partire dallo stesso Trump: fu lui a dire “l’Europa è nata per fregarci” poco dopo il suo insediamento e, soprattutto, è stato sempre lui a difendere quanto sfuggito dalla chat Signal, dando ragione a Vance: "Sono d'accordo con lui, sono dei parassiti, lo sono stati per anni".

È per questo motivo che l’interpretazione secondo cui lo scoop di Goldberg sia il frutto di un madornale errore, partito dall’affidare una comunicazione tanto riservata ad un’app di messaggistica, convince fino ad un certo punto. Tanto da instillarci un dubbio non più così inverosimile nella realtà allucinata della politica estera degli ultimi anni: e se invece questo leak fosse servito agli Stati Uniti per mandare un altro avvertimento all’Europa, proprio alla vigilia dell’imposizione dei dazi? E se quello dello scoop fosse solo un atto di una commedia più ampia, fatta di “défaillance” come quella di Waltz, di cui poi nessuno paga il prezzo – immaginatevi se Goldberg avesse svelato anche interi capitoli di intelligence riguardanti, che ne so, l’intenzione di muovere guerra all’Iran – e di emoji beceri da boomer con la bandiera statunitense che sembrano una strizzata d’occhio agli elettori di Trump? Prendendo per assurdo in considerazione questa ipotesi non faremmo fatica a inserire perfettamente la “commedia del gruppo Signal” nell’alveo della comunicazione trumpiana, con il ruolo che questa riveste nel modo in cui Trump conduce le proprie trattative, nel business come in politica.
