Il 21 giugno Marco Mengoni si è esibito al Neghil di Lignano Sabbiadoro per la data zero del suo tour estivo negli Stadi. Un concerto che ha emozionato moltissimo i fan presenti e pure quelli che hanno potuto 'vedere' il live da ciò che chi c'era ha postato sui social. Il cantante si è presentato in scena con un nuovo taglio di capelli e con una serie di outfit, firmati Versace, di massima eleganza. L'attenzione dei media, però, non si è concentrata sulla sua voce, sul repertorio, sulle scenografie o quant'altro, questo evento ha avuto una chiave di lettura ben precisa a livello di 'informazione': i commenti omofobi che il nostro ha ricevuto sui social per via del look 'poco virile'. Commenti che, per carità, ci sono stati e che sono sempre orrendi anche solo da pensare, figuriamoci da leggere, in un Paese civile. Trovo però svilente che l'intero spettacolo proposto da Mengoni si sia ridotto alla 'polemica' sui corsetti sfoggiati, come non fosse accaduto nient'altro su quel palco. Inoltre, al solito, diventa impossibile scrivere critiche - attenzione, non insulti, ma semplici critiche - all'indirizzo della voce di Ronciglione perchè, qualsiasi siano, si viene tacciati subito di omofobia grave. Qui a dire, perché oramai è un vero e proprio caso di Stato, che i corsetti di Mengoni erano e restano semplicemente dei costumi di scena. Che, come tali, possono piacere o meno. Non è questione addirittura politica, non fanno da termometro dell'arretratezza del nostro bel Paese. Arretratezza che, purtroppo, esiste. Come anche l'isteria di massa quando viene 'toccato' un cantante molto amato. Perché mai dovrei avere 'paura' di scrivere che, nella mia opinione, i corsetti indossati da Mengoni non gli donavano?
Andiamo con ordine: gli insulti omofobi fanno schifo sempre e nessuno dovrebbe permettersi di esprimersi in quella maniera sui social e nella vita. Verso Marco Mengoni come nei confronti di qualsiasi persona veda passare per strada. Nel racconto di tali commenti in questa specifica situazione, però, c'è molta narrazione, parecchio storytelling: è stato scritto, per esempio, che le ingiurie siano arrivate soprattutto da uomini "tossici" che si sentono attaccati nella loro mascolinità. Non è del tutto vero. Ce ne sono moltissimi vergati da fan(atiche) della prima ora del cantante che ora sostengono di 'non riconoscerlo più', con questo nuovo look. E via di considerazioni orrende, tipo quanto dovrebbe perfino 'vergognarsi' il padre di Mengoni, vedendolo in scena 'conciato così'. Stendiamo 185 veli pietosi, queste forse hanno appena realizzato, coi tempi di Internet Explorer, che Mengoni non le porterà all'altare mai. E ciò lo scriviamo a prescindere dall'orientamento del nostro (che non ha mai voluto dare informazioni a riguardo pubblicamente, quindi tanto rispettiamo).
Allora c'è qualche decina di sciure ormonose e bigotte impazzita per i corsetti del 'suo' Marco, più vari cinghiali che, inevitabilmente, grugniscono in merito alla conclamata fine della mascolinità "vera", quella dei rutti, delle birrette e della Play Station. Uscite che si commentano da sole, esistono da sempre perché purtroppo sempre esisteranno gli scemi del villaggio. Non lo scopriamo certo oggi. Queste parole non sono rilevanti né le uniche spese verso Mengoni, anzi, si tratta, grazie al cielo, di una minoranza infinitesimale, da cercare col lanternino. Come mai, dunque, armarsi di lanternino e scriverci sopra così tanti articoli indignati? Perché il tema dell'omofobia, purtroppo, tira. 'Tira' nel senso che, online, è trend evergreen, serve per alzare due views in più, tanto quanto l'indignazione. E qui le abbiamo entrambe, piatto ricchissimo. Ma resta che se dieci, venti, cento, facciamo pure 200 cristiani abbiano vomitato il loro disprezzo omofobo verso gli outfit di Mengoni, ce ne siano ancora migliaia a riempirlo di elogi per lo show che ha messo in piedi. Loro, questi qui, pure la maggioranza, non sono rilevanti? Torniamo a ribadirlo: l'indignazione 'tira'. Però, ha anche delle conseguenze.
Le conseguenze sono quelle che, per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con X, inaspriscono ogni giorno il clima sui social. Esistonopersonaggi - non importa che siano cantanti, ex concorrenti del Grande Fratello, attori di fiction - che vengono 'protetti' in modo scriteriato dai propri follower (che, in genere, sono tanti, tantissimi). Questi individui, i fan(atici) non hanno la minima capacità di contestualizzare, di distinguere tra 'critica' e 'insulto grave'. Stando su Mengoni, se ti permetti di esprimere un pensiero non al 100 % entusiasta per esempio sulla sua nuova canzone estiva, 'Sto bene al mare', sei prima di tutto omofobo. Poi, perché possono andare avanti per giorni e giorni - pure con altri profili creati ad hoc, se li blocchi - insultano, loro sul serio, arrivando a dare dei 'fr*ci' perfino a utenti dichiaratamente omossessuali. Sempre allo scopo, però, di richiedere rispetto verso Marco Mengoni e, di conseguenza, per i diritti della comunità arcobaleno tutta. Questa sovrapposizione tra canzone/outfit/dichiarazione e 'ciò che rappresenta' (o vorrebbe/ci dicono rappresentare) è uno dei principali cortocircuiti della nostra epoca social.
Non è più possibile dichiarare di non apprezzare un cantante/personaggio 'rappresentativo', senza venire travolti da un esercito di Unni a farti lo scalpo perché se non gradisci il suo ultimo brano (o outfit) allora sei, a seconda dei casi, omofobo, misogino, odi tutti i gay, tutte le donne, remi contro la parità salariale. Evidentemente assurdo, cionondimeno a oggi 'funziona' così. E tali 'sragionamenti' sono alimentati da due fattori principali: la comunicazione dell'artista che, non per colpa sua, tende sempre a fare un mischione tra il disco in uscita e importanti temi sociali. Il tormentino di Annalisa, Maschio, per esempio, non è una semplice canzone estiva, sia mai! È, da comunicato stampa, una profonda riflessione sulla questione di genere. Perciò se non ti piace, occhio, tifi patriarcato. Il secondo fattore che cementifica tale stortura di pensiero sono gli stessi media che incoraggiano la lettura di qualunque brano, outifit o dichiarazione come fosse atto politico. In qualche caso, ci prendono pure, è proprio così. Ma in linea generale una canzone è una canzone, un abito di scena è un abito di scena. E come tali possono essere considerati, e quindi criticati, in quanto parti di uno show, ovviamente, ben più ampio, più o meno riuscite. Non permettere di farlo è tra le censure più stupide e inutili immaginabili.
I fan(atici) dovrebbero ben comprendere una cosa molto importante: il loro idolo non potrà mai piacere a tutti. Nemmeno Vasco Rossi, per prendere proprio il più grande in assoluto che abbiamo in Italia, piace a tutti. Manco i Queen. Chi non ascolta Vasco Rossi o i Queen, chi preferisce sentire e apprezzare altro, impedisce in qualsiasi misura a Vasco Rossi di essere Vasco Rossi o ai Queen di essere (stati) i Queen? Esatto: no. Non c'è bisogno di fare crociate per 'difendere' Marco Mengoni, Elodie, Annalisa o chi per essi. Loro stanno spesso e volentieri in cima alle classifiche, si esibiscono di fronte a decine di migliaia di persone adoranti, hanno realizzato il sogno che li animava, immaginiamo, fin da ragazzini. Una volta esposti, chiaramente, riceveranno commenti sia negativi che positivi. Questo non influenzerà in nessuno modo il successo ottenuto. Altro discorso sarebbe se i fan smettessero di andare ai loro concerti o di ascoltarne i pezzi. Ma non mi pare proprio la situazione attuale. Perciò perché scannarsi?
Come Mengoni esprime il proprio gusto personale rasandosi i capelli e indossando corsetti sul palco, così chiunque altri, entro i limiti dell'insulto personale, può scegliere di apprezzarlo, come no. Dirò un'eresia: addirittura di preferirgli comunque Mahmood. E ciò nulla toglie né vuole o può levare al suo successo, alla sua carriera, al suo repertorio pressoché immacolato. Che le discografiche, negli ultimi anni, tentino di far indossare a chiunque look più fluidi, è poi verissimo. Basti ricordare Blanco al Festival di Sanremo con Mahmood: un ragazzetto che in genere fa promo in mutande e dichiaratamente etero, all'Ariston era tutto pizzi, merletti e occhiate languide al collega. Per altro, totalmente inutili vista la forza della canzone, 'Brividi'. Affermare che Mengoni sia rimasto intrappolato nella stessa gabola surfa-trend è un'opinione, ma resta un'opinione stupida. Mengoni vuole andare sul palco vestito così, gli piace, non escludo che si possa sentire più se stesso e sono felice per lui pensandolo contento. Poi, dal punto di vista del mio gusto personale, trovo che quei corsetti non donassero alla sua, pur statuaria, figura. E vorrei essere libera di dirlo senza essere paragonata ad Adinolfi o, che ne so, a Pillon. Si potrà mai mettere un freno a questa isteria di massa? Grazie.