Dietro l'apparente successo della cessione del 15% di Monte dei Paschi di Siena (Mps) dello scorso novembre si cela un'operazione dai contorni torbidi che sta ora attirando l’attenzione vigile della Commissione Europea. A lanciare l’allarme, e a innescare l’indagine preliminare di Bruxelles, sono le modalità con cui il Tesoro italiano ha gestito la vendita, sollevando dubbi su trasparenza, concorrenza e, forse, aiuti di Stato mascherati da dinamiche di mercato. Secondo quanto riportato dal Financial Times “UniCredit, il fondo petrolifero norvegese e BlackRock erano tra gli investitori interessati all’acquisto delle azioni”, ma sarebbero stati tagliati fuori perché “Banca Akros aveva già chiuso il processo di offerta”, citando “diverse persone a conoscenza dei fatti”. Un dettaglio non trascurabile: Banca Akros, piccola banca locale e sussidiaria di Banco Bpm, era alla sua prima esperienza come sole bookrunner, ovvero unica responsabile della raccolta ordini in un’operazione multimiliardaria. In altre occasioni, operazioni simili erano state affidate a nomi del calibro di JPMorgan, Jefferies o Mediobanca. Il fatto che il Tesoro abbia scelto Akros, scartando banche globali come Bank of America e Citi (anch’esse consultate inizialmente), ha suscitato più di un sopracciglio tra gli osservatori.

Alla fine, le azioni non sono andate agli investitori esterni di peso, ma a un gruppo ristretto di acquirenti “domestici”, tutti in qualche modo allineati con la visione governativa di creare un “terzo polo bancario” in grado di rivaleggiare con UniCredit e Intesa Sanpaolo. Tra questi, Banco Bpm (che il governo sperava in passato di fondere con Mps), l’asset manager Anima (appena oggetto di un’offerta di Bpm), e le famiglie miliardarie Del Vecchio e Caltagirone, già attive in vari gruppi finanziari italiani. La procedura seguita, stando a quanto dichiarato da un funzionario del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sarebbe stata “uno standard di mercato”. “Ci sono processi di accelerated bookbuilding in tutto il mondo, e ogni singola operazione avviene nello stesso modo”, ha affermato, aggiungendo che “in questo caso, nessuno ha eguagliato il prezzo offerto da Akros”. Ma la realtà appare meno lineare. Gli investitori non avrebbero ricevuto alcuna indicazione di prezzo, un’anomalia per un’operazione del genere, e UniCredit, secondo fonti citate dal Financial Times, aveva addirittura piazzato un ordine per il 10% delle azioni. Tuttavia, al momento della risposta da parte di Akros, il “libro ordini era già chiuso”. In altre parole: troppo tardi, grazie e arrivederci.

La questione non si limita a un presunto sgarbo tra banche. Si profila il sospetto che lo Stato italiano, pur nel rispetto apparente delle regole, abbia orchestrato la vendita per favorire attori “amici” a scapito di una reale apertura al mercato. Se così fosse, potremmo trovarci davanti a un caso di aiuti di Stato mascherati, vietati dai Trattati europei se non debitamente autorizzati da Bruxelles. A riprova della tensione crescente, la Procura di Milano ha aperto un fascicolo per verificare se i contribuenti italiani abbiano ottenuto il miglior prezzo possibile. Secondo fonti vicine all’indagine, la Guardia di Finanza ha già sequestrato documenti negli uffici milanesi di Banca Akros. E Andrea Orcel, Ceo di UniCredit, ha confermato di aver segnalato presunte irregolarità alla Consob. Nel frattempo, gli effetti a catena si sono già attivati: subito dopo la cessione, MPS ha lanciato un’OPA ostile su Mediobanca, la stessa Mediobanca che storicamente ha affiancato Mps in molte operazioni e dove, ironia della sorte, proprio Del Vecchio e Caltagirone risultano i maggiori azionisti.
Il portavoce della Commissione Europea ha declinato ogni commento, ma due fonti ben informate hanno confermato al Financial Times che Bruxelles sta valutando se “il processo sia stato una transazione di mercato equa e aperta”. Non è escluso che questo possa sfociare in un’indagine formale sugli aiuti di Stato, un’eventualità che, se confermata, metterebbe ulteriormente in discussione la strategia del governo Meloni per il futuro del sistema bancario italiano.