Andrea Orcel si muove come un vero corsaro della finanza: mentre incassa il via libera della DgComp dell’Unione europea all’offerta pubblica di scambio su Banco Bmp (con tanto di sacrificio rituale di 209 filiali per placare gli dei della concorrenza), si prende pure l’intero business bancassicurativo vita italiano. Il doppio colpo racconta di una Unicredit assetata di espansione, che tra fusioni, acquisizioni e internalizzazioni punta a diventare regina indiscussa non solo del credito ma anche della protezione vita degli italiani. Eppure, sotto il luccichio di comunicati trionfalistici e slide patinate, la partita resta tutt’altro che chiusa. La mossa sull’ops appare in mezzo al guado: l’offerta pubblica resta ferma a sconto e la piazza – quella vera, la Borsa – non abbocca. Gli azionisti finora hanno aderito con una percentuale che sfiora lo zero assoluto (0,018 per cento), mentre il vero ago della bilancia, Crédit Agricole, sta alla finestra senza muovere un dito, ma con gli occhi ben puntati sulla preda. Intanto a Roma si prepara il contrattacco: il governo minaccia di sguainare il Golden Power per bloccare il matrimonio tra i due istituti tricolore, nel nome di una sicurezza nazionale che sa tanto di scusa di comodo per non perdere pezzi del sistema Paese. E non è un caso che l’Europa tenga il fiato sospeso: Bruxelles scruta le mosse italiane pronta, se necessario, a impugnare il regolamento e aprire una procedura d’infrazione, mentre Orcel agita lo spettro del dietrofront se Palazzo Chigi alzerà davvero il muro.

Sul fronte assicurativo, invece, Orcel fa sul serio: prende il controllo totale delle joint venture con Allianz e Cnp Assurances, piazza un suo uomo forte – Alessandro Santoliquido – al comando e si prepara a fondere tutto in un’unica compagnia vita entro il 2026. Obiettivo dichiarato? Estrarre 400 milioni di euro di ricavi assicurativi in più l’anno entro il 2027 e blindare una quota di mercato che già oggi sfiora il 7,2 per cento con 45,6 miliardi di euro di riserve tecniche. Mossa ambiziosa, certo, ma non priva di incognite: l’impatto sul CET1, stimato in -25 punti base nel 2025, è un prezzo che UniCredit dovrà pagare in anticipo, sperando di recuperarlo con lo status di conglomerato finanziario e i giochi contabili del Danish Compromise. Intanto, la partita è tutta politica e industriale: Orcel vuole essere il dominus del credito e delle polizze, ma sa bene che senza il lasciapassare del governo e il silenzioso beneplacito dei francesi la sua scalata rischia di infrangersi contro lo scoglio del nazionalismo finanziario. Sullo sfondo, un sistema bancario che da anni attende il grande riassetto e che oggi, tra Golden Power, diktat europei e appetiti stranieri, somiglia più a un campo minato che a un’opportunità. E il finale? Ancora tutto da scrivere. Con un Banco Bpm che resiste, un governo che minaccia e un Orcel pronto a mollare tutto se la partita si incattivisce troppo. Altro che operazione di sistema: qui siamo al risiko puro.
