La nuova perizia parla chiaro: la morte fu causata da terzi. Sterpin: “Visintin non l’ha cercata perché sapeva”. Accuse, allusioni e un hard disk con foto che riemerge dopo tre anni. Il caso Resinovich non è chiuso. Anzi, è appena ricominciato…
Davanti al Tribunale di Trieste, stamattina, si sono incrociati gli sguardi di due uomini legati, in modo molto diverso, alla stessa donna: Claudio Sterpin, l’amante di Liliana Resinovich, e Sebastiano Visintin, marito della 63enne trovata morta nel gennaio 2022 e attualmente unico indagato per la sua scomparsa e morte. Sterpin non ha risposto, ha tirato dritto. Visintin invece si è avvicinato e ha detto: “Rispetto per Liliana”. Un affondo secco, lanciato nei pressi di un bar, prima di raggiungere l’ingresso del palazzo di Giustizia, braccato dalle telecamere e dai microfoni. Poi ognuno ha preso la sua strada: Sterpin verso l’aula dell’incidente probatorio, dove avrebbe dovuto raccontare la sua versione del 14 dicembre 2021, giorno in cui Liliana scompare nel nulla. Quella mattina, secondo lui, dovevano vedersi. Lui l’aspettava. Lei non è mai arrivata. Dopo 22 giorni, il suo corpo è stato trovato nel parco dell’ex Opp, chiuso in due sacchi della spazzatura, con la testa infilata in due buste di plastica. All’inizio si è parlato di suicidio. Poi è arrivata la nuova perizia, firmata dalla dottoressa Cristina Cattaneo, e lo scenario è cambiato: la morte è "con altissima probabilità causata da terzi".

L’unico indagato, al momento, è Visintin. Ma lui si è sempre dichiarato estraneo a tutto. Oggi, nell’aula della sezione Gip, l’uomo ha mantenuto le distanze dall’86enne Sterpin. Niente strette di mano, né altri gesti. Solo silenzio. L’udienza si svolge a porte chiuse, presenti la procuratrice capo Patrizia Castaldini e il legale di Sterpin, Giuseppe Squitieri. “Il mio assistito sta rispondendo e ricostruendo bene tutti i passaggi” ha detto Squitieri. “Ricorda tutto, è disposto a chiarire qualsiasi tipo di situazione. Non è mai caduto in contraddizione”. Dentro quell’aula, Sterpin ha fatto nomi, lanciato accuse, ribadito sospetti. “Visintin è stato l’unico a non cercare Liliana. Se n’è fregato perché sapeva che non sarebbe tornata. Sa tutto quello che è successo, l’ho detto più volte e lo dirò anche in punto di morte”, ha dichiarato. Poi ha aggiunto: “Chi l’ha uccisa? Domanda da 100 miliardi. Posso avere solo sospetti, nulla di più”. Un altro fronte aperto è quello delle foto: scatti privati di lui e Liliana, custoditi in un hard disk che, secondo l’86enne, Visintin avrebbe consegnato a un amico subito dopo la scomparsa della donna. “Questa storia è emersa solo 3 anni e mezzo dopo la sua morte. E non prima. Perché?” ha chiesto retoricamente Sterpin. Nel frattempo, fuori dall’aula, gli avvocati di Visintin tacciono. Nessuna dichiarazione, nessuna smentita, nessun commento. Forse per strategia. Forse perché in questa storia, ogni parola pesa come un macigno. E ogni silenzio, pure.

