UniCredit, il passo indietro è davvero vicino? Dopo settimane di voci e trattative sotterranee, l’amministratore delegato Andrea Orcel ha lasciato intendere che la scalata a Banco Bpm potrebbe non andare in porto. E questa volta il condizionale vacilla. “Se non ci saranno risposte chiare dal governo sul Golden Power, è probabile che ci ritireremo”, ha dichiarato a Repubblica. Non una novità, ma una conferma che agita i piani alti di Piazza Meda e, di riflesso, anche quelli del governo. Il contesto è noto. Unicredit ha lanciato un’Offerta Pubblica di Scambio su Banco Bpm lo scorso novembre, ma l’iniziativa è incappata in una serie di ostacoli, tra cui l’attivazione del Golden Power e un ricorso al Tar che verrà discusso il prossimo 9 luglio. Solo dopo quella data Orcel prenderà una decisione definitiva. Intanto, lunedì riaprirà la finestra dell’offerta, estesa di ulteriori 30 giorni dalla Consob, ma senza certezze sulla partecipazione massiccia degli azionisti. Il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, ha ribadito la posizione dell’istituto: “Il ritiro o meno di Unicredit non suscita grande inquietudine. La loro offerta è del tutto insoddisfacente dal punto di vista finanziario”. E se davvero Orcel dovesse mollare, per Tononi si aprirebbe una nuova fase: “Non saremmo più in passivity rule. Come terza banca del Paese ci guarderemo intorno”.

La possibilità di rilanciare il progetto di fusione con Mps? Prematura, dice Tononi, anche se Banco Bpm ne detiene già il 9%. Ma in questo risiko bancario che sembra fermo (e invece si muove in sordina), si inserisce un altro dossier: quello di Generali. Orcel, pur riducendo la partecipazione nel Leone, continua a sottolineare le “opportunità industriali di cooperazione indipendentemente dalle quote”. E mentre ribadisce che le azioni Mediobanca in portafoglio sono “posizioni per conto dei clienti”, sul futuro di Banco Bpm avverte: “Crédit Agricole sarà il socio di riferimento con il 20%, o forse di più. Bpm dovrà dimostrare le promesse fatte e remunerare gli azionisti”. Intanto, il ceo di Anima, Alessandro Melzi d’Eril, ha replicato con stupore alle parole di Orcel su presunte anomalie nell’acquisto di quote Mps: “Abbiamo sempre operato in piena aderenza alla legge”. Palazzo Chigi osserva e valuta. Il governo Meloni, che ha già ostacolato l’ingresso di Unicredit in Banco Bpm con lo scudo del Golden Power, guarda con interesse alla possibilità di un’intesa strategica con Berlino. Perché, se Orcel rinunciasse a Piazza Meda, Roma potrebbe aprire le porte a una fusione italo-tedesca tra Unicredit e Commerzbank. Sarebbe un gesto distensivo dopo mesi di tensioni tra l’esecutivo e il banchiere, considerato troppo distante dalla visione del “sistema Paese”.

Il dialogo con la Germania, e in particolare con il cancelliere Friedrich Merz, potrebbe diventare una contropartita politica per compensare lo stop su Banco Bpm. Il segnale c’è: Bruxelles ha condizionato il via libera all’operazione con Bpm alla cessione di 209 sportelli nel nord Italia, e il Mef ha ribadito che il 60% di Unicredit è in mano a fondi extra UE. Per la Lega, è l’ennesima conferma che una fusione Bpm-Unicredit va evitata a ogni costo. Eppure, nei palazzi del potere, qualcuno comincia a immaginare uno scenario diverso. Anche perché Unicredit già detiene circa il 30% di Commerzbank. Se decidesse di lanciare un’opa, potrebbe andare in porto, a meno che Berlino non decida di opporsi. Ma Joachim Nagel, presidente della Bundesbank, ha già detto di essere favorevole a una vera unione bancaria europea. Nel frattempo, sul dossier Generali, il governo italiano pretende che ci sia un controllo stabile della governance nella partnership sul risparmio. Attualmente l’accordo con i francesi prevede un’alternanza quadriennale, ma secondo quanto trapela, le valutazioni su una possibile ristrutturazione dei patti con Natixis sono state congelate fino a ottobre, quando sarà più chiara anche la situazione tra Mps e Mediobanca. Orcel ha già mostrato di voler contare nella governance del Leone, sostenendo la lista Caltagirone all’ultima assemblea. Ma tra le righe, si capisce che punta a ottenere un posizionamento più strategico nel risiko futuro. E se davvero Orcel dovesse sfilarsi da Banco Bpm, per il governo potrebbe essere arrivato il momento di rivedere il rapporto con Unicredit. Non più ostilità, ma convergenza. Magari su Berlino.