Matteo Messina Denaro non sarà mai morto. Fin quando non sarà cambiata una mentalità, non sarà sconfitta la cultura mafiosa e fin quando l'ultimo dei conniventi non sarà portato alla luce. C'è sempre una frase di Giovanni Falcone che non conosci o non ricordavi, questa per esempio: "Per parlare di mafia bisogna parlare anche di Stato". Perché sono veramente poche le volte che la prima, nella sua storia, si è messa contro il secondo. La frase è ne La cattura, il libro edito da Feltrinelli e scritto dal procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, e dal giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo. L'ho finito proprio in questi giorni, poche ore prima di sapere che Matteo Messina Denaro fosse deceduto. E mentre lo leggevo pensavo che sì, Mmd non sarà mai morto.
Il libro
De Lucia è l'uomo che più di tutti gli ha dato la caccia e che alla fine l'ha preso. Accanto a lui, Paolo Guido della Dda. La cattura parte dai giorni precedenti all'arresto, entra nei dettagli di una indagine, ne racconta molti aspetti inediti, fuga qualsiasi dubbio a chi per mesi e mesi ha sostenuto che Messina Denaro si sarebbe reso visibile per farsi prendere o, peggio, si sarebbe consegnato. All'inizio sembra una serie tv, con il labrador Fidel a fare da comparsa e il procuratore aggiunto Paolo Guido che per seguire i momenti finali dell'operazione speciale si rammarica di dover saltare per la seconda volta un concerto di Claudio Baglioni.
Poi va a ritroso: descrive il momento in cui i carabinieri trovano il pizzino dei pizzini, al primo piano della casa di Rosalia, la sorella prediletta di Mmd, dentro una gamba della sedia in camera da letto. Siamo al dicembre 2022 e in codice era descritto un diario clinico di un malato. Lui. È la svolta. Da lì entrano nella banca nazionale dei ricoveri ospedalieri. De Lucia ci spiega come arrivano a un nome su tutti, Andrea Bonafede, nipote di Leonardo Bonafede, capo della famiglia di Campobello, come si accorgono, seguendolo, che il vero Bonafede non fa niente di quello che farebbe un malato di cancro al colon, come riescono a inserirsi nella banca dati della Maddalena e come scoprono che il finto Bonafede, invece, aveva cominciato un nuovo ciclo di chemio il 27 dicembre e che il prossimo appuntamento lo avrebbe avuto alle 8 di mattina del 16 gennaio 2023. Il giorno x.
L'arresto e la cultura
E ora che Matteo Messina Denaro è morto La cattura è un compendio per capire l'uomo mafioso, l'ultimo boss stragista, e tutta la cultura in cui è cresciuto. Per questo motivo è fondamentale leggerlo. Meravigliose le pagine sui necrologi che ogni anno venivano pubblicati sui giornali siciliani per l'anniversario della scomparsa di suo padre Francesco, boss che aveva reso orgogliosa tutta la mafia trapanese perché era morto nel suo letto nonostante fosse un latitante. Alcuni dei necrologi erano in latino, con tutta probabilità dettati proprio dal figlio, l'unico con una conoscenza tale da citare passaggi della Bibbia o autori storici tra cui Lucrezio. Ne riportiamo soltanto due, indicativi: "Da quando mi lasciasti ho omesso solo ciò che le lacrime non possono dire". Oppure: "C'è un tempo per nascere e un tempo per morire ma vola soltanto colui che vuole e il tuo volo in perpetuo fu sublime". Potrebbero essere scritti adesso per Matteo, che di sé aveva una grande, immensa considerazione. De Lucia e Palazzolo poi ripercorrono tutte le volte che all'ultimo momento Mmd è sfuggito alla cattura grazie alle talpe dentro le istituzioni dello Stato, "che non operano mai in solitudine ma fanno parte di una catena perversa che arriva fino a Roma".
I segreti che porta con sé
Nel testo si elencano tutti i principali segreti che Matteo Messina Denaro si è portato con sé, perché è lui che ha organizzato l'incontro in cui Riina annunciò l'avvio della stagione stragista, è lui che sa il motivo perché Riina cambiò idea e invece di uccidere Falcone a Roma, dove spesso girava senza la scorta, preferì un attentato eclatante a Palermo; è lui che sa perché ammazzano Vincenzo Milazzo, padrino di Alcamo, e la sua compagna, cinque giorni prima di far saltare in aria Borsellino e la sua scorta solo perché era contrario alla stagione stragista (la compagna di Milazzo, strangolata, era incinta, e Mmd era nella stanza accanto mentre gli altri mafiosi tiravano la corda); è lui che sa perché insieme ai Graviano aveva avuto l'ordine di uccidere il commissario Rino Germanà che indagava sui rapporti tra mafia, massoneria e politica; è lui che conosce la strategia che ha portato a colpire le opere d'arte nel 1993. A Firenze una delle vittime fu Nadia, nove anni, poco prima aveva scritto una poesia sul tramonto, che ha dato il nome all'operazione della sua cattura: operazione Tramonto. È sempre Matteo Messina Denaro che si è occupato dei covi dove nascondere il piccolo Giuseppe Di Matteo, poi sciolto nell'acido, che aveva come unica colpa l'essere figlio di un pentito; è lui che sa dove è finito l'archivio di Riina mai trovato; ed è lui che conosce tutti i misteri del territorio di Trapani, dove aveva sede il centro Scorpione, base siciliana di Gladio, associazione segreta di stampo americano crocevia del traffico di droga e di armi; è lui che sa perché le famiglie in guerra coi corleonesi ed emigrate in America da qualche anno sono tornate in Sicilia, ed è lui che può spiegare cosa lo ha spinto a dire che "la capitale del crimine oggi è Milano".
Le sue parole
Ché non è vero che Mmd non ha mai parlato. Ha parlato ma a suo modo. De Lucia riporta alcune risposte degli interrogatori. Sul bambino Di Matteo: "Mi devono appioppare sequestro, non omicidio". O sulla strage dei Georgofili davanti al gip Montalto: "C'è da vedere chi mandano i mandanti a fare una cosa del genere, perché mettiamo che io andavo a Firenze... con le stesse modalità non sarebbe morto nessuno, perché io una bomba lì non la mettevo, perché ho una coscienza mi spiego?". In entrambe le situazioni Messina Denaro non confessa ma non nega, e si chiama fuori dalle scelte più scellerate dell'organizzazione. Vuole dire che lui fa parte della mafia buona. Peccato però che non sia mai esistita. Dalle pagine de La cattura emerge anche tutta la sua arroganza, basta riprendere ciò che scriveva ai parenti: "La storia dimenticherà i miei nemici ma non dimenticherà me". E alla figlia che si è riavvicinata a lui solo in queste ultime settimane: "Tu hai nel sangue il gene ereditario della sicurezza, un giorno sentirai dentro di te la forza e l'energia della tua stirpe". Nelle chat che abbiamo pubblicato in anteprima su MOW ne abbiamo un'altra dimostrazione: "Non parlare con Dio, parla con me" dice all'amica di chemio. O ancora: "Il tumore ha paura di me. Ora questo mi ammazza, dice". Si sbagliava, è stato il contrario. In questo caso è stato smentito dai fatti, quando invece nelle sue lettere parla di amicizia o di amore De Lucia gli contrappone le parole di Borsellino sugli stessi temi. Perché in questo mondo malato è bene ricordare chi è dalla parte del bene e chi invece dalla parte del male.
Il giorno dei giorni
Ne La cattura arriviamo infine al momento clou, quello dell'arresto: De Lucia e Guido che si vedono al bar, scambiano qualche battuta sui gol della domenica, giusto per smorzare la tensione, ordinano un cappuccino e un cornetto, poi vanno in tribunale, danno un'occhiata alle foto di Falcone e Borsellino prima di entrare nella stanza del procuratore capo e collegarsi con gli operativi sul campo. Alle 8:13 il finto Bonafede si registra in ospedale, i carabinieri in borghese lo individuano. Ha il montone e un cappellino. Invece di salire in ascensore esce. Nessuno se lo aspetta e per qualche minuto lo perdono. Ma la zona è circondata, ci sono due anelli di forze dell'ordine a controllarla. Alle 9:12 la comunicazione: lo abbiamo preso. Lui e Paolo si abbracciano. De Lucia chiama la moglie, che si commuove. Matteo Messina Denaro era tornato in auto ad aspettare che lo chiamassero per cominciare la chemioterapia. Il resto è storia: le foto della madre e del padre nel portafoglio insieme alla carta di Joker e una piccola busta contenente 32 sue foto tessere in abiti ed età diverse (chissà perché se le portava dietro..), le perquisizioni nei suoi covi, le immagini e le chat nei due cellulari.
E adesso?
Ma non è finita qui, dice De Lucia. E non è finita nemmeno con la sua morte. Infatti il libro si chiude con una serie di riflessioni generali sulla giustizia, elogiando le intercettazioni, i collaboratori di giustizia e il 41 bis, tre strumenti preziosissimi troppo spesso messi in dubbio nelle varie riforme proposte. per questo, De Lucia ripete che non bisogna mollare. Perché se è vero, come scrive, che su alcune cose non ci può che essere una verità storica dato che per quella processuale sono passati troppi anni e non si può più raggiungere (è un riferimento all'inchiesta di Firenze sui mandanti delle stragi in continente dove si fanno ancora i nomi di Berlusconi e Dell'Utri? Chissà..), è altrettanto vero che non è possibile abbassare la guardia sulla lotta alla cultura mafiosa. Non bisogna dimenticare, spiega De Lucia, che il capo della mafia può essere solo palermitano (e quindi non lo era Matteo Messina Denaro), che è necessario vigilare sui fondi del Pnrr, che il traffico di stupefacenti è una delle fonti economiche primarie della mafia ed è un segnale il fatto che sia in continuo aumento con interi quartieri di Palermo (vedi Ballarò) invasi dal crack, che le key word della criminalità organizzata sono complessità ed elasticità. Ovvero: immersione e invisibilità. Ecco il motivo per cui diciamo che fin quando non sarà sconfitta la connivenza di una parte della società Matteo Messina Denaro non sarà morto. Anche se molti risultati sono stati raggiunti. Ed è giusto e sacrosanto sottolinearlo. Viene in mente un altro passaggio del libro, quando De Lucia racconta del suo arrivo a Palermo nell'estate del 1990, in auto. Ad accoglierlo c'è Giovanni Falcone. Che gli stringe la mano e gli dice: "Qui c'è tanto da fare". Be', lui e i suoi uomini lo hanno fatto. E lo continueranno a fare. Perché se pensiamo che con l'arresto di Messina Denaro prima e con la sua morte adesso la mafia sia finita ci sbagliamo. Sarà importante continuare a parlarne e combatterla.