Se c’è un’estetica del male, questa è l’estetica del potere. Nel Giudizio universale di Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova, il diavolo siede sul trono del Leviatano, il serpente biblico simbolo dell’invidia, divenuto poi simbolo del potere assoluto. Una solida tradizione libertaria collega il Leviatano al diavolo e, quindi, il cristianesimo a una religione anarchica (si veda per esempio il libro di Guglielmo Piombini, La croce contro il Leviatano). Oggi il potere, così come il male, non viene più rappresentato come negli affreschi di Giotto. Non ci sono più capri malvagi che divorano corpi e che siedono sui troni. Nella nostra epoca il male ha acquistato altre forme. Ma l’analogia Leviatano-Stato resta fondamentale.

Oggi l’estetica del male, è l’estetica dello Stato. E mai come in queste ore, in cui la popolazione fa pressione nelle strade, l’estetica del male si esprime con perversa coerenza rispetto allo slogan fascista “Credere, obbedire, combattere”. No, non c’entra il fascismo, a meno che non si intenda con questo termine ciò che più propriamente è stato definito nel Novecento "socialismo", cioè l’ideologia politica che pone al centro lo Stato. Così, mentre in piazza si riversano forse tre milioni di persone, tra gli scioperi del 3 e del 4 ottobre, Giorgia Meloni, di ritorno da Assisi, si premura di ringraziare le forze dell’ordine, per il modo in cui stanno eroicamente contenendo la società civile in rivolta. Scrive: “Un sentito ringraziamento alle Forze dell'Ordine per il lavoro straordinario svolto in questi giorni complessi, nonostante abbiano dovuto fronteggiare aggressioni, lanci di oggetti e tentativi organizzati di scontro. La mia vicinanza va a tutti gli agenti rimasti feriti: la loro professionalità e il loro coraggio rappresentano un presidio indispensabile per la sicurezza della nostra Nazione”. Il suo partito pubblica una foto che vale più di qualsiasi dichiarazione. Eccola qui.

L’estetica del male appunto. Guanti imbottiti, divise, scudi antisommossa. La caratteristica principale dello Stato è il monopolio legale della violenza. Nessuno può agire in modo violento al di fuori dello Stato. Questo potere assoluto di violenza da parte dello Stato viene mascherato attraverso regolamenti interni e falsa vigilanza, ma basterebbe vedere qualche video di questi giorni per rendersi conto che le forze dell’ordine hanno un ruolo politico prima ancora che di sicurezza. Basti vedere, cioè, la carica di una squarda di agenti contro dei ragazzi che stavano provando a raccogliere da terra uno di loro in difficoltà. Quattro sparuti manifestanti, innocui, caricati in modo gratuito dalle forze dell’ordine, addestrate, armate, legalmente titolate ad agire con bastoni, stivali e scudi.
Come spiega il filosofo Michael Huemer, la polizia non ha nessun dovere morale di difenderci. Il caso americano è esemplificato bene con un esempio tratto dal suo libro, Il problema dell’autorità politica: "Se esiste un contratto tra lo Stato e i suoi cittadini, allora lo Stato deve avere l'obbligo di fare qualcosa per i cittadini. Dato che la protezione dal crimine è la funzione dello Stato più essenziale e ampiamente riconosciuta, si deve presumere che lo Stato abbia un qualche obbligo per ciò che si riferisce alla protezione del crimine. [...] Una mattina del marzo 1975, due uomini penetrarono con la forza in una casa di Washington, DC, dove risiedevano tre donne. Le due donne che erano al piano superiore udirono l'irruzione e le urla della loro coinquilina che provenivano dal piano inferiore. Telefonarono alla polizia e si sentirono dire che i soccorsi stavano arrivando. Strisciarono fuori da una finestra fino a un tetto vicino e aspettarono. Videro un'auto della polizia passare vicino alla casa e poi allontanarsi. Un altro agente aveva bussato alla porta ma, non avendo ricevuto risposta e non vedendo segni di effrazione, aveva deciso di andarsene. La polizia non controllò l'entrata posteriore della casa, da cui i criminali avevano in realtà fatto irruzione. Rientrando in casa, le donne al piano superiore udirono la coinquilina gridare ancora, e chiamarono di nuovo la polizia. Venne loro assicurato che i soccorsi erano per strada, ma in effetti nessun agente venne mandato a rispondere alla seconda chiamata. Quando le grida della loro coinquilina cessarono, le due donne al piano superiore pensarono che la polizia fosse arrivata. Richiamarono l'attenzione della coinquilina al piano inferiore, cosa che servì solo ad avvertire i criminali della loro presenza. Quindi i due criminali rapirono le tre donne e le portarono nell'appartamento di uno di essi, dove le picchiarono, le rapinarono e le violentarono per quattordici ore. [...] Le donne citarono in giudizio il Distretto della Columbia di fronte al tribunale federale, per la negligente mancanza di protezione. [...] il giudice respinse il caso senza processo. [...] Ciò che la Corte negò fu, prima di ogni altra cosa, che il governo avesse un qualsiasi dovere di fornire protezione alle tre donne. La Corte d'Appello citò 'il principio fondamentale secondo cui un governo e i suoi ufficiali non sono sottoposti a un dovere generale di fornire servizi pubblici, quali la protezione della polizia, a un qualsiasi privato cittadino'. Il dovere del governo, spiegò il tribunale, era solamente un dovere verso il pubblico in generale, di fornire un generico deterrente al crimine.”
Spostando la questione in Italia, basti rilevare che le Forze dell’ordine sono “al servizio della Repubblica” (art. 87 del Codice dell’Ordinamento militare) e hanno costituzionalmente il compito di “difendere la Patria”. Il loro compito prioritario è, inoltre, la “difesa dello Stato” (art. 89 del Codice dell’Ordinamento militare). I singoli corpi di polizia hanno poi dei riferimenti alla salvaguardia dei “diritti dei cittadini”, in ogni singolo caso, comunque, dopo un altro compito, considerato fondamentale: “la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”. Insomma, sembra che le forze dell’ordine abbiano in effetti un dovere verso il pubblico in generale, i cittadini in senso astratto. Non è chiaro, concretamente, come questo dovere sia declinato quando, per esempio, gli agenti caricano dei manifestanti inermi (non tutti i manifestanti caricati, infatti, sono dei rivoltosi armati di mazze e con il volto coperto, come abbiamo visto nel video sopra, o come si può vedere in vari video dei cortei che hanno bloccato per esempio la tangenziale di Bologna). Una cosa più chiara da definire, invece, è il dovere di mantenere l’ordine e la sicurezza, poiché questi compiti sono dichiaratamente dettati dall’alto e cioè dallo Stato. Per chiarezza e priorità, insomma, le forze dell’ordine sono legate al potere dello Stato e, quindi, del governo. In altre parole, è evidente che le forze dell’ordine abbiano la priorità di difendere chi è al potere.

Per questo Giorgia Meloni li ringrazia. E non perché sia Giorgia Meloni. Chiunque, anche Elly Schlein, li ringrazierebbe. La natura stessa del male in Occidente si esprime in ogni discorso come “possibilità di usare la violenza senza renderne conto”. Quando Giorgia Meloni o Salvini condannano gli scontri in strada, stanno condannando la violenza slegata da ogni legge. I manifestanti sono da condannare perché non hanno il diritto di essere violenti. Chi ha il diritto di essere violento? In senso stretto solo chi ha l’incarico istituzionale per poter usare violenza in modo legale. Le forze dell’ordine appunto. Giorgia Meloni, in giorni di rivolta popolare, più o meno giustificabile, più o meno comprensibile, ha un’unica priorità, ringraziare lo strumento che permette allo Stato di mantenere l’ordine attraverso libertà concesse in modo esclusivo a chi indossa una divisa e lavora per conto della Repubblica. Quello in campo non è allora uno scontro tra individui, ma uno scontro tra libertà, la libertà di usare violenza (poiché lo Stato ha il monopolio su di essa), contro il divieto di usarla. Ancora una volta, assistiamo a un doppio standard morale. Se i civili agiscono violentemente contro lo Stato sono criminali, se lo Stato agisce violentemente contro i civili è nel giusto. Ogni governo si siede sul trono del Leviatano.
