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“Sulla libertà” di Timothy Snyder viene osannato da tutti (soprattutto i comunisti), ma è il libro perfetto per capire cosa la libertà non è

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

4 ottobre 2025

Se volete capire cosa non è la libertà, leggete l’ultimo libro di Timothy Snyder, pieno di bugie, manipolazioni e propaganda
Un libro che dovrebbe spiegarci cos’è la libertà, ma che in realtà per oltre trecento pagine ripete il solito catechismo amato dai socialisti (infatti gli intellettuali di sinistra hanno esaltato questo saggio). “Sulla libertà” dell’intellettuale Timothy Snyder è un libro pieno di bugie e senza argomentazioni, che piacerà a tutti, tranne a chi davvero importa della libertà

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Ho letto l’ultimo libro di uno storico che apprezzo, Timothy Snyder. Alcuni suoi libri, come Terra di sangue: L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin, sono molto interessanti. L’ultimo, Sulla libertà (Rizzoli, 2025), non è uno di questi. Nel migliore dei casi mi sento di definirlo un libro senza senso. A voler pensar male, invece, mi sembra un libro mendace, pieno di “fake news”, di errori teorici, frutto di una cattiva comprensione di alcune tematiche. O peggio: Snyder potrebbe aver creato degli “argomenti fantoccio” di proposito per ridicolizzare e liquidare teorie complesse della libertà, come quella dei libertari. Una cosa di cui mi son reso conto, in effetti, è che si fa davvero fatica a comprendere – a prescindere dal sostenerla o meno – il libertarismo di destra (cioè l’unico anarchismo coerente).

La tesi di Snyder nel libro è questa: ci siamo abituati a concepire, soprattutto nei Paesi anglofoni e a capitalismo avanzato, che la libertà sia sempre una libertà negativa, cioè una “libertà da qualcosa”. Per esempio libertà dallo Stato, dalle tasse, ecc. Questa idea di libertà non solo è sbagliata, per Snyder, ma pericolosa, ed è alla base non solo del razzismo sistemico americano ma anche, per esempio, di guerre e persino dell’Olocausto. Snyder semplifica troppo, o dimostra di non aver compreso cosa sia la “libertà negativa”.

"Sulla libertà" di Timothy Snyder (Rizzoli, 2025)
"Sulla libertà" di Timothy Snyder (Rizzoli, 2025)

Per Snyder, l’Olocausto si basa sulla “libertà dagli ebrei” e dunque su una libertà negativa. In realtà nessuna declinazione della libertà negativa può portare a uccidere in massa 6 milioni di ebrei. Se volessimo stare al gioco di Snyder, potremmo dire anzi che questa è semmai una libertà positiva, la libertà *di vivere* senza ebrei, dove ciò che conta non è l’assenza dell’ebreo, ma l’azione positiva di costruire un mondo senza ebrei. Anzi, volendola interpretare in questo senso, avrebbe anche più logica concepire alcune possibili derive dei sostenitori della libertà positiva nelle università: quando i gruppi woke chiedono le dimissioni o vogliono censurare dei docenti per esempio critici rispetto all’ideologia transgender, non stanno sostenendo un tipo di libertà negativa, una “libertà dai docenti transfobici”. Quello che stanno sostenendo è un particolare tipo di “libertà positiva”, la purga. Le purghe sono azioni positive, che mirano a costruire qualcosa (un impero di ariani per esempio), non a liberare le persone da vincoli esterni.

Per Snyder anche le guerre, abbiamo detto, sono provocate da una concezione della libertà negativa. Questo è del tutto falso, basti pensare che i libertari, in generale, sono a favore dell’isolazionismo e sono contrari alla guerra. Posso esserci casi specifici in cui libertari diversi hanno opinioni diverse su casi particolari (per esempio sul conflitto israelopalestinese Walter Block ha sostenuto che Israele avesse diritto alla risposta violenta dei due anni successi al 7 ottobre, mentre Hans Hermann Hoppe era totalmente contrario), ma di base la libertà negativa non è mai una “libertà attiva”. La possibilità di fare una guerra, per uno Stato, si basa semmai su una libertà positiva, la “libertà di fare la guerra” (non la libertà da qualcosa).

Per Snyder, infine, il razzismo sistemico americano sarebbe una diretta conseguenza della concezione della libertà come libertà negativa, poiché questa è l’idea di libertà che avevano gli schiavisti dell’America del Sud e che oggi hanno i bianchi privilegiati. Di base, un ricco proprietario terriero nell’Ottocento doveva difendere solo la propria libertà negativa, per esempio la libertà dallo Stato o da altri proprietari terrieri. Secondo Snyder non aveva interesse a concepire la libertà come positiva. Una declinazione abbastanza pregnante della libertà positiva, per esempio, è l’accesso alla sanità, poiché la salute, per Snyder, è una premessa necessaria per qualsiasi teoria della libertà dai greci a oggi. Della serie: “Quando c’è la salute c’è tutto”. Visto lo stato della medicina nel Settecento nell’Ottocento, il ricco bianco privilegiato non aveva bisogno di questa libertà, poiché ciò che gli interessava era semmai, accettato il proprio destino, di morire nel suo letto mentre accudito da schiavi e servi che avrebbero garantito poi ai suoi eredi di mantenere l’attività. Questa lettura, anche a chi non si intende di storia, è quantomeno superficiale. Potremmo anche accettare questa visione a due dimensioni (2d) della psicologia umana del bianco proprietario di terre dell’America del Sud. Ma è veramente difficile dimostrare che questa psicologia 2d sia stata ereditata dai bianchi di oggi. E infatti Snyder lo afferma, ma non lo dimostra. Non solo, mentre scrive questo con l’obiettivo di dimostrare quanto il razzismo di oggi sia sbagliato, sta di fatto sostenendo un’equazione perfettamente razzista. Se oggi io dicessi che, in virtù della loro condizione di schiavi un secolo fa, i neri hanno una mentalità da schiavi, probabilmente non potrei più lavorare. Allora perché dovrebbe essere legittimo sostenere che, in virtù della loro condizione di privilegiati un secondo fa, i bianchi oggi hanno una mentalità da schiavisti? 

Una cosa interessante da notare, infine, è questa: in realtà si usa il concetto di “libertà negativa” in modo improprio. Cosa c’entra la libertà negativa con il lasciarsi morire non è molto chiaro. I sostenitori della libertà negativa non difendono solo la libertà dalle istituzioni, ma anche la libertà dai vincoli che queste istituzioni impongono. In altre parole, un sostenitore della libertà negativa potrebbe voler essere libero di curarsi senza che uno Stato, per esempio, glielo vieti.

Timothy Snyder
Timothy Snyder

Tutto il ragionamento di Snyder, che abbiamo visto essere campato in aria, ha come obiettivo non solo quello di sostenere una concezione della libertà come libertà positiva, cioè “libertà di” e non “libertà da”. L’idea che esistano due libertà, una positiva e una negativa, è stata teorizzata nel modo più completo da Isaiah Berlin, che chiaramente, però, non voleva rifiutare una delle due libertà in favore dell’altra. Snyder, invece, sembra doverci convincere che l’unica libertà buona è la libertà positiva. Cioè va oltre i discorsi liberali, per sfociare direttamente in discorsi “socialisti” (nell’accezione austriaca del termine; e cioè in discorsi “dirigisti”). Il punto, espresso chiaramente nelle conclusioni, è proprio questo: una società di individui liberi ha bisogno di uno Stato. Ecco le parole che Snyder usa per sostenerlo:

“Certo, va ammesso che lo Stato può essere oppressivo. Di fatto, però, le alternative sono tra un governo migliore e un governo peggiore. Noi possiamo e dovremmo essere molto creativi per quanto riguarda la giustificazione del governo e la sua forma, ma la scelta di non avere alcun governo implica una fede infondata (vera o finta che sia) in qualche forza più grande che organizzerà le cose al posto nostro; di fatto, una scelta del genere conduce soltanto a un cattivo governo, alla tirannia dei ricchi e degli spietati. Nelle circostanze odierne, annullare il governo significa andare incontro all’umiliazione e all’estinzione a causa del cambiamento climatico.”

Questa è quella che potremmo definire una comprensione scolastica della libertà degli antistatalisti (per capirlo potreste leggere un libro uscito di recente per Liberilibri, A scuola di declino, di Andrea Atzeni, Luigi Marco Bassani e Carlo Lottieri). Secondo questa concezione elementare delle idee antistataliste, chi sostiene la creazione di società senza Stato è sostanzialmente un primitivo che venera il fuoco in caverne pittate con scene di caccia. Il fuoco degli antistatalisti di destra, che sono poi quelli che dal libro di Snyder dovrebbero uscire con le ossa rotte, è la “mano invisibile” del mercato. Quindi, chi non vuole il governo ha una “fede infondata in qualche forza più grande che organizzerà le cose al posto nostro”. La prima domanda che dovreste farvi è: ma quanti libertari credono una cosa simile? La risposta è: nessuno. Nessuno crede che le cose andranno come devono andare grazie alla potenza ordinatrice di un nuovo Dio, il Dio mercato. La “mano invisibile” di Adam Smith è una metafora per indicare che le cose raggiungono un ordine spontaneo, che nessuna mano visibile, per esempio la mano di uno Stato, può governare o creare da sé. Quello che la storia delle economie pianificate ci dimostra è proprio questo: non esiste nessuno Stato con una capacità di calcolo tale da poter tener conto di tutte le variabili che confluiscono a creare un ordine all’interno di una società. Gli Stati che sono convinti del contrario o falliscono (Urss) o per non fallire si convertono, almeno in parte, a una qualche forma di capitalismo (la Cina). Nessun antistatalista crede dunque a qualche Dio ordinatore, a qualche Leader taumaturgo.

"L'etica della libertà" di Murray Rothbard, uno dei libri fondamentali del libertarismo americano criticato da Snyder
"L'etica della libertà" di Murray Rothbard, uno dei libri fondamentali del libertarismo americano criticato da Snyder

E qui arriviamo all’ultimo punto veramente critico di Snyder, il breve paragrafo in cui crede di demolire il libertarismo di destra, cioè l’anarcocapitalismo. Ecco come lo descrive:

Prima affermazione: “Negli Stati Uniti il termine «libertarismo» è in genere usato per indicare un’ideologia di sottomissione all’inesistente «libero mercato», basata su contraddizioni e menzogne.”

Seconda affermazione: “Quando i libertari sostengono che i mercati difendono la libertà, ciò che davvero intendono dire è che gli esseri umani hanno il dovere di difendere i mercati. In un «libero mercato», la libertà è definita come il diritto delle cose di circolare senza essere ostacolate dagli esseri umani, che sono a loro volta definiti come barriere o entità che hanno dei doveri nei confronti delle cose. Agli esseri umani va negata la libertà di cambiare il modo in cui funziona il capitalismo, e proprio tale negazione dev’essere etichettata come «libertà»; pertanto, in un «libero mercato» la politica inizia da un’oppressione orwelliana.”

Terza affermazione: “Il «libero mercato» esiste solo come slogan che copre delle contraddizioni senza senso e giustifica la prepotenza politica. Nel mondo non esiste né può esistere alcun «libero mercato». Il capitalismo senza norme e leggi è una forma di conquista assassina. Se qualcuno invade il vostro Paese, si impossessa della vostra casa, riduce in schiavitù i vostri figli e mette in vendita i vostri reni, ciò che avete davanti agli occhi è la magia del mercato non regolamentato all’opera.”

Quarta affermazione: “Il libertarismo ci richiede di essere prevedibili. L’ideologia del «libero mercato» ci riduce a robot che seguono semplici algoritmi.”

Ci sono poi degli appunti di cronaca, come quello, in effetti reale, che evidenzia come molti libertari oggi sostengano posizioni antiscientifiche su combustibili fossili e altro. La cronaca, tuttavia, non è mai un buon fondamento per una teoria. Esistono ponti che crollano ma non per questo rifiutiamo l’ingegneria. Concentriamoci però su queste quattro affermazioni di Snyder, che costituiscono una caricatura insensata del libertarismo.

Prima affermazione: in America il termine è usato per indicare un’ideologia di sottomissione al libero mercato. Questa frase è contraddittoria, quindi assurda. Non può esistere sottomissione al libero mercato. Il libero mercato, per definizione, è un mercato tra individui liberi. Nel libero mercato nessuno è sottomesso, poiché nessuno è costretto a comprare o vendere qualcosa contro la propria volontà. Al contrario, fuori dal libero mercato la sottomissione è evidente. Per esempio, io posso essere costretto a pagare delle tasse, cioè a spendere i miei soldi, contro la mia volontà. Non esiste infatti nessun “libero Stato”. Se esistesse, sarebbe contraddittorio parlare di “sottomissione al libero Stato”. La sottomissione al “libero mercato” è dunque un’assurdità, che fa effetto a livello comunicativo: provate infatti a far provare simpatia per un’ideologia che sottomette qualcuno. È chiaro che l’uso di questi termini ha uno scopo, questo sì, ideologico.

Seconda affermazione: nessun libertario sostiene che i mercati difendano la libertà. Il mercato non è un soggetto. Il mercato è un esempio di relazione morale basata sulla libertà di scelta degli individui coinvolti. È evidente che siano gli individui a dover difendere il mercato, così come dovrebbero difendere altre forme di relazione volontaria: la famiglia, le gare sportive, la ricerca scientifica. In senso lato, un libertario non è un sostenitore del libero mercato, ma di ciò che il libero mercato rappresenta in modo emblematico: transizioni libere coerenti con la natura umana.

E qui passiamo alla terza affermazione: che il libero mercato sia solo uno slogan è una bugia, a meno di non voler sostenere che l’azione umana sia solo uno slogan. Il libero mercato dei libertari, infatti, è il risultato di una riflessione che nasce dallo studio dell’azione umana (prasseologia), non da qualche altro principio campato in aria. Secondo i libertari è importante capire i tipi di azioni che l’uomo può compiere. Le azioni volontarie sono azioni naturali dell’essere umano, cioè azioni che l’uomo, in assenza di vincoli esterni, compierebbe. Facciamo un esempio: durante uno spettacolo, il comico Matt Rife ha scherzato per un po’ con una ragazza di 37 anni che per il suo compleanno aveva chiesto di assistere allo spettacolo e ricevere un autografo. Poco dopo, dall’altra parte della platea, un uomo si è proposto per acquistare la maglia di Rife per 900 dollari. Un altro uomo ne ha proposti 1000. Un ultimo, infine, ne ha proposti 1100 in contanti e ha ottenuto la maglia di Rife. Ma il comico, una volta presi i soldi e dopo averli contati, decide di darli alla ragazza con la Sla in platea e le augura così buon compleanno.

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La seconda azione è un regalo, la prima una compravendita. Nella nostra società non abbiamo problemi ad accettare la seconda (anche se alcuni, come per esempio i sostenitori della tassa di successione, vorrebbero impedire anche che si possano fare regali senza pagare un “ticket” allo Stato); ma abbiamo molti problemi ad accettare la prima transizione volontaria senza credere che le due persone coinvolte avrebbero dovuto pagare qualcosa per compiere regolarmente l’acquisto. Una tassa, magari calcolata come percentuale del prezzo del bene venduto, che bisogna garantire allo Stato. Questo può spingerci, per esempio, a non voler vendere dei nostri prodotti in strada, perché, anche se lo Stato ci permette di farlo qualche volta (in Italia la vendita di beni di seconda mano non è tassata, ancora), non ci permetterebbe di farlo sempre. Se io domani avessi bisogno di soldi e scegliessi di mettere su un negozio in cui vendere tutti i miei libri, tutti i miei vestiti, tutti i miei cuscini e tutte le mie stoviglie, dovrei pagare qualcosa allo Stato. Ora, torniamo alla domanda iniziale: qual è l’azione coerente con la natura umana? Ovviamente quella che compiremmo se non ci fossero vincoli esterni, non imposti dalla nostra natura. È umano commerciare (così come regalare), mentre non è umano (e per i libertari è addirittura disumano), cioè naturale, tassare. Tassare è un’azione che in condizioni di totale libertà nessuno compirebbe, poiché nessuno accetterebbe di cedere dei soldi contro la propria volontà. Tutto questo dimostra che il libero mercato non è uno slogan, ma un dato di fatto contro cui le istituzioni statali e gli intellettuali statalisti come Snyder combattono.

Quarta affermazione: no, il libero mercato non ci vuole prevedibili. Questa è forse una visione, quantomeno in apparenza, coerente con il modello economico neoclassico, retto da formule matematiche e numeri. Il libertarismo, soprattutto quello delle origini, si fonda però sull’economia di scuola austriaca, che rifiuta la matematizzazione della natura umana e dunque del mercato (pur accettando, almeno nei tempi più recenti, qualche compromesso). Qui bisogna tornare all’idea della mano invisibile. Per Snyder i libertari credono nel Dio mercato che tutto regola, ma abbiamo visto che non è così. L’ordine che si genera è spontaneo. Cosa vuol dire? Che le persone possono accordarsi e, attraverso le loro scelte, possono generare dei sistemi, cioè una rete di azioni che si influenzano a vicenda. Questo sistema può essere giusto o ingiusto, a seconda di come sono le azioni che lo caratterizzano. Se le azioni sono volontarie e libere, come vorrebbero i libertari, allora il sistema sarà giusto. In caso contrario sarà sbagliato. Nessun libertario sa esattamente come sarà una società giusta, poiché ciò che si genera attraverso relazioni volontarie non sarà mai calcolabile (chi vuole calcolare il futuro, invece, è di solito un socialista). È quella che, in termini un po’ difficili, viene chiamata “eterogenesi dei fini”, cioè il fatto che qualcosa possa generarsi anche contro le nostre aspettative.

Insomma, Timothy Snyder ha scritto un libro superficiale, in cui o mente o dimostra di non aver capito ciò di cui parla. Essendo un docente di Yale, con alle spalle una bibliografia solida su questioni storiche, è molto difficile credere che non abbia le capacità per capire il libertarismo o la vera natura della libertà negativa. Quindi è più probabile che questo sia un libro volutamente ideologico, lontano dall’esprimere concetti veri e dunque lontanissimo dal difendere teorie moralmente giuste.

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