“È la stampa , bellezza”. Ogni tanto questa battuta, una delle più note di tutti i tempi del cinema - che pronuncia Ed Hutcheson-Humphrey Bogart alla fine del film di Richard Brooks Deadline – U.S.A. - ben si presta alla reazione infastidita che ha avuto il premier Giorgia Meloni alle domande di alcuni giornalisti a margine della presentazione della Manovra 2023. E infatti, anche il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, l’ha utilizzata per criticarla. Ma bisognerebbe ricordarsela sempre, non solo quando conviene. Infatti, non è la prima volta che un presidente del consiglio dimostra di non gradire le domande dei giornalisti e, come accaduto in passato, arriva persino a dileggiarli o a escluderli dalle conferenze stampa. Non è necessario un grosso sforzo di memoria per ricordare che negli ultimi anni c’è un giornalista che ha vissuto sulla sua pelle ben due di queste esperienze e, allora, quasi nessuno reagì in modo corporativo per difenderlo o per rivendicare la libertà di stampa (e di critica).
Parliamo di Alberto Ciapparoni, ex Corriere dello Sport, l'Indipendente, il Venerdì di Repubblica, e da tempo è corrispondente parlamentare RTL 102.5. È lui che ha il triste primato di essere stato prima dileggiato e poi espulso dagli incontri istituzionali da due dei premier che hanno preceduto Giorgia Meloni. La prima volta successe nel 2020 con Giuseppe Conte, quando Ciapparoni si azzardò a chiedergli conto delle mascherine acquistate dall'ex commissario per l'emergenza Domenico Arcuri (su cui in seguitò scatterà una inchiesta della Guardia di finanza). Conte, visibilmente infastidito, invece di rispondere nel merito, disse: “Se lei ritiene di poter far meglio di Arcuri la terrò presente”. In quel caso, a parte sporadiche voci fuori dal coro, nessuna delle grandi testate sollevò indignazione. Non solo, perché lo stesso Ciapparoni due anni dopo provò anche l’ebrezza di non essere proprio ammesso a un incontro per porre delle domande a Mario Draghi. E lo scrisse lui stesso sui social: “Sono fuori dalla conferenza stampa. Scelta legittima ma che naturalmente non posso condividere. Da parte mia continuerò a fare richiesta di accredito e a preparare le domande che riterrò più opportune. Grazie a tutti per interesse e suggerimenti, farò comunque tesoro dei consigli”. A quanto pare, non piacquero le domande che l’inviato parlamentare pose al premier in una precedente conferenza sui “vaccinati che non trasmettono il virus”.
Oggi il copione si ripete, ma con premier Giorgia Meloni. Alcuni cronisti durante la conferenza stampa di presentazione della Manovra hanno chiesto più tempo per fare le domande ma, dopo che il premier è sembrato poco interessato a concederglielo, ha risposto in maniera seccata adducendo un impegno istituzionale: “Non è colpa mia. C’ho il presidente di Confartigianato che sta aspettando me”. E poi ha preso di mira i giornalisti accusandoli di essere stati “assertivi” e poco “coraggiosi” in altre circostanze, presumibilmente con il premier Draghi. Non certo un bell’atteggiamento da tenere verso chi ha il compito di spiegare proprio le azioni del governo ai cittadini attraverso giornali, siti, tv e radio. Ma, come dimostra il caso di Alberto Ciapparoni, bisognerebbe ricordarselo sempre. “È la stampa , bellezza”, ma per ora a fasi alterne.