Ogni funzione ha il suo punto di minimo e il suo punto di massimo. L’arco politico di Giorgia Meloni ha toccato il suo punto di massimo oggi al Meeting di Rimini? La standing ovation ricevuta dal pubblico della fondazione nata in seno a Comunione e Liberazione pare il ritratto plastico del consenso di Meloni in quella parte dell’Italia che l’ha portata al governo, ovvero chi non ha mai smesso di credere nella famiglia tradizionale e in Gesù Cristo, e che pretende un’immigrazione controllata. L’applauso interminabile è un’immagine potente in contraddizione con gli ultimi sondaggi politici che vedono il partito di Giorgia Meloni prossimo ad un declino, plausibilmente riscontrabile nelle prossime elezioni regionali, banco di prova sia per il sud che per il nord Italia. Si sa però, che la politica non si fa con i sondaggi, ma con i fatti e l’italiano medio è quello che ti porta in parlamento, poi al potere e sempre più in alto finché non si annoia e non vede l’ora di farti cadere rovinosamente. Ad ogni modo, per il momento, Giorgia Meloni, in seguito all’impulso iniziale e non banale da parte di Mario Draghi, ha soddisfatto alcune delle promesse fatte all’elettorato di riferimento, seppur non tutte, ed è arrivata a svelare un’ultima proposta, ovvero quello del calmieramento dei prezzi per le case da vendersi a giovani coppie, accusando quei cattivi maestri che hanno parlato solamente di utero in affitto e dell’arcaicità della famiglia tradizionale. Ma quali sono le promesse mantenute e quelle disattese da parte della Meloni?

Tra quelle mantenute ritroviamo il bonus da mille euro (una tantum) per i nuovi nascituri, in vigore dal primo gennaio di quest’anno, per chi ha un Isee non oltre i quarantamila euro annui; poi, entro i primi sei anni del proprio figlio i congedi parentali indennizzati all’80% salgono a tre. Inoltre, l’esonero contributivo per le madri lavoratrici con almeno tre figli è stato esteso in via sperimentale anche a quelle con due soltanto. A queste misure si contano purre il Fondo Dote Famiglia, con una dotazione di 30 milioni di euro a sostegno delle attività extrascolastiche dei minori, e il rifinanziamento dei fondi per gli asili nido, dove però la promessa di una gratuità generalizzata per il secondo figlio non si è ancora tradotta in realtà.

Altro terreno su cui Meloni ha insistito è quello della fiscalità. Il tanto evocato quoziente familiare rimane incompleto, sostituito da interventi mirati sulle detrazioni. Al contrario, un impegno pienamente rispettato è quello nei confronti delle scuole paritarie, con stanziamenti record di oltre 750 milioni di euro nel 2025 e l’innalzamento a 1000 euro del tetto per le detrazioni delle rette. La premier a Rimini ha rilanciato lo slogan della parità effettiva, senza tuttavia arrivare a una riforma organica del sistema. Sul piano etico e valoriale il governo ha invece portato a termine una delle sue battaglie simboliche: la maternità surrogata è diventata reato universale perseguibile anche se commesso all’estero, confermando una linea di chiusura netta. Diverso, invece, il fronte dell’immigrazione, dove l’esecutivo ha imposto vincoli alle varie Ong e varato il decreto Cutro, alzato i tempi di detenzione nei Cpr e ratificato il protocollo con l’Albania. I numeri degli sbarchi sono calati drasticamente nel 2024 rispetto all’anno precedente, ma sono tornati a crescere nei primi mesi del 2025, pur restando comunque al di sotto dei picchi precedenti. La premier, insomma, ha mantenuto alcune promesse chiave sul versante della famiglia e della scuola, altre le ha solo abbozzate e pure sul lato dell’immigrazione le cose non stanno molto diversamente. Insomma ogni curva che non sia una linea retta ha il suo punto di minimo e il suo punto di massimo. L’arco politico di Giorgia Meloni è destinato a misurarsi con entrambi. E come Roma dopo la vittoria su Cartagine, quando si giunge al culmine, vengono le vertigini e i franchi tiratori si preparano ad assistere al declino, che prima o poi, arriva.
