Miss Italia è ormai un relitto del passato, un concorso medievale che continua a sopravvivere aggrappandosi a regole e divieti sempre più anacronistici, mentre la società italiana evolve e chiede a gran voce libertà, inclusione e rispetto. Alla guida di questa macchina arrugginita c’è Patrizia Mirigliani, erede di un format che da decenni riduce le donne a corpi da misurare, giudicare e mettere in vetrina. Un concorso che, in un Paese davvero moderno, sarebbe già stato chiuso da tempo, liquidato come testimonianza di un’Italietta bigotta, televisiva e paternalista. La strategia della patron, però, è ormai sempre la stessa: trovare ogni anno un nuovo nemico da demonizzare pur di finire sui giornali e guadagnarsi qualche titolo a effetto. Non è più la passerella delle concorrenti a fare notizia, ma le regole censorie di chi lo organizza. Due anni fa, come ricorderete, Mirigliani aveva deciso di escludere le ragazze trans (nonostante la mia iscrizione provocatoria e la sua stessa dichiarazione di apertura datata 2014), cercando allo stesso tempo di strizzare l’occhio al governo e sperando di riguadagnare un posto in prima serata su Rai1. Non ci riuscì. L’operazione si rivelò un boomerang, una scelta discriminatoria che attirò critiche da ogni parte, sottolineando quanto Miss Italia fosse ormai distante dalla sensibilità contemporanea.

Quest’anno lo schema si ripete, ma l’obiettivo cambia. In collegamento con il programma “Agorà Estate”, in onda su Rai 3, Mirigliani ha annunciato che le candidate con un profilo su OnlyFans o piattaforme simili verranno automaticamente escluse. Il concorso, che già fonda la sua ragion d’essere sull’oggettivazione dei corpi femminili, pretende addirittura di ergersi a paladino della “moralità”, bollando come indegne le ragazze che scelgono di monetizzare liberamente la propria immagine. È un paradosso crudele e intollerabile: un concorso che da ottant’anni misura seni, fianchi e sorrisi pretende di stabilire quali corpi siano “accettabili” e quali no, discriminando e alimentando stigma e pregiudizi. Ma non finisce qui. Nel regolamento 2025 viene ribadito il divieto di ricorrere alla chirurgia estetica, a meno che non ci siano motivi medici. Chi è “visibilmente rifatta” viene esclusa. Chi vince, invece, ha persino l’obbligo contrattuale di non sottoporsi a interventi estetici per i due anni successivi. Una norma che non solo infantilizza le donne, ma si permette di mettere sotto sorveglianza perfino le loro scelte future, come se la libertà personale potesse essere barattata con una fascia e una corona. Patrizia Mirigliani ha parlato di “dignità e autenticità”, ma la realtà è che queste regole non hanno nulla a che fare con la tutela delle donne. Sono invece il segno di un paternalismo ipocrita che pretende di stabilire cosa sia moralmente accettabile, cosa sia naturale e cosa sia degno di essere eletto a modello della società. Miss Italia, con la sua estetica polverosa, non riesce a tenere il passo con una società che oggi riconosce la pluralità dei corpi, delle identità e delle scelte personali.

Non si tratta solo di un concorso che ha perso smalto, ma di un palcoscenico che, anno dopo anno, alimenta discriminazioni e stereotipi. In un’Italia che dovrebbe emanciparsi da certi retaggi, vedere un format simile ancora in piedi è un insulto alla dignità femminile. Il messaggio che arriva alle giovani donne è chiaro: il corpo non appartiene a voi, ma a un regolamento che decide cosa è puro e cosa è contaminato, chi è degna e chi no. Ma il tempo dell’ipocrisia è finito, cara Patrizia Mirigliani. Ti riempi la bocca di buoni propositi pur essendo la prima nemica delle donne. Non saranno certo i tuoi diktat a fermare una generazione che rivendica libertà, autodeterminazione e rispetto. La tua “Miss Italia” appartiene a un mondo che non esiste più, fattene una ragione.
