Diciamolo chiaramente: sull’esclusione dell’Italia (nella persona di Giorgia Meloni) dal vertice franco-tedesco all’Eliseo con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prima del Consiglio europeo, sia maggioranza che opposizione hanno torto marcio, seppur per motivi completamente diversi. La destra ha deciso di sposare il vittimismo in politica estera, mentre dalla posizione della sinistra trasuda ipocrisia da tutti i pori. Partiamo proprio da quest’ultima.
«Dal bilaterale con Zelensky all'incontro di gruppo insieme ad altri primi ministri. Italia sempre più ai margini dell'Europa. Davvero un peccato» scrive la responsabile Esteri del Pd, Lia Quartapelle, mentre Irene Tinagli, vicesegretaria del Pd e presidente della commissione Econ a Bruxelles, ha sottolineato come, solo pochi mesi fa, «l’Italia di Draghi sedeva con Macron e Scholz per decidere le strategie sulla guerra in Ucraina. Oggi i presidenti di Francia e Germania si incontrano con Zelensky a Parigi, senza l'Italia, sempre più isolata in Europa». A parte la solita litania trita e ritrita del messia Draghi, in passato è stato forse diverso? Suvvia. O forse il Pd dimentica le tensioni fra Giuseppe Conte - all’epoca del governo giallorosso, sostenuto proprio dai dem e cinque stelle - e l’allora cancelliera Merkel sul Mes? In quel caso, però, si difendevano gli «interessi nazionali» mentre ora l’Italia è isolata.
Un’altra domanda: visto che i democratici spesso confondono più o meno inconsapevolmente morale (o meglio, moralismo) e Politica, c’è da scommettere che se la premier italiana fosse stata la pasionaria Elly Schlein o Chiara Ferragni (vera segretaria del Pd), la sinistra avrebbe gridato al sessismo e al patriarcato dei due maschi bianchi ed etero Scholz e Macron. Ma poiché la premier donna italiana è di destra, niente solidarietà, né sostegno contro l’oppressione del regime patriarcale. Pazienza.
Sul fronte governativo non va meglio, anzi. La premier Giorgia Meloni ha accusato pubblicamente Francia e Germania di «minare l’unità dell’Ue». A parte che ci si chiede a quale unità si riferisca il Presidente del Consiglio, la cosa più grave è con questo atteggiamento fa apparire l’Italia ancor più ininfluente e piagnucolosa di quello che è realmente. Come ha spiegato Lucio Caracciolo, direttore di Limes, in un editoriale pubblicato La Stampa del 10 febbraio, Giorgia Meloni dimostra di non considerare i rapporti di forza in Europa poiché l’unica potenza nucleare e membro permanente del Consiglio di Sicurezza, insieme alla maggiore economia continentale, hanno da tempo formalizzato il loro primato in ambito comunitario. Supremazia ribadita peraltro in occasione del trattato di cooperazione franco-tedesca di Aquisgrana firmato il 22 gennaio 2019 tra la Francia del presidente Emmanuel Macron e la Germania dell’allora cancelliera Angela Merkel. È la realpolitk, bellezza, e questa piaccia o meno è la situazione in cui sguazza il nostro Paese da decenni, che ha tentato di reagire a quel trattato e di contrastare quell’egemonia con il Trattato del Quirinale siglato proprio con la Francia nel novembre 2021 e fortemente sponsorizzato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Troppi, tuttavia, i dossier su cui Roma e Parigi divergono - dalla Libia ai migranti - per sperare di replicare l’efficacia della formula franco-tedesca, che conferisce l’indiscusso primato economico a Berlino e quello dell’iniziativa geopolitica a Parigi. Unica nota positiva, da un certo punto di vista, è che nell’ambito della crisi ucraina Germania e Francia si sono dimostrate sostanzialmente impalpabili, schiacciate dalla volontà della superpotenza americana e dai Paesi dell’Europa orientale e dell’est, più filo-Washington che filo-Bruxelles e animati da un sentimento marcatamente antirusso per ovvie ragioni storiche. Semmai Meloni dovrebbe riflettere e dispiacersi di essersi completamente appiattita su una linea iper-atlantista e aver così abbandonato la tradizionale impronta diplomatica del nostro Paese, ponte fra Occidente e Oriente, Europa e Federazione russa. Il che non significa non condannare l’invasione russa dell’Ucraina ma tentare di cucirsi addosso un ruolo da protagonisti in ambito diplomatico un po’ come ha fatto la Turchia nei mesi passati. Invece ci siamo appiattati e schiacciati sulle posizioni degli altri. Ora lamentarsi con Francia e Germania è assurdo e semplicemente deleterio, oltre che inutile. Ridateci Andreotti e Craxi, grazie.