Sono partiti ieri, ma proseguono anche oggi gli Stati Generali della Rai, organizzati in Senato su impulso della presidente della Commissione di Vigilanza Barbara Floridia, dove sono a confronto esponenti politici e di governo, vertici di Viale Mazzini, giornalisti e esperti del settore, mentre in Parlamento è stata avviata la discussione sulla riforma della Rai e del settore radio televisivo. Ma nel frattempo i partiti sono ancora alle prese con lo stallo sulla votazione del presidente della tv pubblica. Così abbiamo chiesto a Michele Anzaldi, già deputato e segretario della Commissione vigilanza Rai, quali sono le criticità.
Anzaldi, agli Stati Generali della Rai è prevista un’ampia partecipazione anche di esponenti della maggioranza e del governo. Quindi è tutto risolto ora per la Rai? Arriveranno le riforme?
Al di là del prestigioso parterre di ospiti e relatori, che vede la presenza di molti autorevoli giornalisti ed addetti ai lavori, in realtà se parliamo di riforme mi viene in mente più il film “La stangata”.
In che senso, scusi?
Per fare le riforme ci vogliono i numeri e ci vuole un dialogo vero tra maggioranza e opposizione. Qui, invece, non vedo né gli uni, né l’altro. La maggioranza pensa addirittura di forzare per votare i giudici costituzionali, figuriamoci se dialoga davvero sulla Rai. L’unico cambiamento che credo uscirà fuori da questi Stati Generali sarà che la maggioranza avrà il presidente del Cda che vuole, mentre invece dovrebbe essere una personalità di garanzia, e un partito dell’opposizione avrà un direttore in più. Niente a che vedere con l’unica vera riforma importante sulla Rai votata in Vigilanza all’unanimità in tempi recenti.
A che si riferisce?
L’unico presidente della Vigilanza che è riuscito negli ultimi anni a portare a casa una riforma davvero decisiva per il servizio pubblico è stato Roberto Fico. Da esponente di minoranza, Fico dialogò con la maggioranza, nello specifico con il sottoscritto allora esponente Pd e segretario della Vigilanza, e con la sinistra, e la Vigilanza all’unanimità approvò il cosiddetto Piano News di Gubitosi, che istituiva le Newsroom e tagliava sprechi per 70 milioni di euro a regime. Una riforma necessaria, che porterebbe la Rai al pari con gli altri servizi pubblici europei e riformerebbe nel profondo un sistema dell’informazione pubblica che, come è chiaro a tutti, non funziona più. Una riforma coraggiosa, votata in Vigilanza e nel Cda Rai, che però i partiti hanno poi deciso di chiudere in un cassetto.
E ora quel progetto non potrebbe essere recuperato?
Si potrebbe applicare subito, è già pronto, ma non mi pare ci sia alcuna intenzione di ritirarlo fuori. Non a caso Roberto Fico, il più autorevole esponente M5s in tema di servizio pubblico e l’artefice di quella preziosa riforma, a quanto leggo dal programma a questi Stati Generali non è stato neanche invitato.
Perché i partiti sono contrari alle Newsroom?
Perché l’unico interesse delle forze politiche, quando si parla di Rai, è avere un direttore di fiducia, almeno quattro vicedirettori, nomine nei programmi, promozioni per i giornalisti considerati vicini, soldi per nuovi programmi, che spesso si rivelano clamorosi flop. In questo modo si sperperano i soldi del canone. La Rai è l’unico servizio pubblico europeo ad avere sette testate giornalistiche televisive, con relativi direttori, condirettori e vicedirettori. Nessuna altra tv pubblica ha un sistema del genere. Il risultato, però, non è solo una mole incredibile di sprechi, ma anche che il prodotto diventa scadente, perché non guidato dalla deontologia giornalistica, ma dalla fedeltà politica. Agli Stati Generali qualcuno affronterà il tema del crollo degli ascolti di questi Tg Rai? Qualcuno dirà che i telespettatori interessati all’informazione devono girare su La7 e Mediaset, reti commerciali che si reggono sulla pubblicità e non sul canone?