Michele Misseri, almeno a livello mediatico, non ha mai smesso di fare lo zio. Non solo di professione e non solo per black humor. Torna a farlo nelle ultime ore perché a tenere banco è il conto alla rovescia dei giorni che mancano alla sua liberazione. Il marito di Cosima Serrano e il padre di Sabrina Misseri, entrambe condannate all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi, la ragazza di Avetrana uccisa il 26 agosto del 2010, dopo la scarcerazione tornerà nella villetta di famiglia proprio in provincia di Taranto. O almeno, questo è quello che ha fatto sapere il suo legale. Una volontà che non ha mai messo di manifestare in tutti questi anni e il momento sembra essere arrivato. Difatti, grazie ai benefici di legge, che attribuiscono uno sconto di pena di quarantacinque giorni ogni semestre di detenzione, tra poche settimane sarà un uomo libero. Libero di riprendere la sua vita. Una vita fatta di lavoro nei campi. Quegli stessi campi che aveva abbandonato dopo aver calato il cadavere della nipote in una cisterna a campana situata in un terreno di proprietà in contrada Mosca. Senza il suo contributo in fase di indagini il corpo non sarebbe mai stato ritrovato. Solo per breve tempo, infatti, Sarah era rimasta nella terra degli scomparsi. Una terra che qualcuno a ragion veduta chiama terra del niente. Zio Michele aveva dato informazioni preziose alle indagini in seguito al delitto consumato proprio nella casa dove lui ora vuole tornare. Nonostante tutto. Una casa che ormai è da tempo disabitata. Del resto, non potrebbe essere diversamente dopo la traduzione in carcere dell’intera famiglia. Un uomo per certi versi controverso, che ha trascorso l’intera esistenza ad elemosinare l’amore delle donne della sua cerchia parentale. Un amore da sempre centellinato e proporzionato alle capacità lavorative dell’uomo stesso. Un sentimento funzionale oserei affermare.
Michele Misseri, il gran lavoratore che tutti descrivono ad Avetrana, ha assunto in un primo momento la colpa della morte di sua nipote, innescando un ciclo di confessioni e ritrattazioni che lo hanno portato alla condanna definitiva a otto anni per la sola, si fa per dire, per soppressione di cadavere. Solito dormire su una sdraio per non disturbare le due vere “padrone” di casa, Cosima e Sabrina, è stato esposto dalla stessa famiglia alla gogna mediatica, mostrando come fosse considerato l’ultimo della famiglia. Sacrificato sull’altare della giustizia nel tentativo di moglie e figlia di fargli assumere responsabilità che certamente non gli spettavano. Questo è stato per i giudici, e non solo, il piano escogitato dall’invidiosa Sabrina. E purtroppo, anche all’alba della libertà, l’uomo con un forte peso della coscienza, e spinto dall’amore incondizionato, e a senso unico, continua a dire di aver ucciso la nipote. Michele, infatti, non trova pace nemmeno dopo la condanna per autocalunnia e si proclama ancora il vero colpevole, esprimendo anche nei confronti dell’opinione pubblica tutto il suo struggimento. Uno struggimento conseguente al fatto che moglie e figlia lo hanno respinto fin dal momento in cui ha puntato il dito nei confronti della più giovane di casa Misseri. Un uomo mai accolto e che poteva entrare nelle loro grazie solo se avesse pagato al posto loro. Una cosa agghiacciante peggiore e seconda solamente alla vita di una ragazza di quindici anni sottratta in una calda giornata d’agosto. Adesso, per zio Michele si aprono le porte della libertà. Chissà, però, che sapore avrà.