Si è svolta in Corte d’Assise a Milano la prima udienza del processo per il femminicidio di Giulia Tramontano, la ragazza di ventotto anni uccisa lo scorso 27 maggio a Senago insieme al figlio Thiago che portava in grembo. Alla sbarra, lo sappiamo, il suo ex fidanzato Alessandro Impagnatiello. “Sono tante le persone a cui voglio chiedere scusa, anzitutto a Giulia e alla sua famiglia. Lo devo principalmente a Giulia. Non ci sono mai le parole giuste. È stato un gesto di disumanità, inspiegabile, che mi ha lasciato sconvolto e perso. Non vivo più. Quel giorno me ne sono andato anche io perché, anche se sono qui, non vuol dire che sono vivo. In un giorno ho distrutto la vita di Giulia e del figlio che aspettavamo”. Queste alcune delle frasi pronunciate in aula da Alessandro Impagnatiello con tanto di profusa lacrimazione, ma la verità è che le lacrime da lui versate ieri mattina in udienza, hanno lo stesso valore di quelle versate da Filippo Turetta quando ha confessato di aver ucciso Giulia Cecchettin. Altro non sono che lacrime di coccodrillo rivolte a sé stesso. L’ex barman dell’Armani adesso piange perché si rende conto di rischiare il fine pena mai. L’ergastolo. Questa è l’unica prospettiva di dolore che può sperimentare un uomo come lui. Allo stesso modo sono state del tutto strategiche le scuse che Impagnatiello ha rivolto in aula a Giulia ed alla sua famiglia. “Mi scuso, non posso chiedere perdono, ma mi scuso con tutte le persone. Non chiedo che queste scuse vengano accettate perché sento ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. L'unica cosa che io oggi faccio la sera è sperare di non svegliarmi più la mattina. Chiederò per sempre scusa a queste persone finché sarò qui”. Partiamo dalla fine di questo stralcio.
Il motivo per il quale il giovane dice di sperare di non svegliarsi più la mattina, è equiparabile alle lacrime: l’amara consapevolezza di dover passare parecchi giorni della sua vita dietro le sbarre. Non c’entra Giulia e neppure il figlio che portava in grembo. Questo lo sa bene la sorella Chiara Tramontano, che ha abbandonato l’aula per non sentire l’ex cognato. La dura realtà è data dal fatto che Alessandro Impagnatiello ha dimostrato una mente fredda e calcolatrice, pianificando attentamente l'eliminazione di Giulia Tramontano, incinta al settimo mese del loro figlio Thiago. La narrazione degli eventi rivela mesi di azioni nell'ombra, culminanti nell'agghiacciante omicidio. La premeditazione emerge chiaramente, a mio modo di vedere, dalle ricerche online sugli effetti di veleni sugli umani. Ricerche che risalgono al dicembre 2022. Sei mesi di pianificazione su come cancellare l’esistenza della sua compagna di vita e del bambino che portava in grembo. Proprio la selezione delle sostanze tossiche e il reperimento in rete di informazioni dettagliate sulla letalità del topicida, ed il relativo acquisto avvalendosi di uno pseudonimo, denunciano una ferma volontà del giovane. Difficilmente smontabile con una perizia psichiatria che verrà probabilmente richiesta dalla difesa. Quindi, a poco valgono le sue dichiarazioni così come le scuse per la disumanità. Non si diventa feroci assassini dalla sera alla mattina. Ci sono voluti mesi, ma alla fine Impagnatiello ha concretizzato il suo proposito criminale e sanguinario. Prima ha cercato di avvelenare Giulia. Poi, resosi conto che il suo modus operandi non dava i risultati sperati, l’ha massacrata a colpi di coltello. E lo ha fatto nel momento in cui la giovane lo ha messo al muro. Infatti, dopo aver avuto l’incontro chiarificatore con l’amante, Giulia aveva deciso di fidarsi del suo istinto, diventando scomoda e non più gestibile per Impagnatiello. “Voglio rifarmi una vita sola con il mio bambino” scriveva ad una delle sue più care amiche.
Dunque, in quel momento, nella sua mentalità distorta, Impagnatiello non aveva altra scelta se non quella di uccidere. Qualcuno obietterà, chiedendosi perché non l’abbia semplicemente uccisa. La risposta risiede proprio nella mentalità criminale. Difatti, per quanto possa sembrare scellerata una simile motivazione per uccidere, in questi anni di intervento nei principali casi di omicidio a livello italiano ho imparato un assunto fondamentale: uccidere rappresenta l’unico modo per affrontare un problema. E non è importante se quest’ultimo a noi sembri serio, fondato o futile. Ciò che conta è solo il punto di vista dell’assassino. Ma c’è un altro passaggio dirimente per capire chi è davvero Impagnatiello. Quest’ultimo solamente ieri ha speso parole per figlio, un figlio neppure menzionato al momento della convalida del fermo. Così facendo ha mostrato una solida volontà di prendere le distanze rispetto alla famiglia che stava per costituirsi. E lo ha mostrato sin da subito. Un atteggiamento, infatti, che si rifletteva già nella manipolazione del test del DNA, falsificato per convincere l’amante che non sarebbe diventato padre, perché il figlio che Giulia portava in grembo non era il suo. Un atteggiamento, dunque, che denunciava anche la forte volontà di allontanare simbolicamente il figlio dalla sua vita, sottolineando una carenza di legame emotivo persino con il sangue del suo stesso sangue. Il comportamento di Impagnatiello rivela un analfabetismo emotivo tipico di chi è concentrato esclusivamente sul soddisfacimento dei propri bisogni ed è incapace di provare empatia e compassione verso gli altri. Alessandro Impagnatiello, già padre di un bambino di otto anni avuto da una precedente relazione, non poteva tollerare la nascita di Thiago perché ciò avrebbe significato un dispendio economico ulteriore che gli avrebbe impedito di condurre la vita che avrebbe voluto condurre. Senza responsabilità e rivolta al soddisfacimento dei suoi bisogni più effimeri. La giustizia farà il suo corso, e sono convinta che l’ex barman verrà condannato al massimo della pena. Verrà condannato per la sua disumanità. La stessa per cui lui ha chiesto scusa. Troppo tardi.