Il caso Zuncheddu, dal momento in cui pochi giorni fa si è saputo della sua assoluzione, sta tenendo banco come uno dei più grandi errori della magistratura italiana nella storia recente. L’ex pastore era stato accusato di essere l’autore della Strage di Sinnai, avvenuta in provincia di Cagliari l’8 gennaio del 1991. Ora è libero, ma dopo essere stato trentatré anni in carcere: lo ha deciso la Corte d’Appello di Roma dopo il processo di revisione. Ma com’è possibile assistere ancora a errori giudiziari di questo genere? Possibile non ci sia un modo per evitare che degli innocenti perdano decenni di vita in carcere? Mentre queste domande vengono poste da molte associazioni e realtà impegnate per una riforma del sistema carcerario e della giustizia in Italia, abbiamo intervistato l’ex magistrato e deputata leghista Simonetta Matone che, nonostante il caso sia innegabilmente tragico, evidenzia anche un aspetto positivo: “Questo è un grandissimo successo perché la giustizia che sa riconoscere i propri errori”. È un’altra revisione a preoccupare la Matone, che si esprime sul caso in corso per la strage di Erba e ricorda Chicco Forte.
Deputata Matone, lei è stata un magistrato, ha letto la vicenda che ha riguardato Zuncheddu? Come si spiega un errore del genere?
Sì, sono stata un magistrato per quarantuno anni. Spiegare un errore del genere non è una definizione giusta, perché io non conosco le carte processuali. Non mi esprimo mai senza aver letto prima i documenti. Quel che so di certo è che il procuratore generale di Milano, Francesca Nanni, si è fatta carico di questa istanza di revisione, che è stata accolta. Questo è un grandissimo successo perché, da una parte, abbiamo la giustizia che sa riconoscere i propri errori, mentre dall’altra abbiamo la tragedia di un uomo che è stato detenuto per trentatré anni e a cui nessuno potrà restituire quello che gli è stato tolto.
Non c’è lo stesso trattamento, però, per un magistrato e per un medico, per fare un esempio di categoria colpita dall’errore.
L’errore esiste in qualunque categoria professionale, per cui non trovo serio il fatto che si facciano paragoni di questo tipo. Purtroppo, è accaduto questo, ma da qui a generalizzare su tutta la categoria è un’idiozia. Sto vedendo quello che sta accadendo sul caso di Rosa e Olindo, sul quale sto sentendo delle corbellerie giuridiche stratosferiche, a opera di tutti, soprattutto di soggetti che mentono sapendo di mentire.
A che cosa si riferisce quando parla di mentire?
Nel caso di Rosa e Olindo, ad esempio, mi riferisco al fatto che si dice che l’istanza di revisione sia stata accolta. L’istanza di revisione non è stata accolta, ma è stata fissata un’udienza nella quale si valuteranno gli elementi. Di qui la generalizzazione che tutti i casi giudiziari sono casi di gente che finisce in carcere per sbaglio. Non è affatto vero che le altre categorie pagano e che i magistrati non paghino. Noi stiamo cercando di riformare questo sistema ed esiste una cosa che si chiama responsabilità dei giudici. Esiste lo Stato che riconosce i suoi errori. Quest’ultimo è un aspetto positivo della vicenda Zuncheddu, tanto quanto possiamo dire che sia una tragedia inenarrabile e sotto certi aspetti irreparabile, perché trentatré anni sono una vita. Anni che sono stati vissuti in galera da innocente.
Tornando alla responsabilità dei magistrati, che cosa si pensa di fare in merito per cercare di limitare errori come questi?
La responsabilità esiste già, ma verrà ritoccata e migliorata. Vedremo che cosa verrà fatto come governo e come commissione giustizia.
Ha detto che difficilmente si espone su casi di cui non ha letto le carte. Ma ha l’esperienza per inquadrare correttamente la situazione.
Io sono vent’anni che vado in televisione ma, come mio costume, parlo di casi di cui ho letto le carte dalla prima all’ultima pagina. Nel caso Zuncheddu non ho avuto la possibilità di farlo, ma sono felice del fatto che il procuratore generale di Milano sopracitato, la dottoressa Nanni, che, peraltro, nella vicenda di Rosa e Olindo ha iniziato un procedimento disciplinare nei confronti di Tarfusser, abbia avuto l’onestà intellettuale di iniziare un procedimento di revisione. A lei va il mio plauso, come va il mio plauso alla quarta sezione d’appello di Roma, della quale conosco i componenti, persone di altissimo livello, che hanno accolto l’istanza di revisione annullando le sentenze. Peraltro, hanno anche scarcerato preventivamente, a novembre, Zuncheddu.
Quando lei ha esercitato la professione di magistrato, ha vissuto casi del genere?
Mi sono capitati casi di capi della mafia albanese assolti, pur raggiunti da prove certe. Mi è capitato l’inverso: le parlo di due o tre processi gravissimi, in cui c’è stata l’assoluzione di persone a mio avviso assolutamente colpevoli. Poi, peraltro, erano talmente tanto invischiati in altre vicende criminali, che comunque dal carcere non sono usciti, perché avevano accumulato un numero di ergastoli consistente. Quindi, semmai, il mio rammarico era quello di non essere riuscita a farli condannare.
Crede ci sia un accanimento eccessivo nei confronti della magistratura in generale?
No, non c’è un accanimento eccessivo, perché le vicende fatte emergere da Palamara giustificano una serie di attacchi alla magistratura. Questo non mi sento di dirlo, non c’è nessun accanimento nei confronti dei magistrati. Quello che dico è che non si può fare di tutta l’erba un fascio, perché il novanta per cento dei magistrati lavora a testa bassa, senza pensare agli incarichi o alle correnti e senza pensare agli intrighi di Corte. Questi sono la stragrande maggioranza e io odio le generalizzazioni, ma c’è un clima innegabilmente molto pesante. Alimentato, però, anche da vicende come quella di Palamara, che però non hanno portato ad alcun mutamento.
Quindi secondo lei dopo il caso Palamara non è cambiato niente?
A mio giudizio è cambiato pochissimo e questo è il mio grande rammarico. Trovo anche grave che sia solo Palamara a pagare. Lui è diventato il capro espiatorio di un sistema e questo io non l’ho mai trovato giusto, proprio perché io sono pervasa da un grande senso di giustizia. Non è giusto che sia stato radiato solo lui. Tutti quelli che si sono accordati con Palamara attraverso aggregazioni e quant’altro? Sono tutti al loro posto. È questo che non funziona perché è un sistema che si autoassolve costantemente.
Lei che contributo può dare per sciogliere questo nodo terribile?
Il contributo può essere quello di riportare le correnti alla loro destinazione originaria.
Ovvero?
Le correnti servivano a creare dei luoghi di dibattito e aggregazione sulle tematiche della giustizia e sull’ordinamento giudiziario. Nel momento in cui diventano gruppi di potere non vanno più bene.
Com’è stato per lei passare dalla magistratura alla politica? Si lascia mai la toga del magistrato?
I magistrati sono come i carabinieri, rimangono tali sempre nell’animo. Io, avendo fatto tutta la vita il pubblico ministero, con diciassette anni in procura minorenni, sette in procura generale, quindi ventiquattro della mia vita dedicati all’ufficio del pubblico ministero, l’atteggiamento mentale ti rimane sempre. E questo anche nelle vicende private. Quando qualcuno mi racconta qualcosa a cui io non credo, sono sempre lì a fare domande, talvolta anche trabocchetti dialettici, per giungere alla verità. È una sorta di abito mentale da cui non ti liberi mai e se devo dire la verità questa cosa mi diverte, non la trovo grave.
Da ex magistrato, è favorevole alla separazione delle carriere?
Sì. Anche se ritengo che i veri mali della giustizia siano legati alla non separazione tra pubblici ministeri e stampa. La vera alleanza è tra le procure e la stampa.
In che modo?
Nel far uscire le notizie al momento giusto, in questo iniziare procedimenti in prossimità delle elezioni, in questo violare il segreto istruttorio quando si avvicina la data delle elezioni. È questo che io trovo veramente orribile e che mi indigna profondamente.
Parliamo del patto non scritto tra magistratura e giornalismo?
Non è un patto, è proprio un dato di fatto non smentibile, che coinvolge certa stampa, non tutta.
Con questo governo ne abbiamo avuto un esempio lampante.
Sì. Io l’ho visto anche sulla mia persona, per mie vicende di carriera. Il fare uscire un certo articolo nel momento in cui tu concorri per un determinato posto: ricordatevi che nulla accade per caso. Ci sono degli organi di stampa che fanno questo sempre e regolarmente.
Ora lei come è vista dai suoi ex colleghi magistrati? Essendo passata dalla parte della politica.
Le sembrerà strano, ma molto bene. Sabato sono stata all’inaugurazione dell’anno giudiziario e sono stata molto festeggiata. Questo perché sono una persona a cui tutti riconoscono una grandissima onestà intellettuale. Non c’è né un avvocato né un magistrato che posso dire di essere stato in qualche modo danneggiato da me o trattato in maniera scorretta. Mai.
Ognuno di noi ha le sue idee e, come tutti, anche lei. Non è mai successo che queste prevalessero sull’oggettività dei fatti su cui poi doveva giudicare qualcuno?
No, non mi è mai successo. Sfido chiunque a dire “la Matone era il pm di quel processo e io ho capito come la pensava politicamente”. Non mi è mai accaduto.
Però, ora che si sono scoperte le carte, possiamo dire che lei è la testimonianza che ci sono anche magistrati a destra.
Io sono di centrodestra, sono una conservatrice. Ce ne sono tantissimi di magistrati di centrodestra, ma il problema è che non hanno voce. Se c’è un errore che ha commesso Silvio Berlusconi è stato quello di considerare tutta la magistratura come una nemica, ma non è così. Lui ha commesso un errore storico.
E che cosa avrebbe dovuto fare Berlusconi?
Avrebbe dovuto, viceversa, coltivare la maggioranza silenziosa di magistrati che non era d’accordo con le derive a sinistra. Questo purtroppo Berlusconi non l’ha mai fatto, perché non l'aveva capito. Andrebbe invece capito, fatto e coltivato.
Tornando al caso Zuncheddu, che conclusioni si sente di trarre?
Sono felicissima del fatto che sia l’esempio di una giustizia che funziona, avendolo poi ritenuto innocente. Certo che una persona che resta trentatré anni in carcere senza aver fatto niente mi sconvolge, glielo dico molto sinceramente.
Ora lui che tipo di risarcimento avrà?
Potrà essere risarcito soltanto con tantissimi soldi. Garantendogli un’esistenza addirittura magnifica. Un caso simile non so quanti milioni di euro possa costare allo Stato. Resta il fatto che non si può togliere la libertà a una persona per tutti questi anni, è un qualcosa di allucinante. Ma c'è un’altro caso di cui si parla poco, altrettanto allucinante, che è quello di Chicco Forti. Manuela Moreno ha fatto un’enorme battaglia per lui, ma è un caso su cui varrebbe la pena veramente tornare e intervenire, considerando che è dimenticato da tutti.