30 all’ora sì, 30 e lode no, nemmeno per idea, perché il nuovo limite di velocità di 30 km/h approvato dalla giunta Sala per tutta la città a partire dal 2024 è tutto fuorché apprezzato all’unanimità. I giornali odierni, nei dorsi milanesi, riportano pareri e commenti inevitabilmente contrastanti, con statistiche che, peraltro, ognuno legge come gli pare. Di qua o di là. Libero sta di là, ma non tra i critici: tra i castigatori. L’anatema lo lancia Filippo Facci già dalla prima pagina e il titolo non è esattamente criptico: “La città dei 30 allora esiste già e fa schifo”, e si riferisce a quella “sempre più nevrotica e classista, dove i pendolari sono palesemente discriminati a vantaggio dei clan di benestanti che vivono in centro”, figure di cui il giornalista traccia sferzanti descrizioni idealtipiche. Dopo tutto, sostiene, “non c’è nessun dibattito. L'idea di una Milano a 30 all'ora sarebbe solo un’imposizione culturalmente aliena alla città che «corre»”. E ancora: “La verità è che nel «modello milanese» sono perlopiù i fighetti e i benestanti a usare la bicicletta: sono loro che possono permettersi di pedalare senza abbrutirsi sugli orridi mezzi pubblici che premono dalla periferia”.
Su Domani l’opinione è diametralmente opposta e, per Davide Maria De Luca (titolo: “Il primo passo per una città a misura di umani”), “Milano si mette sulla scia di altre città italiane ed europee”, segnalando che “i difensori della norma ricordano che non ci sono prove per dire che il limite di 30 all’ora causerà ritardi negli spostamenti in automobile. Secondo diversi studi, la velocità media reale nei centri urbani è inferiore a 20 km/h e scende sotto i 10 nelle ore di punta”, mentre il Corriere della Sera ricorda che “stando ai dati Aci-Istat, oltre il 70 per cento degli incidenti in Italia avviene in ambito urbano e tra le prime tre cause in assoluto c’è l’eccesso di velocità, che provoca direttamente o in ogni caso aggrava gli effetti di scontri e investimenti, e che questi incidenti in ambito urbano provocano il 43,9 per cento dei morti e il 69,7 dei feriti”. Il dorso milanese di Repubblica, in un articolo di Simone Bianchin, raccoglie i pareri totalmente negativi dei tassisti (per Emilio Boccalini, vice presidente Taxi Blu 4040 e segretario generale del sindacato Satam, “Sarebbe l'inferno della mobilità”, mentre Alessandro Casotto, presidente di 8585, richiama l’attenzione sulle spese che aumenterebbero per i clienti: “Se rallentiamo dove è permesso andare a 50 km/h vuol dire che la corsa costa di più, ci vuole più tempo. Non mi sembra una scelta consona e ottimale”). Sempre l’articolo di Bianchin cita l’avvocato Domenico Musicco, presidente dell’Associazione vittime della strada, secondo il quale vanno bene le misure che possono incentivare riduzione traffico e l’incidentalità ma “non deve essere un provvedimento ideologico per fare cassa mettendo più autovelox”.
Nel suo podcast quotidiano, il direttore di Libero, Alessandro Sallusti, parla di “inutile omaggio alla demagogia” di una Milano del futuro “apripista e chiuditesta” pensata “per ricchi, possibilmente nullafacenti, sedentari, ossessionati dalla qualità della vita che farebbe un salto indietro di un paio di secoli”. Per il Giorno è “pura demagogia”, mentre Il Giornale intervista l’esperto di sicurezza stradale e consulente del Ministero dei trasporti Enrico Bonizzoli che la ritiene “una follia: rallenta il traffico, fa crescere l’inquinamento e peggiora la sicurezza stradale”.
Ancora da Repubblica un’intervista di Federica Venni a Luca Studer, responsabile del laboratorio Mobilità e trasporti del Politecnico, secondo il quale “nelle zone 30 è molto più semplice equilibrare la convivenza di tutti i tipi di mezzi e di mobilità”, e questo aspetto diminuirebbe la necessità di creare piste ciclabili. Chi a 30 va già è Parigi, e allora il quotidiano diretto da Maurizio Molinari ospita un intervento della corrispondente Anais Ginori che parla solo di un sostanziale “maquillage”: “La Ville Lumière si è convertita al ritmo lento da quasi un anno e mezzo ma la rivoluzione slow sul boulevard Beaumarchais, verso place de la Bastille, non si vede”. La battaglia della sindaca Anne Hidalgo non ha sortito effetti: “Cos’è cambiato? Poco, a parte la segnaletica stradale per avvertire gli automobilisti. Le prime rilevazioni mostrano un calo della velocità media di solo un chilometro orario”.