Sanremo è la settimana santa del gossip e dell'apparire, noi abbiamo fatto del nostro meglio per farci notare: il festival di MOW è stato enorme, insonne, un rock anni Settanta che finisce per entrare tra i classici, roba che a guardarla da lontano mette spavento. Sanremo ci ha provati per farci crescere e il punto fondamentale di questo lavoro è che se te lo chiedessero lo rifaresti subito. Lo rifaremo? Assolutamente sì.
Nozioni generali: Sanremo si chiama così perché non si ferma al teatro, comprende una mezza dozzina di location in cui gli artisti passano per interviste, feste e incontri. Così una piccola città della Liguria, coi suoi vicoli e il mare su cui è ormeggiata l’enorme Costa Smeralda adibita a succursale dell’Ariston, si trasforma per una settimana in una piccola Hollywood in cui le reti telefoniche e quelle fognarie hanno un problema in comune: si intasano per il troppo traffico. Puoi trovare artisti al ristorante, nei locali e pure per strada, principalmente mentre cercano di scappare dai fan a bordo di un minivan nero. La notizia che noi di MOW saremmo stati al Festival arriva nelle caselle mail dei diretti interessati la mattina del 25 gennaio. Vuol dire con due settimane d’anticipo, che in alcuni casi sono poche anche per fissare un’intervista. Noi, però, a Sanremo dovevamo fare molto di più.
Il viaggio: Milano-Sanremo con una Suzuki S-Cross Hybrid assieme ad Alvise Rigo
Prima di Sanremo c’è la strada per arrivarci. Con Suzuki a supporto dell’intero Festival non potevamo scegliere un’auto diversa, motivo per cui abbiamo finito per lavorare anche in viaggio. Sulla Suzuki S-Cross Hybrid in dotazione sale Alvise Rigo: ex rugbista, finalista a Ballando con le stelle, attore per Ferzan Ozpetek in Nuovo Olimpo. Ne produciamo una lunga intervista tra sport, viaggi e qualunque cosa venga in mente ad Alvise, che canta Papa Nero dei Pitura Freska (in gara a Sanremo nel 1997) in dialetto veneziano. Arriviamo al tramonto, appena in tempo per invadere i due appartamenti che abbiamo preso in affitto e mettere il vestito buono e ritirare gli accrediti per il Green Carpet. Scendendo in città dalle colline vediamo la nave da crociera, l’enorme Suzuki Stage in piazza, il traffico già impazzito anche se è soltanto lunedì. Fuochi d’artificio, caos. Una costante da subito e per tutta la settimana sono i capannelli di gente ad ogni angolo: aspettano le star per un selfie come cacciatori del pleistocene, pronti a lanciarsi sul primo pezzo di carne che passa loro davanti. Ci sentiamo nel posto giusto e al momento giusto per fare casino. Suzuki S-Cross, durante la settimana, è stato l’unico mezzo di trasporto degno di questo nome, l’unico veramente in grado di portare valigie e persone. Capiente e comoda, con uno sterzo adatto anche ai vicoli sanremesi, è stata il nostro rifugio, un luogo sicuro per affrontare il marasma.
La Morgan Plus Six di Romeo Ferraris: un demonio d’auto
L’altra macchina che abbiamo in dotazione è la Morgan Plus Six di Romeo Ferraris, una due posti di derivazione BMW a trazione posteriore. È la nostra redazione fatta ad automobile: mai vista prima, scomoda, rumorosa, impraticabile, veloce. Quando ci sei sopra la gente si gira e scatta una foto, indica col dito e sorride. La nostra è rossa come quella di Lupin III, uno dei rari casi in cui l’ignoranza da luna-park e la classe di una cantina della Borgogna riescono a convivere serenamente. Per capirlo basta entrare in città, passando per le vie segnalate dal navigatore ma chiuse al traffico: capote abbassata, berretto sugli occhi, mano sinistra a coprire il viso. Nessuno ci ferma o chiede chi siamo, i vigili sono troppo spaventati dall’eventualità di non riconoscere il vip che la guida e beccarsi gli insulti di qualche star viziata. Così spostano le transenne per farci passare generando un effetto Mosé con la gente che sbircia e fotografa tutt’intorno, cosa che ci avvicina pericolosamente al delirio di onnipotenza. Con una macchina così il Festival lo fai, non lo guardi. Per una settimana abbiamo sparso amore verso chiunque ne volesse un po’, estremi e lontani da tutto il resto. Obiettivo: farci salire sopra dei cantanti in gara. Svolgimento: attacchi su più fronti, inseguimenti, barricate, agguati ad ogni ora del giorno della notte. Epilogo: fermiamo Madame il venerdì, lei si lancia in una contrattazione con il suo ufficio stampa che vuole portarla via e accetta. Succede tutto in un attimo. Francesca vede l’auto, scende dal suo NCC in completo Off-White e occhiali scuri con una decina di fotografi attorno, sale sulla Morgan e accarezza il volante: “Possiamo farci un giro? Ho appena preso il foglio rosa”.
La polemica del giorno dopo: fiori, pu***ne e abbigliamento da artista
Tucano Urbano ci spedisce un paio di giacche, si chiamano Flowmotion: trama a nido d’ape, leggere, anni avanti a qualunque cosa si possa indossare su di una moto. Dopo un paio di giorni tra cantanti e personaggi dello spettacolo ci rendiamo conto che fanno la loro figura anche in mezzo alla strada, al punto che una coppia di ragazze ci chiede se le abbiamo rubate a Pharrell Williams. Qui il gól, come lo chiama il direttore Moreno Pisto, è facile e complicato assieme: fermare la gente e farla parlare della polemica del giorno. Si va dal monologo di Angelo Duro sulle prostitute a Fedez che strappa la foto di Bignami, oltre agli outfit di Chiara Ferragni e, chiaramente, alla performance di Blanco. Nella nostra arsenale di mezzi non convenzionali abbiamo anche un Qooder con cui ci spostiamo per la città. È uno scooter a quattro ruote - stabile come un quad, ma agile nel traffico - speditoci da Luciano Moto, a cui abbiamo aggiunto una coperta per il freddo firmata Tucano Urbano con l’obiettivo di fiondarci addosso alla gente per tirare fuori un’intervista. Immaginate due invasati su di un mezzo a motore affiancarvi per due o tre domande a raffica: è una rapina di idee. Breve, violenta, a volte giusta. Come sempre il vero spettacolo sono le persone, fine ultimo di qualunque ambizione giornalistica. La settimana prosegue con 18 ore di lavoro a giornata, 20 con gli occhi aperti: poco sonno e tanto casino. La voglia di fare tutto bene, l’obiettivo di fare anche un po’ meglio.
Le feste di Sanremo con due Triumph di South Garage
La consegna: fatele girare, queste cazzo di moto. Ok. Una la parcheggiamo a Villa Ormond dove quasi ogni sera c’è una festa su invito, l’altra la usiamo per girare in città, che vive paralizzata dal traffico e in moto diventa quantomeno vivibile. È solo quando la parcheggi che ti accorgi di come la gente riservi le stesse attenzioni della Morgan Plus Six anche alle Triumph di South Garage, una Scrambler 1200 XE e una Bonneville 900 a cui di originale resta solo il motore. Ti ci puoi confessare, su di una moto così. Sono una forma di perfezione, bellezza coniugata a metallo. Precise, sensuali. Sono le uniche moto al mondo su cui puoi sederti vestito da sera, con gli scarichi che sparano ad alta voce e la gente che si ferma per un commento: se vuoi sentirti come un cantante in gara a Sanremo, gira con una di queste. Tra un giorno e l’altro abbiamo invaso una palestra all’aperto durante le lezioni, siamo entrati in spiaggia, su di una passerella. In un locale hanno fatto alzare della gente per far sedere noi, chiaramente senza motivo. La sera con Triumph andavamo alle feste: per la selezione all’ingresso una moto di South Garage è più convincente dello smoking. Memo Remigi ci avvicina raccontando di essere un grande appassionato, di avere una Triumph in garage. Massimo Boldi si fa fotografare sulla moto - anzi dietro, a salire non ci pensa nemmeno - Valeria Marini si rifiuta. Più divertiti, invece, Claudia Peroni e Paolo Zotta. Il venerdì la festa è quella di Suomy, con Marco Melandri in console a mettere i dischi. Le notti di South Garage sono impegnative se devi svegliarti al mattino.
Alla fine si ritorna sempre
È passata una settimana: abbiamo sputato fuori decine di contenuti, conosciuto persone, rischiato di farci male. I mezzi, tranne un paio, rientrano con i rispettivi furgoni: restano la Suzuki S-Cross, con le ragazze della redazione a bordo, e la Morgan che va riportata a Opera, da Romeo Ferraris. Così scopriamo che in autostrada, per lo meno a febbraio, è una macchina fatta per motociclisti. Ad alte velocità entra aria fredda anche se capote e porte sono chiuse. Il rumore che ti gira in testa a 140 Km/h indicati è quello prodotto da un casco jet alle stesse andature. Invita a viaggiare veloce nella corsia di sinistra, con gli scarichi che scoppiettano rilascio. Quando rientri da Sanremo a Milano dopo una settimana così vorresti solo chiudere gli occhi e dire basta, fermiamoci. Esci da una settimana senza sonno o punti fermi, in affanno costante. Qualcuno ha pianto, qualcun altro ha salutato la compagnia con qualche giorno d'anticipo per il troppo stress. Eppure, poi, arriva il momento: la musica dello stereo con la playlist del Festival si sovrappone al rumore infermale della macchina lanciata a velocità limite. La immagini dall’alto tra curvoni e lavori in corso, coi suoi fari ben distanti a spezzare il buio, veloce e precisa, mentre scodinzola via dalle altre macchine. Il cuore pompa forte una malinconia da fine estate ed è piena catarsi. Accarezzi la tua fortuna, quella di fare una vita diversa. Di fare un giornale diverso. Sanremo ci ha cambiati un po' tutti quanti rendendoci meno giusti, più individualisti, più animali forse. Ma anche più veri. Più uniti. Di nuovo pronti a tutto, ancora per un po’.