La democrazia sovrana, moralistica e autoritaria si regge sulle truffe punitive come quella degli autovelox per cui lo Stato ogni anno razzola 600 milioni dalle multe stradali. Una piccola finanziaria, una tassa truffaldina, inesorabile: i Comuni impongono i 30 all’ora e se tu vai a 31, andatura impossibile da evitare nel traffico metropolitano, la macchinetta ti fulmina. È stato calcolato che il 90% di questi dispositivi è fuorilegge così come illegale è il modo di utilizzarli: nascosti, non segnalati, truccati e ci sono centri, come Milano, come Roma, che si reggono su questa gabella dirigista che i cittadini hanno imparato a subire con rassegnazione perché sanno che la magistratura è istruita a negare i ricorsi.
Tutti i governi ricorrono a questi sistemi, destra o sinistra, perché anche il più liberale dei liberisti una volta al potere scopre che “cumannà è meglio che futtere” e perché i soldi non bastano mai. Ma la tendenza, definitivamente sdoganata, con orgoglio ringhioso, dall’eurocrate cinico Mario Monti (lo ricordate con le sue pattuglie stradali e della Finanza a stangare la minima lucetta non funzionante, il copertone non perfettamente a norma?) si è dilatata anche per effetto della tecnologia repressiva che consente monitoraggi, tracciamenti, punizioni sempre più efficaci. Boghi, villaggi da poche centinaia di anime, con qualche decina di auto, che riescono a incamerare un milione, un milione e mezzo di euro nel giro di un anno, come a dire che tutti, indigeni e turisti, vengono ripetutamente bastonati.
Sarà anche democratico, formalmente, ma somiglia tanto ad una prepotenza di stampo autocratico benché polverizzata negli ottomila Comuni dalle Alpi al Lilibeo. Nessuno fa eccezione, l’Italia è una repubblica fondata sulle multe che sono il vero collante, più ancora della Nazionale di calcio. Dicono senza dirlo i vari governi di destra e di sinistra che si succedono: noi non abbiamo soldi da darvi, al massimo bonus elettorali, le tasse e le imposte dirette e indirette siamo costretti ad aumentarle anche se in televisione dichiariamo il contrario, “non mettiamo le mani nelle tasche dei cittadini”, l’Europa pretende continui esborsi nazionali per le ragioni più allucinanti o finte, quel che resta del welfare è un sacco sfondato, dunque arrangiatevi, munitevi di diavolerie elettroniche e procedete.
Finalmente hanno beccato il Fleximan, quello che buttava giù gli autovelox tra Lombardia e Veneto e l’informazione libera nel regime democratico gli ha scatenato addosso una gogna che neanche ai capi di Hamas: è uno di destra, uno di Forza Nuova, uno che “dorme col Mein Kampf hitleriano sul comodino”. Poteva tenerci le memorie della baronessa Ursula. Peccato che l’Italia legge e ordine, l’Italia virtuosa per cui “la legge è legge” poi affondi in un colabrodo di eccezioni, di contraddizioni: cinque balordi vanno a 150 all’ora in un quartiere pedonale di Roma per filmarsi, per fare soldi sulle loro bravate criminali e difatti travolgono una utilitaria, sfracellano un bambino, ma avendo buone famiglie e buoni avvocati vengono ammessi al patteggiamento che non dà diritto al risarcimento. Liberi subito, anche nuovamente di delinquere se vogliono. Non parliamo dei pirati extracomunitari che godono di strampalate impunità etniche. I teppistoidi climatici, italiani o olandesi, possono devastare la Domus Aurea o il Ponte di Rialto, patrimoni inestimabili, e con loro usano i guanti bianchi, li invitano in caserma, gli fanno una ramanzina, li denunciano a piede libero e quelli escono e corrono a vantarsi in televisione, sapendo che non patiranno conseguenze di sorta e magari ci scappa la candidatura per i più mediatici e telegenici. Gli unici veramente infami sono gli automobilisti a 30 all’ora o in sosta vietata, questi non meritano pietà e le multe sono sacrosante, sono etiche. Viva l’Italia, l’Italia legalitaria e democratica.